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Questa è la storia di un genere di ritratto, diffuso soprattutto dal rinascimento, che focalizzò l’attenzione su una schiera di persone molto particolari. Ma tutto ciò necessita una premessa. In diverse corti europee del XV XVI secolo erano presenti nani, detti anche omuncoli, che venivano usati come giullari e talvolta sbeffeggiati e ridicolizzati. Nani, buffoni, commedianti, tutto per il divertimento della corte. Molti venivano ritratti nelle opere ufficiali al pari di curiosità bizzarre, come degli animali esotici stravaganti. Oggi per fortuna questo tipo di atteggiamento è unanimemente condannato (o quasi). Fatto sta però che sono giunte fino a noi una serie di opere quantomeno curiose che aprono uno squarcio sulla vita di queste persone. Tra gli artisti che hanno raffigurato nani vi sono infatti Agnolo Bronzino, Andrea Mantegna (nella Camera degli Sposi a Mantova), Anton van Dyck, Diego Velázquez e Pieter Paul Rubens.

rappresentazione è Velazquez. Fra i suoi ritratti i più impressionanti sono quelli dei nani. Con una scelta sconcertante, decisamente moderna, Velazquez sottolinea la grande dignità, la sensibilità acuta, talvolta persino l’intelligenza superiore e dolorosa di questi uomini imperfetti e sfortunati. I più belli forse tra nani, buffoni, commedianti sono forse quelli dipinti da Velazquez. Opere in cui l’artista ritrae i buffoni a figura intera, nello stesso formato e persino in pose analoghe a quelle scelte per i ritratti del re. Come nel dipinto in cui un buffone interpreta la gloriosa memoria di don Giovanni d’Austria, l’ammiraglio vincitore della battaglia di Lepanto.

E questo post vuole essere un omaggio proprio a tutte quelle persone che vengono considerate diverse, stravaganti, anomale, imperfette. Sono sempre esistite e la storia dell’arte in fondo ci restituisce le loro storie e la loro dignità.
Continua l’esplorazione …
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C.C.
Fonti: Il ritratto, a cura di Stefano Zuffi, Electa, Milano, 2000