
L’età di Augusto (primo imperatore romano) fu caratterizzata in tutte le vicende artistiche da un’algida classicità.
In particolare fu nel ritratto che si ebbe la fusione tra il tipo ufficiale e il tipo privato, per via della concezione neoattica che vedeva nella raffigurazione una sobria idealizzazione che fosse superiore alla sfera della contingente quotidianità del verismo.
La fine del classicismo e il ritratto romano imperiale
Con l’esaurirsi del classicismo la dualità tra i due tipi di ritratto riprese. L’ultimo periodo dell’età Flavia ci ha lasciato ritratti di grande finezza, ma con Traiano si ebbe una notevole rivoluzione, che portò alla fusione tra il ritratto privato e quello pubblico.
Nell’espressione del sovrano viene accentuata l’abitudine dell’uomo al comando militare, l’energia, l’autorevolezza e la risolutezza, ma il ritratto resta umano, reale.

Durante la guida di Adriano e degli Antonini si manifestarono nuove tendenze, come quella di incidere nelle sculture particolari che prima erano realizzati con la pittura, quali le sopracciglia o le iridi. Questi segni di pittura erano nuovi per i romani, ma in realtà altre culture prima di loro erano avvezze a questo procedimento artistico: dagli etruschi, agli egizi, fino agli stessi greci. Come spesso capita le tecniche e gli stili si ripetono e ripropongono nel corso della storia dell’arte.
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C.C.
Fonti: Il ritratto, a cura di Stefano Zuffi, Electa, Milano, 2000