
Parto con una premessa importante per inquadrare questo post tra l’Italia dei papi e la Francia del Re Sole.
La caratteristica più importante della storia della pittura italiana è la molteplicità delle scuole e dei maestri, il rapporto tra centro e periferia che si distende in tutto il territorio. Nel Seicento l’arte italiana tende a diradare le esperienze regionali e a gravitare intorno a ciò che avviene a Roma, vero ombelico del mondo della cultura, dell’arte e della fede. Con la renovatio Urbis lanciata da papa Sisto V, i pontefici fanno a gara per legare al proprio nome grandiose opere architettoniche e urbanistiche e questo richiamerà molti artisti.
L’Italia dei papi, la Francia del Re Sole
Una cosa comunque resta certa in questo XVII secolo: esplode il genio di Caravaggio (1571-1610), scandaloso ma indispensabile punto di riferimento. Il genere del ritratto però non può prescindere dall’approvazione del committente: per questo, l’esempio di Caravaggio si limita a pochi, coraggiosi casi, che si distinguono nettamente dalla massa enorme ma non sempre appassionante di ritratti che si allineano in monotone gallerie di famiglia.

Una citazione merita Bergamo, piccola capitale del ritratto italiano, grazie all’eredità di molti ritrattisti lombardi già trattati (Lorenzo Lotto su tutti) e grazie all’opera di uno dei pochi veri specialisti, il fermo e nobile Carlo Ceresa (1609-1679).
Ceresa si afferma presto come efficace ritrattista dimostrandosi partecipe a pieno titolo di quella pittura della realtà che caratterizza la cultura lombarda del secolo. L’accento di verità naturale che informa i dipinti della sua maturità raggiunge apici d’intensità ed efficacia in una ricca serie di ritratti.
E in Europa? Beh, in tutta Europa il Seicento è il secolo degli eccessi, della manifestazione degli affetti estremi, della scoperta teatralità. L’ambito privilegiato per lo spettacolo del barocco è senza dubbio la corte di Versailles, costruita intorno alla figura di Luigi XIV. La strategia dell’immagine, di cui fa parte il ritratto di stato, viene curata con meticolosa attenzione, in ogni dettaglio. Il cardinale Richelieu per la propria immagine ufficiale sceglie il tono di elevato rigore, severità e compostezza, offerto da Philippe de Champaigne (1602-1674). Mentre il Re Sole, tra gli altri, sceglie Hyacinthe Rigaud (1659-1743), che gli crea un’inconfondibile immagine dell’assolutismo, tra sfarzo e solennità, scarpe con il tacco e parrucca di riccioli, ermellino e gigli d’oro su sfondo blu.
In questo ritratto il Re Sole appare con la cravatta di merletto, il manto d’ermellino (simbolo regale) e tessuti dove compare il Fleur de Louis (iris). Luigi XIV fece di questo fiore il suo emblema perché uscì indenne da un combattimento, cadendo in un terreno dove crescevano numerosi iris. Una curiosità. Nel 1661 Luigi XIV istituì la carica di “cravattaio” del re. Ovvero un gentiluomo al quale era assegnato il compito di aiutare il sovrano ad abbellire ed annodare la cravatta. Più tardi, la duchessa di Lavallière, favorita del re, sarà la prima donna a indossare una cravatta. Nel XIX secolo sarà dato il suo nome alla più aggraziata delle cravatte maschili.
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C.C.
Fonti: Il ritratto, a cura di Stefano Zuffi, Electa, Milano, 2000