Il paesaggio, vedute della natura e visioni del mondo

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Il paesaggio, vedute della natura e visioni del mondo
Ambrogio Lorenzetti, Le conseguenza del Buon Governo

Continua l’esplorazione nei generi artistici. Abbiamo ampiamente parlato del ritratto e dei maggiori ritrattisti. Poi è stato il turno della natura morta, oggi tocca al paesaggioPartiamo da lontano. Secondo le fonti scritte, nell’antica pittura greca si potevano trovare scenari naturali a sfondo dei dipinti. Il paesaggio trovava spazio nei patii dei giardini, come decorazione parietale. Trattava sopratutto tematiche popolari e piatte adempiendo a una funzione di intrattenimento. Anche l’arte del primo e dell’alto medioevo inseriva gli elementi naturali nei quadri e nei rilievi. Ma sempre come cornice o sfondo. Mai si trattò il paesaggio come fine a sé stesso, come genere autonomoLa critica moderna fa risalire gli esordi di una vera e propria arte del paesaggio al Trecento italiano. All’epoca questo genere pittorico ebbe modo di affermarsi in anticipo rispetto al resto dell’Europa.

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Si individua nell’affresco Le conseguenze del Buon Governo in campagna, realizzato da Ambrogio Lorenzetti, un primo esempio di paesaggio utilizzato per esprimere gli effetti del governo comunale. Utilizzato quindi come propaganda politica dell’amministrazione di Siena, nel 1338 e nella sala del Palazzo Pubblico. Qui si verifica un radicale cambiamento. Se infatti lo schema è ancora quello del paesaggio ideale, la scena si arricchisce di notazioni realistiche e acquista una straordinaria profondità, secondo un tipo di rappresentazione che rimarrà modello per oltre un secolo. Intorno al 1430 si assiste
a un ulteriore passo avanti nella rappresentazione realistica dello spazio grazie all’elaborazione della prospettiva lineare in Italia e della prospettiva atmosferica nelle Fiandre.

I fratelli Limburg, febbraio
I fratelli Limburg, febbraio

Dall’inizio del XV secolo, il predominio del genere passò alla pittura olandese. Negli sfondi e nelle vedute dalle finestre, gli scenari presentavano particolari straordinariamente precisi. E una grande profondità spaziale, per quanto non realizzata con i canoni matematici della prospettiva. Grazie a questi paesaggi, e in particolare, alle miniature dei fratelli Limbourg o ai manoscritti illustrati da Jan van Eyck, si diffuse in tutto il mondo conosciuto questo tipo di pittura, influenzando gli artisti del Rinascimento italiano

Le nuove strade del paesaggio

All’alba del XVI secolo alcune correnti di idee aprirono al paesaggio strade nuove. Il sogno di contrade sconosciute, legato alle grandi scoperte geografiche. Il gusto della topografia, incoraggiato dall’incisione illustrativa. Ma anche la letteratura arcadica in Italia. In questo periodo fu molto importante lo scambio culturale tra nord e sud Europa, scambio incentivato dai fiorenti commerci. E nel rinascimento italiano il paesaggio conobbe la propria fioritura sopratutto a Venezia, con Giorgione, Tiziano e Lorenzo Lotto. Grazie al proficuo influsso della pittura nordica e fiamminga che in questa città si fece sentire in modo particolare. 

Francesco Guardi, veduta di Venezia nel giorno dell'Ascensione
Francesco Guardi, veduta di Venezia nel giorno dell’Ascensione

L’importanza del paesaggio è evidente però anche nello sfumato leonardesco, tecnica pittorica attraverso la quale Leonardo da Vinci rappresentava quasi scientificamente persino l’aria che si interpone tra le figure in primo piano e gli sfondi. Sul finire del XVI secolo nacque il paesaggio ideale, poi ulteriormente sviluppato per tutto il XVII secolo. Partendo da spunti presi dal passato si sviluppavano composizioni di pura fantasia, costellate di città inventate, e popolate dai più svariati personaggi (Nicolas Poussin). Fantasia incentivata dalle nuove scoperte geografiche e dalle spedizioni in nuove regioni, che fecero arrivare in Europa e soprattutto nei Paesi Bassi una varietà di specie animali e vegetali assolutamente inedita. Nel XVII secolo questo genere fiorì, alimentato dalla fantasia degli artisti e da una domanda sempre maggiore. Divenne soggetto autonomo, codificato nella trattatistica come un genere, con le sue diverse categorie (marine, architetture, vedute di città).

