
Andiamo avanti con la nostra storia del nudo.
E lo facciamo parlando di una vera e propria svolta che verrà data da una nuova religione emergente che nel V secolo d.C. organizza un proprio repertorio iconografico: la religione cristiana. La memoria del canone greco è andata perduta e le rappresentazioni naturalistiche sono viste con sospetto, in quanto portatrici di inganno e tentazione. Ecco perché si torna a immagini schematiche, primitive, tendenti a diventare ripetitive e senza concedere nulla alla sensualità dello sguardo
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Tuttavia nelle storie di Adamo ed Eva, della passione di Cristo con la flagellazione, la crocifissione, la sepoltura, la pietà, e il giudizio finale come momento chiave della resurrezione dei corpi, tutte vedono nella loro rappresentazione l’utilizzo del nudo (anche se parzialmente censurato). È una nudità che rivela il peccato, la sregolatezza, la vergogna, la perdita, ma anche la pienezza della verità, la purezza. Ciò è vero non solo nell’Europa occidentale, ma anche nell’arte bizantina.


La tentazione di Eva della cattedrale di Saint-Lazare del 1130 circa ci rivela come ancora la scultura scava in un primitivismo visionario e schematico la propria logica del corpo umano, senza ancora che i modelli classici vengano in soccorso. Anzi, ritroviamo nel largo mosaico di Pantaleone per la cattedrale di Otranto il proliferare di un universo fantastico ed immaginario. Universo popolato da forme convenzionali, ma anche estremamente inventive, tipiche del mondo medievale. Anche nudità, ma evitando di rappresentare il sesso di Adamo ed Eva.

Verso la fine del periodo medioevale nudi femminili destinati ad essere attraenti danno un taglio nuovo alla creazione artistica, soprattutto nei manoscritti miniati destinati ad un pubblico privato e molto limitato.
All’inizio del XIV secolo, la lingua artistica che si comincia a parlare nelle arti è insieme quella dell’anatomia, dello studio del vivente. E quella di una conoscenza dell’arte antica che si vuole non più accessoria. In quegli anni Giovanni Pisano, nel pulpito del Duomo di Pisa, realizza un Ercole e una Fortezza che riportano di diritto il nudo classico nel territorio dell’arte sacra.

Nei commentari di Lorenzo Ghiberti si legge un racconto interessante relativo proprio a questi primi anni del XIV secolo, in cui viene narrato del ritrovamento di una statua a Siena, copia di Lisippo, e della meraviglia e interesse che ne scaturisce tra artisti ed esperti d’arte che porterà a collocarla in cima ad una fontana. Racconta anche che, a seguito di dubbi e paure sollevate dalla popolazione, si decise di riseppellirla.

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Ma mentre si rimetteva sotto terra un’opera dell’arte classica, tutta l’antichità ormai stava tornando alla luce. Le sue forme, e soprattutto il suo pensiero della forma.
Questo post fa parte di un percorso attraverso il nudo. Se ti interessa leggere altro segui l’etichetta #ilnudonellarte.
C.C.
Fonti: Storia generale del nudo, Flaminio Gualdoni, Skira, Milano, 2012