I macchiaioli, eroi con il pennello

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Giovanni Fattori, la vedetta

I Macchiaioli! Mi innamorai di loro a una mostra a Padova, diversi anni fa. Meraviglioso gruppo d’artisti che si trovò a Firenze prima dell’unità d’Italia, quando il granducato di toscana era il luogo più tollerante della penisola e il granduca Leopoldo II non era troppo legato alla sua poltrona. Questi pittori, attivi tra il 1855 e il 1865, erano in rivolta contro le convenzioni accademiche. Enfatizzavano la vivacità della pittura attraverso l’uso di punti e macchie di colore. Il nome infatti deriva da macchia e fu loro attribuito in maniera provocatoria, dispregiativa, ma finirono per adottarlo ben volentieri come spesso succede nella storia dell’arte. Il nome “macchiaioli”, fu usato per la prima volta in un articolo sulla Gazzetta del Popolo del 1862. Nell’articolo in particolare i pittori toscani erano accusati di ridurre il quadro a un semplice abbozzo.

I macchiaioli, eroi con il pennello
Silvestro Lega, la pergola

I protagonisti

Quando si parla di Macchiaioli, parliamo soprattutto di Silvestro Lega, romagnolo già volontario nella guerra contro l’Austria del 1848-49. Telemaco Signorini, di Firenze. Odoardo Borrani, pisano, partito insieme a Telemaco a far la seconda guerra d’Indipendenza nel 1859. Giuseppe Abbati, che si unì al gruppo dopo l’unità d’Italia, senza un occhio che aveva perso nella battaglia del Volturno. Federico Zandomeneghi veneziano, che diciannovenne seguì Garibaldi nel 1860, prima di andar a Parigi a far l’impressionista. E Giovanni Fattori, Livornese, che divenne il più famoso di tutti. Certo molti altri passarono da quello che era il loro luogo di ritrovo, il Caffè Michelangelo a FirenzeSerafino De Tivoli, Eugenio Cecconi, Raffaello Sernesi, Niccolò Cannicci, Egisto Ferroni e Adriano Cecioni, scrittore e scultore oltre il pesarese Vito D’Ancona. Il trentino Eugenio Prati, il veronese Vincenzo Cabianca e Domenico Caligo

Coordinati da un mercante, critico e collezionista incapace di vendere, Diego Martelli, ebbero scarso successo commerciale. Malgrado ciò i macchiaioli sono considerati il fenomeno più importante della pittura italiana del XIX secolo. In alcuni casi questi artisti sono stati perfino indicati come i precursori degli impressionisti anche se le differenze tra i due gruppi sono tante quanto le somiglianze. Ad esempio nei macchiaioli è ricorrente un forte elemento letterario che non ritroviamo negli impressionisti. O ancora, nelle opere dei macchiaioli, a differenza di quelle impressioniste, non perdiamo mai il senso di solidità della forma. Furono, come gli impressionisti, influenzati dalla scuola di Barbizon, ma preferivano dipingere scene di genere, soggetti storici e ritratti oltre ai paesaggi. Decisero di rincorrere le impressioni della luce, forse anche loro per far concorrenza ai fotografi. E nacque la macchia.

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Un movimento rivoluzionario

Questi rivoluzionari, rompendo con il classicismo e il romanticismo imperanti, hanno rinnovato la cultura pittorica italiana. Possiamo dire che i macchiaioli hanno dato un nuovo respiro all’arte italiana. Nello stesso modo dei rivoluzionari di tutti i tempi, rimasero delusi dalla rivoluzione e si diedero ai soggetti minimi. Opere che potevano vendere facilmente, nonostante una sostanziale mancanza di mercato. Ecco quindi il perché delle deliziose tavolette di legno, pronte all’uso all’aria aperta, che spesso furono il supporto per i dipinti di questi artisti. Tavolette che spesso venivano riciclate, per esempio, dai coperchi di scatole per sigari.

Telemaco Signorini, Firenze, mercato vecchio

Mai vi fu un gruppo d’artisti così tosto nella storia d’Europa. Veri eroi con il pennello che presero parte attiva alle vicende storiche del loro tempo, al Risorgimento, alle guerre d’indipendenza per l’unità d’Italia. I temi variano, ma sono tutti imperniati nel presente, da scene di vita casalinga, alla città, al lavoro nei campi. Dal paesaggio, al mondo militare, alle battaglie combattute in prima persona dagli artisti. Donandoci così documenti che testimoniano passaggi storici importanti per l’unità del nostro paese e per la nostra cultura.

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C.C.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui

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