Caspar David Friedrich, Abbazia nel querceto
Caspar David Friedrich, Abbazia nel querceto

Il paesaggio nel XVIII e nel XIX secolo

L’arte del XVIII secolo fu poi attraversata da cambiamenti decisivi, soprattutto per quanto riguarda il concetto di lontananza e di ignoto che permearono profondamene la concezione del paesaggismo. Questi cambiamenti interessarono in primo luogo il senso di nostalgia per l’Italia che aveva mosso gli animi europei per decenni. Da quasi due secoli, i giovani più abbienti erano abituati a compiere viaggi nella Penisola allo scopo di approfondire le proprie conoscenze di arte antica e rinascimentale. All’interesse puramente formativo si aggiunse il desiderio di coltivare sensazioni, sentimenti e atmosfere portandole con se come una cartolina. A questo scopo molti ricchi inglesi si fecero accompagnare da acquerellisti che avevano il compito di fissare sulla carta ciò che vedevano i committenti, come delle macchine fotografiche umane. È il periodo in cui nasce il vedutismo, con Canaletto, Francesco Guardi e Gaspare Vanvitelli.

La città che sale, Umberto Boccioni
La città che sale, Umberto Boccioni

La consacrazione vera e propria del paesaggio avviene però nell’ Ottocento, con il romanticismo di Joseph Turner, John Constable e Caspar David Friedrich. Sulle loro tele il paesaggio sovrasta  e domina l’uomo, acquisendo un significato filosofico e simbolico. La natura, matrigna e terribile, di cui noi  poveri umani siamo in balia. Alla semplice rappresentazione del paesaggio, nello stesso secolo si aggiunge il fatto spesso, di dipingere immersi in esso. Si afferma così la pittura en plein air, ovvero all’aria aperta. I maggiori esponenti saranno Jean-Baptiste Camille Corot e la scuola di Barbizon, fino a quando il genere sfocerà nell’impressionismo accomunando maestri come Claude Monet, Edouard Manet, Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley e Paul Cézanne. In questo caso il paesaggio è una rappresentazione del reale attraverso lo studio della luce e degli effetti che produce nelle varie ore del giorno.

Il XX secolo tra avanguardie e modernità

Nel secolo scorso il rapporto con il paesaggio subì una trasformazione legata all’affermarsi della società industriale e delle prime vere metropoli moderne. Il paesaggio diventa urbano e sembra riecheggiare, attraverso la nascita delle Avanguardie (tra tutte il Futurismo, che del paesaggio urbano e della modernità sarà il cantore con artisti come Umberto Boccioni) le inquietudini del Novecento che porteranno alle due guerre mondiali.

Nel dopoguerra il paesaggio ritornerà protagonista assoluto nell’arte grazie soprattutto a una corrente chiamata Land Art, affermatasi negli Stati Uniti tra gli anni ’60 e ’70. Il termine è stato coniato nel 1969 da Gerry Schum per i lavori di artisti che operano attraverso interventi sul paesaggio naturale. Fra i maggiori autori ricordiamo Robert Smithson, Richard Long, Walter De Maria e Christo, famoso per avere completamente avvolto monumenti di grande dimensione come il Pont-Neuf a Parigi o il Palazzo del Parlamento di Berlino. Ma anche ambienti naturali, come una scogliera in Australia o un’isola in Florida. Tanta carne al fuoco e qualche cosa ho dovuto tralasciare per non diventare noioso, ma avremo sicuramente modo di soffermarci su diversi aspetti importanti, come il vedutismo e il paesaggio ideale.

Continua l’esplorazione …

Questo post fa parte di un’esplorazione attraverso la storia del paesaggio. Per leggere anche gli altri post, segui l’etichetta #ilpaesaggio

C.C.

Fonti: Paesaggi, Norbert Wolf, Taschen, Colonia, 2008

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