
L‘ho promesso quando parlai del pointillisme, ed eccomi qui a spiegarvi un movimento analogo che si sviluppò in Italia.
Il divisionismo è stato forse uno dei periodi più prolifici dell’arte italiana negli ultimi secoli. Si sviluppò a partire dall’ultimo decennio del XIX secolo, prendendo parzialmente lo spunto tecnico dal pointillisme (puntinismo), che si stava affermando in Francia. A differenza dei francesi, provenienti da esperienze impressioniste che insistevano soprattutto sul carattere scientifico, i divisionisti italiani affrontarono il tema della creatività artistica.

Il divisionismo si concentrò sul potere suggestivo dell’immaginazione e sull’immagine che ne risultava, a cui la tecnica artistica di questo movimento offrì, grazie a pennellate di colore puro, filamentoso e vibrante, uno strumento per aumentare le atmosfere simboliche e oniriche. Da un punto di vista dei contenuti si ispirò principalmente alla corrente della Scapigliatura Lombarda e al Decadentismo. Infatti se è vero che si diffuse in tutta la penisola, è altrettanto vero che ebbe centro particolarmente vivace a Milano.
Al 1891 risale la data di nascita ufficiale del movimento, quando alla Triennale di Brera furono esposte alcune opere (tra cui Maternità di Previati), che mostrarono al pubblico i termini della nuova ricerca. Il gruppo di pittori legati da comune interesse per le leggi scientifiche relative alla luce e al colore partì dall’analisi delle teorie sulla percezione ottica elaborate da H. Helmholtz, M.-E. Chevreul, Th. Rood, in sintonia con quanto stava avvenendo in Francia nel gruppo di pittori puntinisti.
Oltre a Previati vanno ricordati nel gruppo milanese Ranzoni, Cremona, Segantini, Pellizza da Volpedo, Grubicy.
Victor Grubicy de Dragon fu il teorico e il principale animatore del gruppo, pittore esperto dei circoli artistici e dei musei di molti paesi d’Europa. Nell’idea di Grubicy c’era il desiderio di fondere la tecnica moderna basata sulle leggi della scomposizione del colore con la pittura lombarda dell’Ottocento.

Fra i testi teorici del gruppo fu molto importante quello scritto da Previati Principî scientifici del divisionismo (Milano 1906), nel quale si definì il procedimento pittorico del divisionismo, che “riproduce le addizioni di luce mediante una separazione metodicamente minuta delle tinte complementari”. Non fu estranea al gruppo anche l’attenzione a temi di carattere sociale: Morbelli e Pellizza da Volpedo parteciparono sì al movimento divisionista ma con un’adesione essenzialmente volta ai risultati estetici piuttosto che alla poetica.

Il divisionismo italiano ebbe molti centri. Milano fu certo il luogo di maggior fermento, ma anche la Liguria, con artisti come P. Nomellini, R. Merello, G. Barabino, G. Cominetti, si ebbe un vivace clima di sperimentazione formale. In Piemonte, C. Fornara fu sensibile alle proposte che provenivano dalla Lombardia. A Roma il movimento ebbe un certo peso e vasti consensi e con G. Balla confluì in uno dei maggiori movimenti d’avanguardia italiani, il futurismo. Boccioni, Severini, Russolo e perfino Carrà, infatti, adottarono la tecnica, e in parte anche un certo gusto simbolista, che aveva caratterizzato il divisionismo in Italia.

Una spinta verso il moderno
Una delle cose che amo di più di questo movimento è l’utilizzo della pennellata. Nel divisionismo la pennellata diventa direzionale, spesso si avvolge su sé stessa in un filamento, che segue le forme. La pennellata si traduce in una trama di luce-colore, una trama spesso circolare, a spirale, a sezione di cerchio. I colori sono ottenuti attraverso l’applicazione sulla tela di piccoli tocchi di colore puro, non mescolato, in modo tale che lo spettatore debba stare a una certa distanza per vederli interagire. In questo modo acquistano maggiore brillantezza e luminosità. La luce dei divisionisti è una spinta verso il moderno ed è vita.
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C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui