
Altro artista che ci mostra la vivezza delle nature morte.
Francisco de Zurbaran, vissuto nella generazione a metà fra Caravaggio e la
Moillon, raggiunse risultati analoghi a questi artisti senza aver frequentato né l’Italia e né la Francia.
Questo perché la Spagna di allora, per quanto potente, per quanto fortemente ancorata ai sogni contorti dell’Escorial dove Filippo II da vivo celebrava i propri funerali, aveva come città principali Anversa, Milano, Napoli, Palermo e Genova. Si, avete capito bene, perché se non sotto controllo almeno erano sotto contratto per il trasporto dell’oro dalle terre nuove d’America.
La cultura spagnola si formava quindi già in maniera globalizzata. Ma Zurbaran, rispetto ad altri autori di nature morte tendeva ad esagerare le situazioni, mosso da una capacità realista che raggiungerà gli apici con Velazquez, Goya e Pablo Picasso. E in Zurbaran, nei suoi monaci esaltati, si vedono già i saltimbanchi del periodo rosa di Picasso. Come nel bodegon, così si chiama la natura morta in Spagna, in cui si vede l’anticipazione di quelle che Pablo Picasso farà vedere a Georges Braques.
Ad ogni modo Zurbaran è il primo che indagò con attenzione maniacale la qualità della materia, come potete vedere nel dipinto qui sopra. Guardate la terracotta della tazzina, i piattini d’argento con i riflessi degli oggetti posati sopra. Soffermatevi sulla canestra e su quelle arance aspre da mangiare che a volte restano sugli alberi con i fiori che appaiono all’inizio dell’estate successiva alla loro maturazione.
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Questo post fa parte di una serie di piccoli giochi di curiosità dedicati alle nature morte. Leggi altro seguendo l’etichetta #naturemorte(nonmorte)
C.C.
Fonti: Il museo immaginato, Philippe Daverio, Rizzoli, Milano, 2011