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George Minne, scultore simbolista

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George Minne, scultore simbolista
George Minne
George Minne, solidarietà

George Minne nacque a Gand nel 1866. Nel corso della sua vita si dedicò all’illustrazione, al disegno, ma soprattutto alla scultura, sulla quale concentrò tutto il proprio lavoro a partire dal 1885, anno in cui abbandonò gli studi di architettura all’accademia di Gand. Auguste Rodin fu il suo esempio, ed ebbe modo di conoscerlo a Parigi nel 1890. Nonostante ciò Minne seguì da subito una sua strada precisa che lo portò a contatto con i poeti simbolisti di cui illustrò le opere, come Serres Chaudes di Maurice MaeterlinckVillages illusoires di Émile Verhaeren.

Dal 1895 si trasferì a Bruxelles dove si dedicò allo studio della figura del giovane inginocchiato che, insieme a quello della madre piangente, sarà un motivo sempre presente nella sua arte, distinta da una grande espressività e da una latente malinconia. Nel 1899 si unì a un gruppo di artisti di diverse generazioni che decisero di ritirarsi a Laethem-Saint-Martin, fuggendo dalla città e dal disagio sociale per ritrovare natura. Fu in Inghilterra durante la Prima guerra mondiale e qui si dedicò solamente al disegno. Il rientro in Belgio porterà anche un ritorno alla scultura. L’artista infatti tornerà sulle sue consuete tematiche ma ammorbidendo e arrotondando le forme. Minne realizzò anche il monumento a George Rodenbach, poeta, giornalista e romanziere belga.

Un artista sobrio e semplice

Caratteristiche principali di George Minne sono la sobrietà e la semplificazione. Questi aspetti però attirarono presto sull’artista violente critiche per il suo “eccessivo primitivismo”, per il modo giudicato rudimentale e grossolano di lavorare e per quella che veniva definita “goffaggine” della sua produzione. Ma ci fu qualcuno che prese le sue difese. Il poeta Emile Verhaeren, suo compatriota, fece notare che “i suoi personaggi sono quasi al di fuori di ciò che è possibile essere (…) vengono e vanno verso gli aldilà dove soltanto l’Idea può abitare”. Nell’opera Inginocchiato alla fontana (1898) la ricerca di sobrietà dell’artista si concretizza nel rifiuto totale del racconto di una qualsiasi storia. Non c’è nemmeno un accenno della fontana del titolo. Non abbiamo più elementi visionari ed emozioni, ma solo la rappresentazione scarna e silenziosa di un uomo inginocchiato.

George Minne
George Minne, inginocchiato alla fontana

Minne fa della linea il suo mezzo plastico per eccellenza, la sua principale caratteristica: i contorni servono a mettere in evidenza solidità della statua. La figura è raccolta in sé stessa, forse assorta in preghiera, sofferente o rassegnata, sicuramente è di una magrezza estrema.
L’artista riuscì sempre a dare alle sue figure una vera e propria monumentalità, nonostante la semplificazione dei volumi e delle forme. Fierens-Gevaert, professore di estetica e storia dell’arte, critico d’arte e scrittore disse dello scultore simbolista.

La scultura di Minne raggiunge il suo pieno valore espressivo solo se unita all’architettura.

L’artista produrrà infatti nel 1900 una composizione fatta da cinque copie di Inginocchiato alla fontana collocate sul bordo circolare di una fontana. La fontana degli Inginocchiati a Gand.
Prendendo da Rodin la ripetitività di più figure identiche accostate, Minne realizzò un’opera ancora più scandita e riflessiva. Trovo questo artista molto affascinante e vi invito a scoprirne le opere seguendo la bacheca di Pinterest qui sotto.

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Questo post fa parte di un percorso attraverso il Simbolismo. Per scoprire i temi, gli autori e le opere di questo movimento affascinante e poco esplorato, segui l’etichetta #simbolismoesimbolisti 

C.C.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui

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