
L‘interpretazione offerta da Marcel Duchamp (1887-1968) intorno al motivo del ritratto si inserisce all’interno della polemica dadaista nei confronti dei principi estetici e materiali della pittura occidentale.
Agguerrito sostenitore della gratuità dell’arte e della vanità dei suoi prodotti e delle sue pratiche, Duchamp intraprende una sistematica opera di rivisitazione critica dell’idea stessa di artisticità.
Se l’invenzione del ready-made concede all’artista di elevare a opera d’arte qualsiasi oggetto tratto dalla realtà quotidiana, anche il più umile e volgare, la rivisitazione dei grandi capolavori della pittura offre l’occasione di mettere in discussione la funzione stessa del pittore come unico artefice dell’opera. Vittima esemplare di questa pratica è il quadro più famoso di tutti i tempi e un ritratto: la Gioconda di Leonardo.
L.H.O.O.Q.
L’aggiunta di barba e baffi a una riproduzione della Gioconda da parte di Duchamp indica i numerosi punti in comune fra i due artisti, sia da un punto di vista culturale (ad esempio la passione di entrambi per gli anagrammi e i giochi di parole) che estetico. Sia per Leonardo che per Duchamp l’arte deve essere più mentale che fisica.
Non abbiano di fronte a noi una semplice provocazione, ma anche un’allusione al fatto che non si sa bene se la Gioconda assomigli di più a un uomo o a una donna.
La rivisitazione di Duchamp si spinge anche oltre. Ripropone il tema del modello androgino e dell’uso delle lettere per nascondere un insegnamento al profano, come ci indica lo storico dell’arte Arturo Schwarz. La decifrazione delle lettere, indicata dallo stesso artista, ci offre la chiave di interpretazione dell’opera, che in termini alchemici potrebbe significare l’unione di ciò che è al di sopra (uomo-fuoco-terra) con ciò che è al di sotto (donna-acqua-luna), vale a dire la fusione fra il Sole (Sole-Scapolo) e la Luna (Luna-Sposa).
Sotto alla riproduzione della Gioconda, infatti, l’artista ha segnato L.H.O.O.Q. Lette in francese una dietro l’altra, le cinque lettere danno “Elle a chaud au cul”, “Lei ha caldo al sedere”. Un’ulteriore beffa evidentemente, pur non potendo escludere che la frase celi sotto il tono scherzoso un qualche significato ermetico, riferito al fuoco filosofale che nutre la materia. Ma questo artista farà molto di più. Negando il principio dell’unicità dell’opera, Duchamp conduce gli artisti della generazione successiva sulla strada della ripetizione seriale. Rivoluzionario!
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C.C.
Fonti: Il ritratto, a cura di Stefano Zuffi, Electa, Milano, 2000