
Il dipinto che vi propongo oggi è forse il più noto trompe-d’oeil che il barocco ci abbia consegnato. Dell’autore dell’opera, Domenico Remps, si sa poco o nulla, se non che era un tedesco che, come altri pittori del suo tempo, si trasferì a Venezia, per studiare i pittori italiani e per cercare nuove commissioni. Il dipinto fu probabilmente realizzato nell’ultimo decennio del Seicento, commissionato forse dal marchese Francesco di Cosimo Riccardi che era maggiordomo maggiore del granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici.
Oggi si trova conservato all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Pensate che quest’opera racchiude in sé al tempo stesso due storie che ci possono essere utili per capire il Seicento. La prima storia che ci racconta è sul collezionismo di curiosità. All’epoca del dipinto era proprio di moda raccogliere oggetti che andavano dall’arte alla botanica, dalla fisica all’astronomia. Questa voglia di sapere traeva origine dalle passioni antiquariali che avevano gli umanisti del Quattrocento come necessità di sapere. Non si poteva conoscere senza possedere e il collezionista nel XVI secolo divenne addirittura un’icona, come testimoniano numerosi ritratti dell’epoca.
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La Wunderkammer
Ma dove venivano conservati questi oggetti? Semplice, nella cosiddetta “Wunderkammer”, in italiano camera delle meraviglie. Espressione appartenente alla lingua tedesca, usata per indicare particolari ambienti in cui, dal XVI secolo al XVIII secolo, i collezionisti erano soliti conservare raccolte di oggetti straordinari per le loro caratteristiche intrinseche ed estrinseche. E qui arriviamo alla seconda storia che questo dipinto ci racconta. Remps riassume la necessità che si aveva all’epoca di stupire, di sorprendere.
Lo stupore sta anche nel rappresentare un’opera così iperrealistica. Con il dettaglio dei vetri rotti nella vetrinetta e i numerosi oggetti presenti. Dipinti, coralli, lenti, insetti, statuine … Da un certo punto di vista, la Wunderkammer anticipò lo sviluppo del concetto di museo, anche se ancora non aveva le caratteristiche di sistemazione e metodo che distingue le istituzioni museali. Ma resta un dato di fatto. Per realizzare molti musei spesso si partì proprio dal contenuto di Wunderkammer ereditate da privati e messe poi a disposizione del pubblico. Per certi versi molti collezionisti d’oggi, amanti di miniature, action figure, fumetti, libri e molto altro, si riconosceranno in quest’opera.
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Questo post fa parte di una serie di piccoli giochi di curiosità dedicati alle nature morte. Leggi altro seguendo l’etichetta #naturemorte(nonmorte)
C.C.
Fonti: Il museo immaginato, Philippe Daverio, Rizzoli, Milano, 2011