
Seconda parte della storia del mosaico!
Anche se non ebbe lo stesso tipo di sviluppo del mondo antico, molte testimonianze di mosaici sono documentate nel mondo cristiano sia ad Oriente che a Occidente. In particolare un tipo di tecnica definibile come intarsio marmoreo, venne usata sia a Bisanzio che nell’Occidente medievale.
Vanno ricordati a questo proposito i cosiddetti mosaici cosmateschi. Rivestimenti pavimentali e più raramente parietali composti di piccoli elementi in marmo e pietra dura ritagliati secondo forme geometriche e assemblati secondo composizioni a stella.
In Occidente oltre alle testimonianze di decorazioni pavimentali geometriche, sopravvivenze della tradizione sono documentate nell’Europa tra l’XI e XIII secolo. Oltre ai temi classici del periodo paleocristiano e bizantino, è documentata la presenza di temi profani. Ma anche soggetti riferibili alla geografia e cosmografia. Alla raffigurazione delle Arti liberali e dei Vizi e Virtù, con inserimenti di temi storici e leggende.
Durante l’epoca bizantina i colori raggiunsero un altissimo grado di elaborazione delle possibilità tonali. Si pensi ad esempio ai toni di blu usati nei mosaici di Santa Sofia a Costantinopoli o all’uso di tessere di colore misto. Alla produzione bizantina si ricollegano numerosi cicli medievali occidentali. Nell’Italia del sud, nella Sicilia normanna riferimenti bizantini si accompagnano a caratteristiche estranee allo stile greco-ortodosso. Ma ancora a Roma si formarono scuole di mosaicisti locali sotto l’influsso bizantino.
Botteghe miste in cui sono attive maestranze bizantine e occidentali caratterizzano le più antiche decorazioni a mosaico di Venezia. Città che dal IX al XII secolo va acquisendo una sua autonoma fisionomia politica. Lo vediamo bene nel progetto decorativo della chiesa di San Marco, durato fino al XIV secolo (4500 metri di mosaico). Qui l’iniziale incoerenza stilistica, in cui si fondono diversi influssi, porta a un’elaborazione locale nel 1200 inserendo richiami al linguaggio gotico occidentale.

Proprio tra il XII e XIV secolo sia a Roma che a Firenze si sviluppò una scuola autonoma di mosaicisti che partendo dagli esempi bizantini uniformò lo stile del mosaico alle nuove tendenze pittoriche. Alla fine del XIII secolo però il mosaico si arrese completamente al nuovo gusto del racconto affrescato ed alla spazialità gotica. La tradizione della decorazione a mosaico si prolunga nel XV secolo ed è legata agli interventi nei cantieri medievali di San Marco a Venezia. Più avanti a Firenze il recupero tecnico del mosaico fu motivato non solo dalla necessità di restauro degli antichi edifici fiorentini, ma s’inserì nel programma umanistico di recupero delle forme classiche. Lo vediamo già in Donatello che ebbe, stando al Vasari, una “rinascita” al tempo di Lorenzo de’ Medici.
Il revival appoggiato dagli ambienti umanistici, non da ultimo per la pretesa “fiorentinità” della tecnica, ebbe il suo momento di gloria non solo quale decorazione di strutture monumentali, ma anche come riproposizione di “quadri di musaicho”. Se alla fine del XV secolo l’episodio revivalistico sembra concludersi a Firenze, Roma e Venezia saranno i centri in cui la tecnica sopravvivrà. In particolare nei due cantieri del Vaticano e di San Marco. A Venezia la tradizione andrà avanti con i mosaici di San Marco per i quali fornirono i cartoni Tiziano, il Veronese, Tintoretto, Volto e Ricci. Artisti che poi si radicheranno a Roma intorno al cantiere di San Pietro.
A Roma l’utilizzo del mosaico andrà perdendo la sua autonomia espressiva a favore di una piatta imitazione della pittura fino a venir considerato una pittura fatta di pietra. In epoca tardo-manierista, collegato al revival paleocristiano nasce il centro di lavorazione del mosaico. Lo Studio Vaticano del mosaico attivo ancora oggi sotto l’impulso del progetto decorativo della basilica Vaticana. Come primo lavoro realizzò il parato musivo della cappella Gregoriana per il quale fornì i cartoni Girolamo Muziano (1578-1580).

L’attività dello Studio Vaticano nei secoli XVIII e XIX si assunse il compito di copiare in mosaico le tele delle cappelle della basilica. Tele soggette all’azione dell’umidità e al degrado. Proprio nel Settecento la sperimentazione del laboratorio diede vita a notevoli progressi tecnici. Progressi che furono applicati alla produzione di mosaico “in piccolo” secondo il gusto laico del neoclassicismo, trovando vasto spazio nel mercato richiesto dai viaggiatori stranieri. Nel XX secolo il mosaico è tornato in auge quale espressione plastica e decorativa, ritrovando un suo spazio nella decorazione architettonica.
Fin dai primi anni del secolo il pittore austriaco Gustav Klimt scelse questa tecnica per realizzare due grandi pitture murali nel palazzo Stoclet costruito a Bruxelles da Josef Hoffmann.Se il post ti è piaciuto metti un like alla pagina Facebook 👇👇😊
A Barcellona, Gaudì coprì di frammenti di ceramica costituiti da detriti di vario genere le strutture del parco Güel (1906-14). Gino Severini rispolverò la tecnica del mosaico a partire dai mosaici ravennati creando intorno a sé in Francia una scuola dalla quale si svilupperanno le realizzazioni dei pittori Chagall, Beaudin, Singer, Louttre, Irene Zack, Aurelia Val. Ancora in Italia negli anni Venti del XX secolo di pari passo con la riscoperta dell’affresco ed il recupero della tradizione, Sironi e Severini, in particolare, ne esaltarono le capacità tecniche.
L’attuale rinascita decorativa, evidente ed in atto, se non proclamata, dimostrerà che le possibilità del mosaico non sono esaurite. E non è affatto necessario che il mosaico ritrovi le patine d’oro, il glorioso mistico splendore dell’arte bizantina. Sarà sufficiente dare la dimostrazione di aver capita la grande lezione (Sironi).

Proprio in quegli anni la legge del 2 per cento (stanziamento particolare accordato ai lavori decorativi nelle opere d’edilizia pubblica), aprirà possibilità all’impiego monumentale del mosaico che nei risultati il più delle volte deludenti, sarà improntato ad un classicismo paludato, volgarizzazione dell’imperante retorica della romanità. Al mosaico si rivolsero anche artisti come Lucio Fontana, che, sulla scorta delle ricerche futuriste combinarono tecnica musiva e scultura.
Una tecnica che richiede maestria e pazienza
In Francia il mosaico conobbe un rinnovamento dopo la seconda guerra mondiale con la legge dell’1 per cento (simile negli intenti alla legge fascista degli anni Trenta). Vennero così realizzate le grandi pareti di F. Rieti dall’architetto Emile Aillaud, di Ubac (Facoltà di scienze di Orsay), di Bissière (Facoltà di lettere di Bordeaux-Pessac).
Una tecnica antica quindi, diffusa in molti paesi e che richiede progettazione, grande maestria e pazienza nel realizzarla. Una tecnica che sa stupire e affascinare ancora oggi.
C.C.