I nuovi realismi, neo-dadaisti americani

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neo-dadaisti
Jasper Johns, flag

Continua il percorso nella contemporaneità parlando di un tipo di nuovo realismo: il neo-dadaismo. Affermatosi negli Stati Uniti tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta, è un modo di fare arte che volle opporsi alle altre esperienze artistiche del periodo. Questo tipo di arte viene anche definita junk art, termine usato ufficialmente per la prima volta dal critico Lawrence AllowayLe opere d’arte di questi artisti vengono realizzate assemblando e inserendo nelle stesse elementi presi in prestito dalla vita quotidiana. Rappresenta una rivolta contro i materiali tradizionali e una dimostrazione che le opere d’arte possono essere realizzate con le cose più umili, senza valore. Ma chi sono questi artisti? Tra gli altri troviamo Robert Rauschenberg che utilizza come fondo colorato per i suoi dipinti rossi delle tavole di fumetti che traspaiono attraverso il colore. Jasper Johns che si serve di fogli di giornale come supporto per i suoi primi bersagli ed entrambi uniscono alle loro opere oggetti trovati per caso.

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Questa pratica del prelievo diretto di oggetti si diffonderà in fretta tra gli artisti: Robert Indiana, Richard Stankiewicz o Bruce Conner utilizzarono materiali di recupero; Edward Kienholz o John Chamberlaine il riciclaggio; Jess, Ray Johnson il collage; George Segal o Robert Watts il calco. L’artista diventa un ricettore in cui la società imprime sé stessa e viceversa e si esprime attraverso la ricerca di oggetti, testimonianze, creando di fatto dei “ready-made” e rifiutando l’intervento soggettivo. Non a caso si chiama “neo-dadaismo“. Perché è chiaro che questi artisti si ispirarono alle opere di Duchamp e Kurt Schwitters, artisti dadaisti. Non solo, l’azione di incollare materiali diversi già era stata introdotta dai collage cubisti.

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Robert Rauschenberg, odalisca

Questa centralità dell’oggetto reale nell’arte, ma anche sull’arte è ciò che ha accomunato artisti molto diversi tra loro e che di fatto non fonderanno né un movimento né una scuola. In un’epoca in cui il gesto pittorico era ancora predominante, questi artisti stravolgono tutto servendosi di oggetti e immagini presi dalla strada o dai rotocalchi. Spesso aggressiva, volgare, talvolta arguta, quest’arte proclama la sua adesione al mondo contemporaneo nelle sue manifestazioni più libere, meno legate all’universo del gusto e della convenzionalità. La progressiva scomparsa dell’artista condurrà la pittura ad autodefinirsi creando le basi per il movimento pop, nel quale si riuniranno due filoni. Uno sviluppato da Andy Warhol, Lichtenstein, James Rosenquist, … ed uno più accademico e realista rappresentato da figure come Wayne Thiebauld o Mel Ramos.
Ma questa è un’altra storia.

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Questo post fa parte della rubrica #lopotevofareanchio, in cui se vuoi puoi esplorare l’arte contemporanea!

C.C.

Fonti: Arte contemporanea, a cura di Francesco Poli, Electa, Milano, 2003.

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