
Allievo di Jacques-Louis David, il principale interprete degli ideali neoclassici della Rivoluzione e dell’Impero, Ingres è stato prima acclamato e poi denigrato come il più alto portavoce dell’accademismo pittorico.
In effetti, l’ossessione per la perfezione formale, mutuata da un’attenta e appassionata rivisitazione dell’arte classica e rinascimentale, in particolare della pittura di Raffaello e Mantegna, ma anche della tradizione fiamminga di Holbein il Giovane e Van Eyck, colloca i ritratti di Ingres tra le icone più rappresentative della concezione positivista dell’immagine.
Il luminoso incarnato dei suoi volti e la serena lucentezza emanata dalla fisionomia dei personaggi raffigurati. La compostezza formale delle sue composizioni, ma anche la concezione classica della bellezza fatta di ordine, simmetria e decoro hanno contribuito a determinare intorno all’opera di Ingres un giudizio di fredda maniera.
Ritratto di mademoiselle Riviere
M. Philibert Riviére commissionò ad Ingres tre ritratti: il suo, quello della moglie Sabine Blot ed infine quello della figlia Carolina, tutti databili intorno al 1806.
Il più celebre dei tre ritratti è però quello della figlia, che morì prematuramente nel 1807, l’anno dopo il ritratto. È l’unico dipinto di Ingres che ritrae un’adolescente.
Un dipinto che colpisce e cattura l’attenzione, per lo sguardo penetrante della fanciulla e per le sproporzioni compositive.
La figura ci appare con una testa troppo grande rispetto al corpo esile, le spalle minute reggono un abito bianco, circondato da un lussuoso ermellino: la nuova borghesia spesso esibisce la propria ricchezza acquisita, anche quando si tratta di un’adolescente.
Il riferimento stilistico più immediato è Raffaello, pittore per il quale Ingres dimostrò una vera e propria passione.
Il dipinto è sicuramente da inserire fra i più bei ritratti dell’Ottocento.
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C.C.
Fonti: Il ritratto, a cura di Stefano Zuffi, Electa, Milano, 2000