
Il tema del ritratto è affrontato da Egon Schiele (1890-1918) attraverso l’esasperazione di alcuni motivi tipici dell’espressionismo.
L’angoscia esistenziale che pervade i dipinti del pittore viennese si manifesta nell’esibizione della poetica del brutto e del tragico, nel tema della mortificazione della carne della scarnificazione del corpo.
Studia all’Accademia di belle arti di Vienna (1906-909). Nel 1907 incontra Gustav Klimt, che all’inizio lo influenza profondamente. Fra i due artisti s’instaura comunque un rapporto di reciproca ammirazione. Shiele espone nel 1908 a Klosterneuburg, poi nel 1909 a Vienna. Opera nel 1911 a Krumau, in Baviera, poi a Neulengbach; nel 1912 si stabilisce a Vienna.
Disegnatore estremamente dotato, esegue la maggior parte della sua opera a matita, ad acquerello e a guazzo. È autore inizialmente di paesaggi e ritratti improntati ai modi dello Jugendstil, ma sin dal 1909 se ne affranca l’originalità. Schiele è ossessionato dal proprio volto (doppio e triplo autoritratto), e soprattutto dal corpo umano (doppio e triplo dei suoi modelli, spesso molto giovani), che rende con un tratto netto, nervoso, spezzato, delimitante superfici assottigliate e messo in risalto mediante colori stridenti.
L’accento è posto decisamente sulle zone sessuali, sui volti dalla maschera cadaverica, sulle dita stirate e divaricate, sulle posture degli amanti saldati l’uno all’altro da un ultimo spasimo. Nell’universo di Schiele amore e morte sono strettamente legati. Alcune pose complicate sono tratte dagli scultori (Minne, Rodin), alcuni temi da Munch e da van Gogh, ma l’impaginazione bidimensionale e il tratto nel contempo gracile e teso, hanno un’efficacia estremamente personale.
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Il suo erotismo sferzante e provocatorio, che trasuda una solitudine disperata, valse all’artista tre settimane di prigione (marzo-aprile 1912), sanzione che lo colpì profondamente. Sposatosi nel 1915, nel suo lavoro si avverte un riflesso di questa mutata situazione affettiva sotto forma di un erotismo più dolce. Incaricato per breve tempo della guardia dei prigionieri di guerra, poté continuare a dipingere nel suo studio viennese. La sua fama crebbe dal 1912 in poi. Le sue ultime opere si accostano a quelle di Klimt per il senso di un più ampio volume e il loro impegno verso una realtà meno tormentata.
L’epilogo della sua vita fu decisamente tragico. Morì vittima, come la moglie, dell’epidemia di spagnola che colpi l’Europa nel 1918.
Figura fondamentale dell’espressionismo austriaco, tra Klimt e Kokoschka, Schiele testimonia nella sua arte il passaggio dell’armonia di un’arte monumentale alle dissonanze d’una linea più espressiva. Profondamente distante dall’esasperato estetismo dello Jungendstil, la ricerca pittorica di Schiele si propone di scavare al di sotto della sfavillante apparenza della società viennese d’inizio secolo per svelarne le utopie e le ossessioni.
Personalmente lo adoro!!!
Continua l’esplorazione …
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C.C.
Fonti: Il ritratto, a cura di Stefano Zuffi, Electa, Milano, 2000