I nuovi realismi, il gruppo europeo

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nuovi realismi
Arman, Chopin’s Waterloo

Continuano gli appuntamenti con l’arte contemporanea e con l’irriverente rubrica “Lo potevo fare anch’io”. Dopo Marcel Duchamp, il Ready Made (oggetto comune elevato a opera d’arte) divenne di pubblico dominio. Da quel momento il concetto di creazione come atto che si fonda unicamente sulla responsabilità di scelta dell’artista entrò nel DNA di molti artisti. Verso il 1960 in Europa erano in molti a crede in questa strada creativa aperta da Duchamp, così il critico d’arte Pierre Restany pensò di raggrupparli e di pubblicare un primo manifesto. Il primo Manifesto del Nuovo Realismo venne firmato il 14 aprile 1960 a Milano. Il 27 ottobre 1960 è la data della Declaration constitutive du Nouveau Realisme, redatta da Pierre Restany, che segna il riconoscimento di pratiche artistiche iniziate da Raymond Hains, Villegle, François Dufrene a Parigi, Mimmo Rotella a Roma, Yves Klein, Jean Tinguely.

Il manifesto del nuovo realismo

Il manifesto fu firmato nell’atelier di Yves Klein, sotto gli auspici di Restany: il nuovo movimento voleva porre l’accento su “nuovi approcci percettivi al reale”. Esponenti di questo nuovo approccio sono: Arman, Martirial Raisse, Rayon Hains, Francois Dufrène, Daniel Spoerri, Jean Tinguely, Jasques de la Villeglè e lo stesso Klein. A questi artisti si aggiunsero nelle settimane successive al manifesto. Cèsar, Christo, Garard Deschamps, Niki de Saint-Phalle e Mimmo Rotella. E ciò che accomuna tutti questi artisti è l’esplorazione di nuovi modi di percezione del reale. Supremazia dell’esperienza da un lato e rivendicazione del reale dall’altro, sono le parole d’ordine intorno a cui si raggrupparono. L’artista si proclamò testimone e rivelatore della società del suo tempo ripudiando il soggettivismo.

Nel clima del dopoguerra è tra i rifiuti, nei mercati dell’usato e nelle carrozzerie che gli artisti vanno alla ricerca dei materiali che formeranno le loro opere, di cui una delle caratteristiche è il marcato interesse per i singoli oggetti. Questa attenzione per le “cose” della vita quotidiana si sviluppa attraverso diversi procedimenti che diventeranno la firma per ogni singolo artista. Così al gesto fondatore di Yves Klein che espone il vuoto, farà eco quello altrettanto radicale di Arman che espone il pieno. Comunque se dovessimo riassumere l’apporto principale di questi nuovi realisti, possiamo dire che consistette nel riappropriarsi dei principi del Ready Made trasferiti in un nuovo contesto, quello di un artista impegnato nella storiografia istantanea del suo tempo.

Nuovi realismi come arte urbana

Lo stile è nella realtà bruta, nella strada: il Nouveau Realisme è infatti arte urbana. La presenza fissa di alcuni elementi della vita urbana come manifesti, recinti, terreni vuoti,
detriti, autoveicoli, segnali stradali, spiega quanto sottolineato da Restany. “la poesia d’una civiltà urbana”. Quest’atteggiamento si interseca, naturalmente, con quello della Pop Art americana, nata anch’essa dalla concentrazione urbana. Il movimento New Dada in America e il gruppo dei Nouveaux Realistes in Europa ripresero quindi l’atteggiamento mentale del Dada che può essere così riassunto:
  • rifiuto del concetto e della volontà di produzione dell’opera d’arte tradizionale;
  • elevazione a valore estetico e artistico di oggetti trovati, (ready-made), dando così una sorta di “battesimo artistico” ad oggetti d’uso comune;
  • predilezione dell’uso di elementi derivati dalla comunicazione di massa, fotografie, ritagli, manifesti, ecc., rielaborate con montaggi o ricomposizioni.

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C.C.

Fonti: Arte contemporanea, a cura di Francesco Poli, Electa, Milano, 2003

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