
Di Eugene Delacroix vi ho già parlato in passato, ma chiaramente, in un viaggio attraverso il Romanticismo non si può non ri-parlare di lui. Breve note biografiche per chi non lo conoscesse. Nato a Parigi nel 1798, dopo avere studiato musica, iniziò la sua formazione artistica direttamente nell’atelier di Guerin. Dal 1816 divenne allievo all’Ecole des Beaux-Arts, dove conobbe Theodore Gericault, più vecchio di sette anni, per il quale manifestò sempre una grande stima. Venne molto influenzato dallo studio di Goya e dalle opere del Veronese e di Rubens.
A causa delle critiche sempre più forti che caratterizzarono l’ultima parte della sua carriera, Delacroix si ritirò progressivamente a vita privata e morì in solitudine nel 1863.
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La barca di Dante
Il primo capolavoro dell’artista e opera fondamentale del Romanticismo la vedete qui, La barca di Dante, che presenta già delle innovazioni tecniche che caratterizzarono tutto il suo percorso. Le figure possenti, il cromatismo acceso e l’espressione di una profonda sofferenza interiore. Delacorix intendeva sicuramente colpire il pubblico della mostra del Salon parigino. Nei canoni imposti dall’Accademia, il grande formato della tela era destinato ai soggetti storici ma, in questo caso, il pittore si ispira alla Divina Commedia di Dante Alighieri.
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Il poeta, che indossa un abito bianco e verde e un cappuccio rosso, è in piedi, sul lato sinistro della barca che lo trasporta nel suo viaggio agli inferi. Si trova al quinto cerchio, dove sono puniti gli iracondi e gli accidiosi, e deve attraversare la palude dello Stige per raggiungere la città di Dite. La vista di tanti fiorentini immersi nella fetida palude scatena in lui una reazione di sgomento e compassione. Come per cercare riparo, Dante appoggia il braccio sinistro a Virgilio che gli fa da guida nel suo viaggio oltremondano.
Avvolto in un mantello marrone, la testa coronata da foglie d’alloro, Virgilio emana un senso di superiore serenità. La possente figura di schiena è Flegias. Lo sventolare del suo drappo blu nella tempesta e la torsione estrema dei corpi dei dannati esprimono una lotta animalesca, un senso di disperazione esistenziale. Sprazzi di luce creano contrasto e modellano duramente il profilo dei corpi. Sullo sfondo fumo e fiamme, provenienti dall’infernale città di Dite.
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C.C.