La brioche, Jean-Baptiste-Simeon Chardin

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La brioche, Jean-Baptiste-Simeon Chardin
La brioche, Jean-Baptiste-Simeon Chardin

Di Chardin è difficile stufarsi. È stato uno dei più grandi pittori di nature morte nella storia dell’arte. Pittore che ha trovato la bellezza negli oggetti domestici di uso quotidiano e negli utensili che lo circondavano, dipingendo spesso le stesse cose in diverse nature morte.
Lo si può vedere in tutte le opere di questo artista dall’aspetto mite, nato e vissuto a Parigi senza mai uscire dalla sua città. Il suo è un occhio indagatore quanto lo era la voglia scientifica degli illuministi che realizzarono l’Encyclopedie. Il dipinto che vedete qui è del 1763 e racchiude in sé tutte le caratteristiche di Chardin. Questo artista guarda sempre il mondo come se lo stesse vedendo per la prima volta. L’intensità della sua visione si concentra sulla bellezza degli oggetti quotidiani che ci circondano, una bellezza che noi diamo per scontato perché l’abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.

Ogni materiale è esattamente definito, la doratura a pennello sul cristallo di Boemia, il tappo di metallo giallo e la qualità della terraglia della zuccheriera. Questa raffinata porcellana europea in particolare allude al prezioso contenuto. Lo zucchero in effetti, nel Settecento, cominciava a essere visto come un alimento non più peccaminoso o nocivo. La protagonista del dipinto però è senz’altro la brioche realizzata con uova, burro, latte, lievito e farina. Non sempre dolce, a volte era una raffinata versione del pane. L’artista riesce a cogliere il brillante della brioche, quello ottenuto da una rapida pennellata di chiara d’uovo, quando è già lievitata e prima di estrarla dal forno.

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La presenza del fiore d’arancio come guarnizione della brioche suggerisce l’idea di un’allusione alle dolcezze del matrimonio. La presenza delle ciliege ci fa credere che nella bottiglia ci sia un distillato ricavato da quel frutto. Si tratta del kirsch, un liquore dolce molto amato all’epoca del dipinto. I riferimenti allo zucchero, che ritroviamo come ingrediente di tutti gli alimenti rappresentati, ci fa pensare a una natura morta allegorica. Un buffet che ci riporta alla dolcezza della vita. Nel mondo veloce di oggi si può facilmente trascurare la bellezza sottile e l’equilibrio di un Chardin. Dovrete necessariamente rallentare i vostri ritmi e prendervi una pausa per apprezzare adeguatamente uno dei suoi dipinti. Tutto un cosmo di pennelli, di forme, di texture e colori.

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Questo post fa parte di una serie che esplora la natura morta. Segui l’etichetta #naturemorte(nonmorte)

C.C.

Fonti: Il museo immaginato, Philippe Daverio, Rizzoli, Milano, 2011

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