
Oggi il viaggio attraverso il Simbolismo ci porta in Russia, a conoscere Il’ja Repin. L’opera di questo artista rappresenta una delle più significative manifestazioni della cultura russa della seconda metà del XIX secolo. Tutto ciò per l’ampiezza della comprensione degli aspetti della vita e del loro riflesso sull’arte, per la varietà di interessi, non ha eguali nella pittura russa precedente e contemporanea. Figlio di un modesto soldato, terminò l’Accademia con la medaglia d’oro per La resurrezione della figlia di Giairo. Dopo gli esordi come pittore realista, a partire dal 1890 egli si rivolse ai temi biblici, attraverso i quali espresse le problematiche sociali e filosofiche che agitavano la società russa dell’epoca. Su questa evoluzione che lo portò a una forma di simbolismo, pesò in maniera notevole l’influenza di Tolstoij.
Un artista dagli alti valori morali
La sua formazione avvenne principalmente all’accademia di San Pietroburgo, dove vinse una borsa di studio che gli permise di viaggiare in Europa tra il 1873 e il 1876. Passò molto di questo tempo a Parigi e vi tornò poi molte volte, diventando una figura molto rispettata in Francia. Repin aveva sentimenti contrastanti sugli impressionisti che erano diventati un grande argomento di discussione artistica durante il suo soggiorno di studio a Parigi. Ammirava il loro vivace modo di utilizzo della luce e del colore, ma pensava che le loro opere fossero prive di un serio intento morale.

L’importanza che questo artista dava ai valori morali risultò evidente nel suo primo grande successo, I battellieri del Volga, che vinse una medaglia a una mostra internazionale a Vienna nel 1873. In quest’opera denunciò le terribili condizioni di lavoro dei battellieri, celebrandone la forza e la dignità, e mostrando così la sua coscienza morale. Tra il 1878 e il 1883 Repin visse a Mosca, quindi si trasferì a San Pietroburgo, ma trascorse parecchio tempo viaggiando in zone remote della Russia per raccogliere materiale per i dipinti. Raggiunse l’apice della carriera negli anni Ottanta quando realizzò molte delle sue opere migliori.

I cosacchi dello Zaporož’e, il capolavoro
I Cosacchi dello Zaporož’e scrivono una lettera al Sultano di Turchia è uno dei dipinti più complessi di Repin che occupò molti anni della sua vita. L’idea dell’opera venne da letture di passatempo, ma Repin credeva sinceramente negli ideali dei cosacchi: libertà, eguaglianza e fratellanza. L’artista credeva anche nel repubblicanesimo cosacco.
Il quadro, di grandi dimensioni, venne cominciato alla fine degli anni ’70, e terminato solo nel 1891. Venne comprato subito dallo zar Alessandro III, per il prezzo di ben 35.000, una cifra astronomica destinata a un dipinto, per l’epoca. L’opera ritrae un momento di divertimento tra cosacchi: li vediamo intenti a inventare insulti e volgarità da scrivere nella lettera di risposta a quella indirizzata loro dal Sultano Mehmet IV.
Nel 1894 Repin iniziò a insegnare all’accademia di San Pietroburgo e diventò una figura venerata tra i suoi allievi. Dopo la rivoluzione del 1905 rinunciò al suo posto perché non voleva avere niente a che fare con un governo che considerava stupido e prossimo a un totale tracollo. L’artista nel 1899 aveva acquistato una tenuta in campagna a Kuokkala, vicino a San Pietroburgo, allora parte della Finlandia. Dopo che nel 1917 la Finlandia dichiarò l’indipendenza dalla Russia e chiuse in confini, Repin si ritrovò fuori dalla sua patria e non vi tornò più. Oggi Kuokkala fa nuovamente parte della Russia ed è stata rinominata Repino in suo onore; la sua casa è diventata museo. A lui è stato anche intitolato l’asteroide 2468 Repin.
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Questo post fa parte di un percorso attraverso il Simbolismo. Per scoprire i temi, gli autori e le opere di questo movimento affascinante e poco esplorato, segui l’etichetta #simbolismoesimbolisti
C.C.
Fonti: Il Simbolismo, da Moreau a Gauguin a Klimt, a cura di Genevieve Lacambre, Ferrara Arte Editore, Ferrara, 2007
Quante cose mi insegni caro Cristian….
Grazie di cuore e buona serata!