
Dopo aver visto la formazione del grande maestro, oggi analizziamo uno dei nodi fondamentale della sua arte: la riscoperta dell’antico. Andrea Mantegna infatti con la sua opera, trasformò radicalmente l’arte portando alle estreme conseguenze le ricerche prospettiche di altri artisti come Piero della Francesca. Il suo studio e la riscoperta dell’antico saranno alla base di questa rivoluzione. E un affresco in particolare ci aiuta in questo piccolo percorso.
L’opera a cui mi riferisco si trova nel braccio destro del transetto della chiesa degli Eremitani a Padova, una delle prime opere di Mantegna, quel che rimane della cappella Ovetari raffigurante la Legenda Aurea. La cappella fu selvaggiamente bombardata nel 1944, gravemente danneggiata e parte degli affreschi vennero irrimediabilmente persi. Nel 2006 si è riusciti a ricomporre i frammenti del “puzzle” grazie a un sistema virtuale, restituendo così una parte dell’antica bellezza.

Ma quel che rimane è ugualmente utile per trarre delle riflessioni. Da un punto di vista compositivo ci sono tutti gli elementi che caratterizzano la riscoperta dell’antico che in quegli anni stava avvenendo a Padova, fiorente centro di studio e di diffusione della cultura classica. Per esempio la voglia di simmetria totale espressa nell’impostazione della scena articolata attorno alla colonna centrale.
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La folla dei partecipanti nell’affresco sta sotto un palazzo che riassume, con bassorilievi, fregi decorativi, colonne e porfidi multicolori, tutto ciò che allora si sapeva dell’antichità. Da una lussuosa finestra del palazzo si vede però una scena raccapricciante. Una freccia viene scagliata nell’occhio del giudice che ha condannato San Cristoforo, ritroviamo qui la rappresentazione dei denti nei protagonisti della scenetta, già rappresentati in precedenza da Giotto. La pergola, ricordo di un mondo bucolico e forse proprio delle origini campagnole di Mantegna, s’infila con forza nella struttura architettonica. Il presente usa così il passato come sostegno.
Infine si possono vedere annunci di architettura che prendono spunto da Leon Battista Alberti e dalle sue colonne, che prevedono già i futuri lavori del Laurana a Urbino e della famosa città ideale. E la rappresentazione massiccia di San Cristoforo, enorme, che attraversa il fiume col Cristo sulle spalle, a sinistra, la ritroviamo in prospettiva a terra, a destra, come vedremo nel Cristo morto, sempre di Mantegna, pochi anni dopo.

Sono gli anni quaranta del Quattrocento e in quel tempo i due modelli del Mantegna sono da una parte Donatello e dall’altro Squarcione. Donatello a Padova lasciò come sua prima opera un grande capolavoro: il Crocifisso del 1444-1447. Esaltatore di una classicità in fase di riscoperta, Donatello è abile nell’uso del bronzo, delle sue patine e delle sue dorature. Il passaggio dal marmo al bronzo permise allo scultore dei sotto-squadri fino ad allora impensati e solo la conoscenza della fusione a cera persa gli consentì di trasformare il bassorilievo in un altorilievo e di dare nuova vita a un linguaggio antico. Dello Squarcione basta invece osservare il Polittico de Lazara, esposto nei musei civici di Padova, per vedere il gusto fumettistico e bizzarro tipico del maestro di Mantegna e che ritroviamo in esso.

Giorgio Schiavone, altro allievo, nella sua Madonna in trono con il Bambino, proseguirà questa estetica dei volti pieni, tondi, evidente nelle fattezze del Gesù Bambino e in quella curiosa passione per la natura morta, cartiglio compreso che si sviluppò in quegli anni nell’area dell’Adriatico, tra Urbino, Ferrara e Padova e dove apparve forse la prima mosca nella storia della pittura italiana. Era già stata rappresentata dieci anni prima in un dipinto di Petrus Christus e a breve riempirà tutti i quadri fiamminghi.

Continua l’esplorazione …
Tutto ciò ci aiuta a capire il panorama artistico che circonda e plasma Andrea Mantegna rendendolo artista unico e rivoluzionario.
Allora vi è piaciuto l’artista? scrivetemi le vostre impressioni nei commenti e leggete gli altri articoli dedicati ad Andrea Mantegna.
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C.C.
Fonti: Guardar lontano, veder vicino, Philippe Daverio, Rizzoli, Milano, 2014