Un padre dell’arte contemporanea italiana, così si può ridurre all’essenza Giorgio Morandi (Bologna 1890-1964). Pittore e incisore, è diventato celebre per le sue nature morte con tazze, bottiglie e vasellame. La sua è una pittura calma e contemplativa, ricca di poesia. L’artista visse tutta la vita a Bologna, sua città natale. Già da piccolo espresse un forte interesse verso la pittura. Si iscrisse nel 1907 all’Accademia di belle arti della città e cominciò a dipingere paesaggi, anche se poi finì per specializzarsi quasi esclusivamente in nature morte. Il catalogo ufficiale di Morandi iniziò nel 1911 con un Paesaggio che sottolinea l’attenzione del pittore al semplificare, al cercare pochi elementi essenziali. Presto l’artista si impose una vita appartata, legata al piccolo atelier di via Fondazza a Bologna. La sua arte, calma e immobile, si distinse rispetto al clamore causato dai diversi movimenti artistici moderni a lui contemporanei.
Negli anni della formazione furono importanti per Morandi le letture di Ardengo Soffici, scrittore, saggista, poeta e pittore. Leggendo poi La Voce e Lacerba oltre che diverse riviste d’oltralpe, si convinse che la natura morta avesse grandi possibilità espressive. Orientò a questo genere il resto della sua attività di pittore, come, più tardi, di incisore. Ma quali sono le coordinate dell’artista? Inizialmente il nome di Morandi si legò alla pittura metafisica italiana, ma fu sempre riluttante ad abbandonare completamente il mondo del tangibile e del concreto. Il suo contributo alla corrente metafisica si limitò a qualche natura morta e già negli anni Venti il pittore abbandonò completamente questo movimento. Da questo momento in poi l’artista proseguì nella sua ricerca sulla natura stessa della pittura, libero da qualunque connessione con le avanguardie.

Per Morandi furono molti invece i legami con l’arte passata: il Seicento in particolare lo influenzò. Ma si lasciò guidare anche dall’arte di Cézanne, che stimava moltissimo, Derain e Rousseau il Doganiere. Lo stile di Morandi ha inoltre qualcosa di comune con il purismo, ma forse è più sottile e intimo. Le composizioni dell’artista si indirizzarono all’utilizzo di oggetti e ambienti di vita quotidiani. I suoi dipinti divennero tenui nature morte con scatole, frutta, pani e vetri, oltre a tovaglie e a qualche fiore, a far da protagonisti. L’aura quieta e intensa delle sue nature morte rappresenta una meditazione sulla natura stessa degli oggetti.

Il pittore gioca con la nitidezza e il contrasto delle forme e dei volumi, ma mai cedendo a far diventare astratte le sue figure. Morandi rifuggiva le etichette e anche per questo preferiva concentrarsi sulla forma dei soggetti ritratti. Per quanto riguarda la tecnica, non si applicò solo all’olio su tela. L’artista si interessò molto anche alla produzione di stampe a incisione, attività iniziata presto, ma che conobbe un’impennata a cavallo degli anni Trenta. A parte la qualità altissima di questo aspetto del suo lavoro i fogli mostrano anche il grande impegno di Morandi per il segno grafico.

Entrò in gioco ben presto anche l’acquerello, grazie al quale i limiti degli oggetti e quindi la loro scansione sul foglio si collocarono fra diverse emulsioni del colore diluito. Pur riducendo all’essenziale gli oggetti, Morandi non trascurò mai il soggetto. Soggetto volutamente portato a estrema semplicità e spoglia quotidianità, come realtà apparentemente anonima. Lo sottolineò fino all’estremo limite della rappresentazione. E la cosa fu ancora evidente a partire dal secondo dopoguerra quando la struttura della composizione, gli spazi diradati, fecero pensare a esempi dell’astrattismo europeo e a Mondrian in particolare. Ma, come abbiamo detto, Morandi non amava le etichette e quindi forse non avrebbe apprezzato un accostamento, un paragone che lo incasellassero da qualche parte. E possiamo dire che questa sua “volontà” lo premiò con il successo.

Giorgio Morandi godette infatti di un buon successo di critica e in vita collezionò diversi premi. Nel 1939 vinse il secondo premio di pittura alla Quadriennale di Roma. Nel 1948 invece si aggiudicò il primo premio alla Biennale di pittura. Dopo la seconda guerra mondiale le sue opere meritarono grande rispetto tra i gioviani artisti italiani. Ma nonostante questi riconoscimenti, l’artista fu sempre a disagio di fronte all’attenzione scaturita dalle sue opere. Non dovete pensare però che Morandi sia stato un eremita, attenzione! L’artista fu sempre in contatto con importanti rappresentanti della cultura italiana. Dai rapporti giovanili con intellettuali come Bacchelli, Raimondi, Carrà e Soffici, al legame con Longanesi. Fino agli scambi con storici del rango di Longhi, Brandi e Arcangeli.

L’essenza unica e peculiare della ricerca artistica di Morandi è tale da far sì che i suoi dipinti siano costantemente amati e apprezzati da pubblico e critica. Nel 1993, a trent’anni dalla sua morte, a Bologna è stato inaugurato il Museo Morandi, proprio dove c’era la casa atelier dell’artista. Oggi il museo contiene la più ricca collezione di opere di questo schivo, modesto e affascinante pittore. Infine ecco una sua citazione per salutarci. Qui Morandi parla di realtà e di astrattismo, due estremi fra i quali si collocano le sue delicate nature morte.
“Per me non vi è nulla di astratto: per altro ritengo che non vi sia nulla di più surreale, e di più astratto del reale”.
Scopri di più …
Questo post fa parte della rubrica #lopotevofareanchio, in cui se vuoi puoi esplorare l’arte contemporanea!
C.C.