
Il termine miniatura indica in primo luogo la decorazione dei codici manoscritti. Ma viene anche impiegato in diverso senso. Se la miniatura infatti è il risultato del lavoro del miniator (pittore incaricato di decorare in rosso minio le lettere iniziali e i passi importanti di un testo), essa è passata anche a indicare una pittura di dimensioni molto ridotte. La parola deriva dal latino minium, “minio”, il colore rosso che nei primi tempi era tipico dell’iniziale ingrandita e ornata utilizzate per sottolineare gli “a capo” nei manoscritti. La decorazione dei manoscritti può rientrare in diverse tipologie di solito associate e mescolate, classificabili in tre principali categorie. Le decorazioni puramente ornamentali, le scene con figure, e le iniziali.
Le tre categorie
Le composizioni ornamentali, che i manoscritti bizantini e orientali hanno saputo sfruttare, comprendono le cornici, i cartocci, i frontespizi, la decorazione dei colofon e le decorazioni dei margini. Ne fanno anche parte le decorazioni marginali dette “à drôleries” dei manoscritti gotici. Nonché le “pagine-tappeto”, quelle pagine intere invase da intrecci e figure geometriche.
Le scene con figure, che normalmente illustrano il testo che accompagnano, possono avere dimensioni varie. Alcune possono ridursi a una vignetta a fianco delle lettere maiuscole con la quale ha inizio il paragrafo. Altre, associate in scenette giustapposte o sovrapposte, formano una colonnina che occupa il margine. Altre ancora coprono tutta la superficie del “foglio”. In ogni caso non sempre le delimita una cornice.
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Le iniziali del testo sono rubricate (vale a dire marcate di rosso), ornate con colori vivi. Dipinte o solamente arricchite da un motivo molto semplice. Nelle lettere ornate, più elaborate, la struttura della maiuscola incornicia o sostiene elementi ornamentali. Ovvero motivi geometrici, intrecci, fogliami, animali o personaggi. In certi casi il tracciato della lettera scompare e il suo profilo viene indicato soltanto dalla decorazione, dalle contorsioni degli animali e dei personaggi o dalle loro lotte furibonde. Iniziali e lettere ornate più o meno complesse costituiscono la decorazione per eccellenza dei manoscritti.
Tecniche
II supporto della miniatura è quello del testo. Papiro, carta o pergamena più o meno fine. Il pittore collocava la decorazione negli spazi riservati dal copista, colui che scriveva. Talvolta seguendo le istruzioni del capo del laboratorio o del maestro d’opera. La collocazione poteva risultare facilitata per l’adozione di semplici schemi geometrici. Era possibile anche un primo abbozzo, un primo disegno. Alcuni miniatori ricorrevano a un procedimento analogo allo spolvero degli affreschi per riprodurre i propri modelli.
La Schedula diversarum artium del monaco Theophilus ci ha tramandato le ricette impiegate dai miniatori medievali per la preparazione di inchiostri e colori e per la loro posa. Le lumeggiature in oro e argento esigevano grande accuratezza. L’oro (o lo stagno colorato con lo zafferano) oppure l’argento, in polvere, mescolati a colla, venivano stesi sulla pergamena. Questa era ricoperta da una preparazione ottenuta con un miscuglio di vermiglio, cinabro e chiara d’uovo. Utilizzati nelle opere di lusso, queste lumeggiature rimasero fino all’XI secolo, negli scriptoria romanici francesi. Ma i fondi d’oro, ornati di motivi dipinti a penna, sono frequenti nei manoscritti gotici.
Le pitture opache sono state applicate su pergamena nella maggior parte dei casi. Tuttavia il fatto di utilizzare una preparazione consentiva di ottenere colori più ricchi, delicati e profondi. Ma, poiché la preparazione tendeva a squamarsi, queste miniature sono di difficile conservazione. Da sottolineare però che ricchezza dei materiali non va sempre di pari passo con la bellezza di un manoscritto. Un certo numero di codices, come il celebre salterio di Utrecht, sono ornati soltanto da disegni a inchiostro scuro.

