
Questo post lo devo verso tutte quelle bottiglie, vasi e frutta che ho copiato nelle lezioni di disegno dal vero, quando facevo la scuola d’arte a Ferrara. Bei tempi! Il termine “natura morta” indica la rappresentazione dipinta di oggetti, fiori, frutta, verdura, cacciagione o pesce. Quando alcuni di questi motivi dipinti insieme evocano la vanità delle cose di questo mondo, si tratta di un sottogenere particolare di natura morta: la “vanitas“. Ma di questo parleremo meglio in un altro post. Il termine nasce tra il XVII e il XVIII secolo nel segno della polemica e dell’opposizione. È la pittura cosiddetta con sufficienza “minore“, la pittura che si concentra su un limone o su una brocca, o un mazzo di fiori, contrapposta all’arte “vera” che ha per oggetto la vita e la storia, l’uomo e Dio.
È, in realtà, una polemica nata molti decenni prima, e il genere è ormai saldamente radicato nel mercato dell’arte europeo. Dal punto di vista dei soggetti abbiamo esempi di nature morte già dall’antichità: sono presenti nei rilievi e dipinti funerari egiziani e orientali. In ambito ellenistico e romano costituiscono generi specifici chiamati rhopographia (pittura di cose umili), rhyparographia (pittura di spazzature) e xenia (secondo Vitruvio, pitture in cui sono rappresentati i doni degli ospiti). Nell’arte bizantina e medievale occidentale episodi biblici e storie di santi offrono occasioni per raffigurare stoviglie e vivande sulle tavole (Ospitalità di Abramo, Nozze di Cana, Ultima cena) o gli strumenti per la scrittura e libri (ritratti degli Evangelisti, dei Padri della chiesa ecc.). Quindi inizialmente le nature morte appaiono ai margini di opere di altro soggetto.

Nell’Italia del Trecento matura un gusto particolare per la raffigurazione di oggetti reali in uno spazio reale. Lo ritroviamo in Giotto, in Lorenzetti e in Taddeo Gaddi. Tutti artisti che in alcune loro opere si sono soffermati particolarmente sulla rappresentazione di oggetti reali, inseriti in un contesto preciso. I repertori più ricchi di natura morta si trovano, nel XV secolo, nelle miniature, soprattutto quelle di scuola fiamminga, e nelle tarsie italiane. Le tarsie italiane del Quattrocento hanno conferito una certa autonomia alla rappresentazione illusionistica degli oggetti. Questo grazie a un forte controllo geometrico delle relazioni tra spazio e cose. Lo vediamo bene ad esempio negli armadi aperti su scaffalature piene di libri o di oggetti scientifici negli studioli di Federico da Montefeltro a Urbino e a Gubbio. Considerato spesso la prima vera natura morta indipendente occidentale, è il quadro che mostra una pernice appesa, firmato Jacopo de’ Barbari.
Ma è solo con il Cinquecento che questa tipologia di soggetti acquista una vera autonomia, fino a definirsi vero e proprio genere pittorico e ad affermarsi soprattutto in Italia, in Germania, in Spagna e nei Paesi Bassi. E il tutto non a caso. La natura morta conosce la sua piena formazione in quei paesi in cui è nata una committenza nuova, fatta di ricchi mercanti, banchieri, una specie di alta borghesia che si va ad affiancare all’aristocrazia. Nasce quindi una domanda forte, per un genere pittorico che ben si presta, attraverso quadretti di piccolo formato, ad arredare le case e le collezioni di questi nuovi committenti. Inoltre nascono botteghe che offrono un’ampia scelta di pittori che si cimentano in questo nuovo genere ormai autonomo.

La pittura di fiori, accanto alle raffigurazioni presenti in quadri sacri si sviluppa nella pittura profana. Da questo punto di vista le grottesche di Giovanni da Udine ebbero grande importanza. Il vero precursore della natura morta floreale però è, alla fine del Cinquecento, Georg Hoefnagel, che trasporrà la tecnica minuziosa della miniatura nella pittura di cavalletto. Ma è senza dubbio il Seicento il secolo d’oro della natura morta ed il suo paese d’elezione l’Olanda: è nelle sempre più ricche e borghesi province del Nord che i quadri con fiori, tavole imbandite, vasellame, cacciagione raggiungono nel XVII secolo i vertici dell’artificio illusionistico, trovando un pubblico e una diffusione precedentemente impensati! La natura morta è il riflesso del gusto olandese per la realtà concreta delle cose, ma spesso è anche la traduzione di preoccupazioni morali. Il suo stile segue l’evoluzione delle altre categorie: pittura di storia, paesaggio, ritratto, pittura di genere.

Ma facciamo qualche nome: in Olanda si distinguono in questo genere A. Bosschaert, P. Claesz, W. Kalf (non va dimenticato il contributo eccezionale di Rembrandt). Nelle Fiandre, J. Bruegel dei Velluti, D. Seghers e F. Snyders. In Italia, i nomi di Caravaggio, E. Baschenis, P. Porpora, G. Ruoppolo riportano ad ambienti dove particolarmente viva fu la tradizione di questo genere. La natura morta italiana è dominata, fin dalla fine del XVI secolo da Caravaggio, che scandalizzava i contemporanei osservando come fare un buon quadro di fiori gli costasse altrettanta fatica che uno di figure. In Spagna, oltre a quelle di J. Sánchez Cotán e J. van der Hamen, sono da ricordare le splendide nature morte di F. Zurbarán. La natura morta spagnola è caratterizzata
da chiarezza compositiva: sul fondo scuro si dispongono oggetti rischiarati da una luce laterale che ne definisce i volumi. quelle di L. Baugin, J. Linard, L. Moillon in Francia dove, nel XVIII secolo, raggiungono un livello altissimo con Chardin.
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In quanto diretta osservazione e comunicazione con il vero, espressione poetica intima e raccolta, occasione di dirette ed esclusive ricerche formali, la natura morta ha una parte importante nella pittura del XIX secolo con H. de Fantin-Latour, Courbet, P. Cézanne, V. van Gogh. E nel XX secolo, nell’ambito cubista e nel purismo. Alcuni pittori, come Giorgio Morandi, ne fanno il tema quasi esclusivo della loro ricerca. Oggetti d’uso quotidiano sono protagonisti ancora delle poetiche dada e surrealista. I surrealisti in particolare trassero effetti fantastici dalla descrizione minuziosa degli oggetti in trompel’oeil. Dopo la seconda guerra mondiale, mentre i sostenitori dell’astrattismo e della figurazione si affrontavano, la natura morta conobbe ancora alcune interpretazioni originali. Lo vediamo nelle ricerche artistiche della seconda metà del secolo (pop art, nouveau réalisme ecc.) dove gli oggetti sono rappresentati o riprodotti tridimensionalmente, spesso in scala gigantesca. Oppure realmente introdotti nelle composizioni, travalicano i confini della natura morta come genere artistico.
Continua l’esplorazione …
La natura morta come il ritratto che ho largamente trattato, conosce dei sottogeneri che tratteremo più avanti.
Per scoprire di più sulla natura morta, segui l’etichetta #naturemorte(nonmorte)
C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui