Amor sacro e Amor profano – Tiziano

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Amor sacro e Amor profano
Tiziano, amor sacro e amor profano

Non mi addentrerò nelle diverse interpretazioni che sono state date a quest’opera, lascio ai critici questo compito, e se siete curiosi nella pagina wikipedia dell’amor sacro e amor profano le trovate tutte. Il celebre dipinto è opera di Tiziano Vecellio, nato a Pieve di Cadore intorno al 1485. L’artista fu un grande innovatore e tra i pochi pittori italiani che in vita riuscì a raggiungere successo e ricchezza, ponendosi a capo di un’importante bottega.
Molto probabilmente il committente del quadro fu Niccolò Aurelio, segretario del Consiglio dei Dieci, organo giudiziario di Venezia. Niccolò donò l’opera come regalo di nozze alla moglie Laura Bagarotto, figlia di un giurista padovano, sposata nel 1514. Questo lo si è capito grazie allo stemma presente sul sarcofago al centro della scena. Cent’anni dopo Scipione Borghese fece di tutto per acquistare il dipinto dal cardinale Paolo Emilio Sfondrato e ci riuscì.

Amor sacro e Amor profano
dettaglio in cui vediamo il putto e lo stemma familiare

L’analisi dell’opera

La scena è ambientata in un angolo di campagna veneta, anche se Tiziano non raffigurò un luogo preciso. Una fonte decorata a bassorilievo come un sarcofago antico occupa il lato lungo della tela, dividendo il dipinto in due parti. Un’altra separazione viene creata dalle fronde scure alle spalle del putto che mescola l’acqua con il braccio. Anche lo sfondo risulta distinto: a destra vediamo una chiesa e un gregge di pecore, mentre a sinistra scorgiamo un castello e due conigli, simbolo dell’amore e della fertilità.

Dominano il quadro due donne sedute sul bordo della fonte in contrapposizione tra loro perché una nuda e l’altra vestita. La ragazza a sinistra incarna l’ideale di bellezza in voga agli inizi del Cinquecento: è una giovane donna dalle forme morbide e generose che rappresenta la sposa ideale, simbolica e perfetta, l’amor profano. A destra invece c’è una figura femminile seminuda che rivolge lo sguardo all’altra ragazza: la presenza di un cupido tra loro suggerisce che si tratti di Venere, l’amor sacro. Le due donne, dalla fisionomia simile, tengono in mano attributi iconografici e intrecciano sguardi tra di esse e con lo spettatore.

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La fama universale dell’opera fu confermata nel 1899, quando i banchieri Rotschild offrirono 4.000.000 di lire per acquistare il dipinto: un prezzo più alto del valore stimato allora per tutta Villa Borghese, comprese le opere d’arte.
Vi invito a cogliere il sapiente accostamento dei colori: ad ogni sguardo troverete nuovi dettagli curati meticolosamente, piccoli racconti nel racconto. È il primo vero capolavoro di un pittore che consapevolmente iniziò a rivoluzionare la storia della pittura.

Continua l’esplorazione …

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C.C.

Fonti: Il museo immaginato, Philippe Daverio, Rizzoli, Milano, 2011

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