I miniatori inglesi del X e dell’XI secolo praticarono con virtuosismo l’arte del disegno a penna. Altrove il disegno a penna era solo ornato con tocchi di colori traslucidi, in una gamma molto ristretta. Di fatto, la finezza della pergamena, la composizione e la calligrafia del testo, la distribuzione degli elementi decorativi e la loro integrazione nella pagina svolgono un ruolo importante nell’aspetto di un manoscritto. E costituiscono altrettanti criteri di qualità e di raffinatezza.
La storia, i primi passi della miniatura
Primi esempi di illustrazioni di testi che potremmo chiamare miniature compaiono nel II millennio a. C. in testi religiosi egizi, nei Libri dei Morti, scritti su rotuli di papiro. Questa pratica si diffonde poi in Medio Oriente dove miniature vengono eseguite anche su rotuli di cotone. Solo con la civiltà greca, a partire dal IV secolo a.C., entra nell’uso la pergamena, ricavata dalla pelle di pecora. Vengono illustrati testi letterari e scientifici, dei quali ci sono giunti soltanto rarissimi frammenti.

Nel II secolo la trasformazione del rotulo in codex (ovvero in libro formato da fogli separati legati insieme) e l’impiego della pergamena o cartapecora, porta a una vera rivoluzione della miniatura. Al continuum del rotulo si oppone la rigida e ritmata configurazione delle pagine che si regge su un equilibrio molto più stretto tra testo e immagine. La progressiva cristianizzazione dell’Occidente, a partire del IV secolo, portò anche a una fondamentale virata iconografica. Le storie bibliche diventano protagoniste indiscusse di un’alta percentuale di codici che diffondono dovunque le Sacre Scritture. L’esecuzione delle scene miniate segue da vicino, in questa fase, lo stile della pittura. Tra i testi liturgici e sacri appartenenti al VI secolo va menzionato l’Evangeliario Greco, in pergamena purpurea, della cattedrale di Rossano Calabro. Si tratta di uno dei più importanti monumenti della miniatura cristiana orientale.
In seguito le vicende iconoclaste dell’VIII e IX secolo hanno reso molto rare le testimonianze di miniature. Mentre dalla metà del IX secolo i codici pervenutici rendono possibile seguire l’evoluzione della miniatura bizantina, ben rappresentati per numero e qualità. Ma conosceranno una fatale battuta d’arresto con la presa di Costantinopoli nel 1204. In molte aree che politicamente e culturalmente appartenevano all’ambito di Bisanzio, dalla Siria all’Egitto, all’Armenia, alla Georgia si ebbe d’altra parte un’importante produzione di manoscritti miniati.

I centri monastici
Un altro elemento essenziale per comprendere le modalità di organizzazione e diffusione delle miniature medievali in occidente è, dal VI secolo, l’accentramento della produzione negli scriptoria allestiti nei centri monastici. Questi andavano diffondendosi in ogni parte d’Europa. La cristianizzazione dell’Irlanda prima, e dell’Inghilterra poi, portò all’affermarsi di una scuola di miniatura anglo-irlandese. Unici centri alternativi agli scriptoria monastici furono le officine di corte carolinge.
Sorte per volontà di Carlo Magno attorno alle più importanti residenze imperiali. O nei monasteri protetti dall’imperatore. Il sovrano, suo figlio Ludovico il Pio e il nipote Carlo il Calvo incoraggiarono la copia di codici tardo-antichi e furono committenti di opere straordinarie. I centri maggiori di produzione erano localizzati alla Reichenau, sul lago di Costanza, a Fulda, Treviri e, più tardi, anche Echternach e Ratisbona. Di estrema importanza in questo periodo è anche la produzione di codici miniati nella Spagna.

Inghilterra, Francia e Italia verso il X secolo
Contemporaneamente (metà X secolo) in Inghilterra si assiste alla ripresa dell’attività degli scriptoria di Canterbury e Winchester, nel sud dell’isola. Lo stile delle miniature di questa scuola è caratterizzato da panneggi fortemente mossi e da decorazioni ricorrenti, o da figurazioni create mediante la semplice linea di contorno. Nell’Italia altomedievale i centri nei quali vengono prodotti i più importanti libri illustrati sono, accanto a Roma gli scriptoria dei grandi monasteri benedettini e quelli delle grandi sedi vescovili come Milano, Vercelli, Ivrea, Verona, Padova ecc. A Verona il codice di Egino è opera di grandissima importanza e complessità.
Il prestigio della miniatura lombarda in quest’epoca è testimoniato dall’attività del miniatore Nivardus chiamato a lavorare dall’abate Gauzlinus all’abbazia di Fleury sulla Loira. Al Nord tra i monasteri più antichi furono quelli di Bobbio, fondato nel 612 da san Colombano, e quello di Nonantola, fondato nel 756 da Anselmo duca del Friuli fattosi monaco e molto attivo nel campo della produzione libraria. Tra XI e XIII secolo si moltiplicarono gli sforzi per una diffusione sempre più capillare dei codici e per un rinfoltimento delle biblioteche conventuali.

