La ritrattistica greca ci è nota principalmente attraverso le copie romane, spesso di qualità frettolosa e scadente, essendo in massima parte nata in bronzo, un materiale che venne sistematicamente riutilizzato durante la “fame” di metalli successiva al crollo dell’economia ellenistico-romana.
Il ritratto greco ebbe come punto di partenza l’ambito religioso, ma a differenza delle civiltà orientali, i greci non avevano grossi intermediari con le divinità (come i sovrani o i sommi sacerdoti), ma il loro era un rapporto diretto e umano.
Kouros e Kore
Le prime statue raffiguranti uomini e donne furono di due tipologie: il kouros (maschile) e la kore (femminile) e servivano a rappresentare il dedicante delle offerte presso un santuario o il defunto presso la sua tomba. Esse però erano effigi del tutto impersonali, simboliche, come quelle sulle steli funerarie per tutto il periodo arcaico (fino al 480 a.C.). Non vi era cioè la rappresentazione di tratti distintivi, ma fondamentalmente i volti si assomigliavano un po’ tutti.
Nelle iscrizioni si assiste a un attenuarsi del rapporto magico tra immagine-persona raffigurata, facendo emergere il concetto di raffigurazione individuale come opera d’arte: dai nomi delle persone che rappresentano o dalle loro parole in prima persona, si passò ad aggiungere i nomi degli scultori (quindi a riconoscere che si trattava di artefatti), per poi arrivare alla dizione più distaccata di “statua di, immagine di, ricordo di, ecc.”.
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Ma bisognerà aspettare la fine del periodo arcaico per trovare esempi di ritratto più realistico.
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C.C.
Fonti: Il ritratto, a cura di Stefano Zuffi, Electa, Milano, 2000