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Le nozze di Cana – Paolo Veronese

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Le nozze di Cana - Paolo Veronese
Le nozze di Cana - Paolo Veronese
Le nozze di Cana - Paolo Veronese
Le nozze di Cana – Paolo Veronese

Per Veronese, l’episodio evangelico di le Nozze di Cana, che narra il miracolo della tramutazione dell’acqua in vino, non era altro che l’ennesimo pretesto per mettere in scena una fastosa e spettacolare rappresentazione della nobiltà veneziana. Negli anni sessanta del cinquecento, il pittore veneziano, si era cimentato più di una volta in queste enormi scene corali raffiguranti i banchetti evangelici. Questa libera e laica interpretazione dei temi religiosi, non sempre piacque alla Sacra Inquisizione che decise di intervenire con la censura, culminata nel processo, a carico dell’artista, per la sua sconveniente e blasfema interpretazione dell’Ultima Cena. Il Veronese si difese affermando. “Noi pittori ci prendiamo le licenze che si prendono i poeti e i matti…e se c’è dello spazio libero sulla tela, io lo adorno di figure”.

Essendo molto stimato a Venezia, la questione si risolse con la modifica del titolo dell’opera in “Convito in casa Levi”. Sorprende la grande immaginazione con cui il pittore dipinge questo tema inserendo la bellezza di 133 figure. Aristocratici veneziani, servi, soldati, cani, giullari, personaggi in fogge turche, nani. Perfino la balaustra in alto e le vertiginose colonne corinzie sono animate da figure in movimento incessante sotto un cielo sereno e festoso. Tra queste figure si riconoscono, al centro, in primo piano, un gruppo di musicisti intenti a intrattenere i convitati. Sono i grandi maestri di Venezia, tra cui, il pittore stesso, con una tunica bianca mentre suona la viola da gamba e, seduto a destra, con la tunica rossa e il contrabbasso, Tiziano.

Una lussuosa rappresentazione

Nella lussuosa celebrazione di questo banchetto nessuno dei personaggi sembra prestare attenzione a Gesù che si trova, seduto al centro, con i suoi discepoli e con lo sguardo fisso verso di noi.
L’impianto prospettico utilizzato dal pittore per contenere tutti gli attori messi in scena è così elaborato da richiedere l’adozione di più punti di fuga. Attraverso tale artificio, lo spettatore, viene rapito da una vertigine spaziale che ha come cornice le maestose architetture ispirate al Palladio.

Straordinario è anche l’uso che il Veronese fa del colore. Grazie alla giustapposizione dei colori complementari tesse una ragnatela cromatica, luminosa e sempre cangiante. Egli si serve delle colorazioni dei panneggi e dei tessuti per portare una luminosità ancora più abbagliante all’interno della propria tela. Qui anche le ombre sono colorate, anticipando di tre secoli la pittura impressionista.

Scopri di più …

Ti è piaciuta l’opera? conoscevi già Veronese? scrivimi tutto nei commenti e dai un’occhiata agli altri articoli dedicati all’artista.

C.C.

Fonti: Il museo immaginato, Philippe Daverio, Rizzoli, Milano, 2011

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