Nella Francia settentrionale e nelle regioni fiamminghe si opera in questi secoli a una fusione di tutti gli elementi stilistici fino ad allora vincenti. Stilemi carolingio-ottomani e bizantini vengono mescolati con originalità, dando vita a un nuovo linguaggio pittorico. Alle iniziali decorate con motivi fogliati o con girali astratti si contrappongono sempre più frequentemente scene figurate, che richiamano le contemporanee impaginazioni scultoree dei capitelli. Si assiste quindi alla compressione, in uno spazio ristretto, di episodi fortemente significativi. Per i motivi ornamentali si avrà invece l’introduzione di figurette fantastiche, di mostri antropomorfi ecc. che si snodano lungo i margini delle pagine.
Miniature in Italia tra X e XIII secolo
Tornando alla nostra penisola, un tipo di manoscritto miniato molto caratteristico dell’Italia meridionale tra X e XIII secolo è quello dell’Exultet. Questo utilizza l’antica forma del rotulo generalmente abbandonata nella produzione libraria a vantaggio di quella del codice. Rimangono oggi circa una quarantina di esemplari di questi testi liturgici illustrati con miniature disposte inversamente al senso delle scritte. Questo per essere mostrate al pubblico dei fedeli, quando i celebranti leggevano i testi e svolgevano i rotuli nelle cerimonie del Sabato Santo. Tra i grandi centri della produzione libraria in età romanica Polirone (fondata nel 1007) e l’antica abbazia di Nonantola ebbero un ruolo importante nella produzione di manoscritti liturgici miniati per la contessa Matilde di Toscana e per l’ambiente ecclesiastico che promuoveva e appoggiava la Riforma.
San Salvatore all’Amiata, i monasteri di Roma e dintorni, l’abbazia imperiale di Farfa nella Sabina, Subiaco e soprattutto Montecassino in cui la produzione artistica e lo scriptorium furono rinnovati dall’abate Desiderio (1058-87). Sotto di lui e sotto il suo successore Oderisio furono prodotti alcuni codici e rotuli miniati di straordinaria bellezza e importanza. A Roma sulla fine del XI secolo si produssero le prime grandi Bibbie, chiamate atlantiche per il loro formato, esse verranno prodotte in seguito in scriptoria di Firenze, di Lucca e dell’Umbria. La “regionalizzazione” dello stile della miniatura si fa adesso carattere distintivo, tanto che ogni centro di produzione svilupperà, all’interno di coordinate comuni, un proprio linguaggio espressivo.

La miniatura in Francia e Inghilterra tra X e XIII secolo
Verso la metà del XIII secolo Parigi è un centro attivissimo della pittura gotica, i maggiori artisti lavorano per la corte di san Luigi. È questo il momento di grandi capolavori della miniatura come l’Evangeliario della Sainte-Chapelle e il Salterio di san Luigi. In Inghilterra si può definire gotico il linguaggio delle bellissime miniature del salterio di Robert de Lindesey, abate di Peterborough tra il 1214 e il 1222. E tipicamente gotiche sono le rappresentazioni di animali intenti alle più diverse attività, che s’incontrano nelle illustrazioni di salteri dipinti nei primi del Duecento. Improntata al nuovo stile è l’opera del miniatore William de Brailes la cui firma compare tre volte in manoscritti illustrati nel terzo e nel quarto decennio del secolo. Un’altra personalità della pittura gotica inglese di cui conosciamo il nome è Mathew Paris, monaco, storiografo, scriba e miniatore che diresse lo scriptorium dell’abbazia di Saint Albans.

