Giacometti, verso l’informale

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Giacometti, verso l'informale
Jean Dubuffet, Duance d’abricot, 1947, Centre Georges Pompidou, Parigi

Il tema del brutto, dell’informe e del difforme attraversa senza soluzione di continuità tutta l’esperienza estetica del Novecento.
La poetica del mostruoso e del fantastico di derivazione gotico-rinascimentale subisce una radicalizzazione estrema all’interno dell’estetica pittorica del movimento informale. E la ritroviamo anche applicata al tema del ritratto. La tecnica della deformazione del corpo viene applicata dalla generazione di Alberto Giacometti (1901-1966), Jean Dubuffet (1901-1985) e Jean Fautrier (1898-1964) per giungere all’esibizione dello scacco dell’artista di fronte alla rappresentazione e dell’assoluta e pesante permeabilità dei contorni umani.

Se in Giacometti la fisionomia comunque stenta ad abbandonare completamente il territorio della rappresentazione, riducendosi al suo ultimo residuo sensibile, in Fautrier e Dubuffet il riconoscimento somatico diventa impossibile. Di Giacometti vi propongo un ritratto in cui posa il fratello che indossa una camicia scozzese. Olio su tela, questo dipinto viene datato e firmato dall’autore nel 1952.

Giacometti, verso l'informale
Alberto Giacometti, Diego con camicia a scacchi, 1954

Verso l’informale

Jean Dubuffet è stato un pittore, scultore e incisore francese, meglio conosciuto per il suo sviluppo di art brut (“arte grezza”). In opere come questa che vi presento, Dubuffet realizza immagini crude, ideografiche, incise su una superficie ruvida costituita da materiali come catrame, ghiaia, ceneri e sabbie legate con vernice e colla. I suoi disegni e dipinti ci risultano infantili e ossessivi, e il loro aspetto incompiuto ha suscitato molte polemiche.

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Di Jean Fautrier vi propongo invece un’Otage (Ostaggio) che è anche il nome di una serie di opere realizzata dall’artista francese tra il 1942 e il 1945. La sagoma della Tête d’Otage n.20 si presenta appena accennata, sullo sfondo indistinto. Sembra una forma antropomorfa con all’interno un accumulo di materia biancastra applicata a spatola. Un segno rosso discontinuo evoca il profilo del volto rappresentato.

Giacometti, verso l'informale
Jean Fautrier, Tete d’Otage n 20, 1944

Con l’arte informale non solo l’individuo, ma l’uomo in generale perde tutte le sue caratteristiche distintive per trasformarsi in un ammasso informe e brutale.

Continua l’esplorazione …

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C.C.

Fonti: Il ritratto, a cura di Stefano Zuffi, Electa, Milano, 2000

2 Commenti

  1. In realtà non l'ho mai trattato approfonditamente. Qui come puoi vedere è a margine di un percorso attraverso il ritratto e tutti gli artisti che in una qualche forma lo hanno praticato.
    Ma visto l'interesse in futuro potrei dedicargli un post 😉

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