
Fra i molti talenti forgiati nella bottega di Rubens il più dotato è Anton van Dyck (1599-1641), artista e ritrattista di fama internazionale.
Nei suoi ritratti si adeguò alle esigenze della borghesia, riprendono la tradizione fiamminga, nella quale il modello rappresentato a mezza figura, conserva maggiore riserbo e semplicità psicologica. Credo che probabilmente Van Dyck possa essere inserito tra i cinque più grandi ritrattisti mai vissuti.
Proveniente da una famiglia borghese di Anversa, perdette la madre a soli otto anni.
Nel 1609 entrò come apprendista presso il pittore Hendrik van Balen.
Van Dyck comincia presto anche la sua carriera di ritrattista. Sin dal 1618 si afferma il suo genio: per la prima volta il volto umano sfugge a qualsiasi forma stilistica tradizionale.
Gli atteggiamenti e le inquadrature riempite dai personaggi derivano da un ideale di bellezza, da un gusto nuovo per la pompa e la rappresentanza che si riscontrano in tutti i suoi ritratti.
Tra il 1632 e la sua morte Van Dyck ritrattista creò i suoi capolavori: il ritratto equestre di Carlo I, quello di Carlo I a caccia, dove il sovrano è collocato in un mondo ideale, armoniosamente connesso a un grande paesaggio alla fiamminga. Partendo dallo stile di Rubens raggiunge autonomamente un eccelso, raffinato modello per il ritratto celebrativo aristocratico, trovando un difficile equilibrio tra il tono aulico dei personaggi e la schiettezza brillante di volti, sguardi, atteggiamenti, fugaci sorrisi. Di questo straordinario pittore vi propongo una strepitosa coppia di ritratti che realizza per una coppia di anziani coniugi genovesi, offrendoci un concentrato di senso del potere, cautela, sospetto e un bagliore di autoironia.
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Ritratto di Coniugi
Entrambi i coniugi, piuttosto avanti negli anni, sono sobriamente vestiti in nero con un’ampia gorgiera bianca che spicca e fa risaltare il viso.
L’uomo nello specifico è ricurvo e tiene il capo incassato sulle spalle. Lo sguardo è il punto di forza del dipinto e unisce un insieme di espressioni ed emozioni ben precise: sicuramente fatica, come indicano le palpebre abbassate, ma allo stesso tempo un’energia velata e un intelletto preparato a ridestarsi. E forse anche una seria comprensione di come funziona il mondo, con una derivante dose di sospetto.
Questo ritratto fa pensare, anche per il portamento, al caratteristico uomo ricco e prudente, anche un po’ avaro.
Alcuni di questi aspetti si ritrovano anche nel ritratto della moglie che, meno gravata dagli anni, conserva un atteggiamento più vitale e fiero rispetto al marito ed uno sguardo scattante, preparato, che anche in questo caso mostra una persona che sa il fatto suo e sa barcamenarsi nelle circostanze della vita.
Van Dyck ispirerà molto i pittori francesi del XVIII secolo, ma soprattutto influenzerà in modo indelebile Reynolds e Gainsborough.
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Per scoprire la storia del ritrattismo segui l’etichetta #ritrattieritrattisti
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C.C.
Fonti: Il ritratto, a cura di Stefano Zuffi, Electa, Milano, 2000