
Forse pochi di voi conoscono questo pittore e ad ancor meno di voi piacerà. Ma credo che sia un tassello importante nell’arte contemporanea, dimostrazione di come nei secoli sia cambiato molto il rapporto che lega arte e bellezza.
Pittore, scultore, grafico, fotografo e scrittore, Hans Bellmer nacque a Katowice (Polonia) il 13 marzo 1902. Temperamento indipendente e ribelle all’autorità paterna, a vent’anni lasciò la propria famiglia per seguire i propri sogni. Si diresse quindi a Berlino nel 1922, dove conobbe e divenne amico di George Grosz, pittore tedesco inserito nelle avanguardie artistiche dell’epoca. I contatti con l’ambiente berlinese di questi anni furono molto significativi per tutta l’attività futura di Bellmer.
Su consiglio di Grosz, Hans si mise a disegnare e, nel corso di un soggiorno di tre mesi a Parigi, scoprì Pascin, pittore bulgaro, autore di numerosissime illustrazioni e caricature. Iniziò a prendere forma lo stile di Bellmer che nelle proprie opere mette sempre un esplicito erotismo. La sua arte prese forma nel 1933 a partire da un manichino in gesso raffigurante una ragazza, ispirato in parte dalla cugina Ursula per cui l’artista nutriva un’infatuazione. Fotografò questa Bambola in varie pose e in diversi stati di smembramento e pubblicò le fotografie nel 1934 in una raccolta dal titolo Die Puppe. Tra il 1926 e il 1932 lavorò anche come disegnatore di pubblicità industriale, ma con l’avvento del nazismo Bellmer fu costretto ad abbandonare ogni attività: le opere dell’artista erano considerate degeneri perché critiche verso il culto del corpo perfetto allora dominante in Germania.
Alla fine del 1938 quindi Bellmer, rischiando l’arresto da parte dei nazisti, si stabilì a Parigi prendendo contatto con André Breton e il gruppo surrealista. Già nel 1936 questi artisti d’avanguardia avevano pubblicato in versione francese il suo album di fotografie, sulla rivista surrealista Minotaure. I surrealisti trovarono di particolare interesse queste forti immagini di vizio e incantesimo.
Come disegnatore possiamo dire che Bellmer derivò tecnicamente dalla grande tradizione germanica, per la plasticità del tratto, per il rigore del tratteggio, parallelo o incrociato, per l’uso di zone ravvivate di bianco. Ma per il potere allusivo e la carica d’inquietante ambiguità dell’immagine-feticcio della bambola Bellmer rientra a pieno titolo nell’area culturale del surrealismo.
All’inizio del secondo conflitto mondiale l’artista fu internato, ma dopo la guerra, Bellmer visse il resto della sua vita a Parigi. Abbandonò la costruzione di bambole, e spese gli anni seguenti a realizzare disegni erotici, incisioni, fotografie sessualmente esplicite, pitture e stampe di ragazze adolescenti. Influenzato da alcuni procedimenti surrealisti (giochi prospettici, associazioni inconsuete), Bellmer è più efficace quando concentra la sua attenzione sull’elemento femminile puro. Visionario e voyeur, le sue ricerche sui “trasferimenti anatomici” (naso-fallo, narici-testicoli, volto che si forma sotto le natiche) testimoniano la ricchezza associativa di una fantasia che “attinge unicamente all’esperienza corporea”.
Un artista poliedrico
Artista poliedrico, oltre ai disegni, Bellmer eseguì molti dipinti, incisioni, sculture e illustrazioni. In particolare illustrò Alcools di Apollinaire (1948), Justine di Sade (1950), Dialoghi di Joë Bousquet (1958). Ottenne un pieno riconoscimento artistico solo in tarda età e infatti la sua prima personale organizzata da un museo è datata al 1966 al Museo di Ulm. Nel 1954 conobbe Unica Zürn, che divenne la sua compagna. Hans Bellmer continuò il proprio lavoro per tutti gli anni sessanta e si spense a Parigi il 24 febbraio 1975. Ancora oggi le sue statue-bambole, ammassi grumosi di carne, suscitano in noi sentimenti di disagio ed inquietudine.
Vi lascio con una citazione dell’artista:
Il corpo è paragonabile ad una frase che vi spinge a disarticolarla, affinché, attraverso una serie di anagrammi infiniti, si ricompongano i suoi veri contenuti.
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Questo post fa parte della rubrica #lopotevofareanchio, in cui se vuoi puoi esplorare l’arte contemporanea!
C.C.