Lo stile gotico tra conferme e resistenze
Lo stile gotico dà corpo, colori e sfumature a nuove esigenze, privilegiando una linea flessuosa e agile. Un preziosismo unito all’eleganza compositiva e gestuale e alla resa sempre più espressiva e variegata degli “affetti” che muovono le figure. Ma se Francia, Fiandre e Inghilterra adottarono velocemente il nuovo stile, Germania, Italia e Spagna cedettero lentamente. In Italia primo centro aperto al gotico è Bologna, con il suo celebre Studium. Qui affluisce un gran numero di testi giuridici, miniati con uno stile vivace, di gusto perfino popolaresco.
Miniatore tra i più celebrati fu Oderisi da Gubbio, che operò appunto a Bologna, tra 1269 e 1271, seguito agli inizi del Trecento da Franco Bolognese. Uno degli esempi più illustri del nuovo stile in pittura è costituito dalle miniature che illustrano un esemplare, eseguito attorno al 1260-65, del trattatello De arte Venandi cum avibus composto da Federico II, re di Sicilia. Qui si rivela un’eccezionale attenzione naturalistica che comporta nuove formule di rappresentazione degli uccelli e degli animali.
Ma anche in periodo gotico è Parigi il vero centro della miniatura. Qui la crescita intellettuale della Sorbona, la fioritura delle letterature a tema cavalleresco-cortese e il costituirsi di botteghe di editori hanno conseguenze significative. Si passa ad esempio a formati di codici molto più maneggevoli, adatti ad una lettura “domestica”, privata. Caratteri spiccati di preziosità assecondano le esigenze dei nuovi committenti. Si abbandonano le Bibbie monumentali a favore di libri d’ore e salterii. Sul finire del Duecento la fisionomia della pittura gotica nell’area franco-inglese andava cambiando. Caratterizzano questo mutamento una maggiore attenzione naturalistica, la ricerca espressiva e i tentativi di chiaroscuro. Il moltiplicarsi delle drôleries, ovvero scenette vivacemente animate che decorano i margini dei manoscritti. Qui elementi grotteschi e fantastici si fondono con acutissime osservazioni, specie nel campo della raffigurazione di animali.

Dopo il XIII secolo tra Francia e Italia
Attivo alla fine del Duecento è Maître Honoré, figura centrale della storia della miniatura francese. In lui troviamo espressività e ricerca di una resa più efficace della volumetria delle figure attraverso l’impiego delle ombre. Tutti elementi raccolti da Jean Pucelle. Lui vi affianca la conoscenza della nuova spazialità elaborata dai pittori toscani. Pucelle generalizza inoltre l’uso delle drôleries nei margini della pagina e l’uso della grisaille. Tutto per attenuare il passaggio tra bidimensionalità della pagina e tridimensionalità dello spazio figurato. Siamo ormai in pieno Trecento e gli attivissimi atelier parigini creano una ricca serie di codici miniati dove preziosità materica e decorativa, si fondono con i caratteri naturalistici e con un uso della luce.
Il Maestro di Jean de Sy, autore della Bibbia di Jean de Sy, Jean Bondol e infine Jacquemart de Hesdin, al servizio del duca di Berry dal 1404 al 1409 sono gli esponenti di spicco di questa stagione. Nell’Italia del Trecento l’illustrazione del libro fu praticata in numerosi centri. Da Bologna a Padova, a Rimini, a Venezia, al Friuli, a Milano. Da Siena a Firenze, a Pisa, a Perugia, all’Abruzzo, a Roma. Ma anche da Napoli alla Sicilia. La grande varietà delle tradizioni e delle esperienze fa sì che il paesaggio sia estremamente variato. Come variata fu la committenza e diverse furono le occasioni che portarono alla produzione di libri illustrati. Dalla presenza di importanti università, come quella di Bologna. Alle richieste dei grandi comuni, di importanti corti, di vescovi e capitoli.
Numerosi scriptoria laici sono impegnati soprattutto nella produzione e nell’illustrazione di testi giuridici in un’attività che domanda un’elevata specializzazione. Tra i miniatori troviamo anche i nomi dei più significativi pittori del secolo. A Siena ad esempio miniarono Duccio, Memmo di Filippuccio, Ambrogio e Pietro Lorenzetti. Lo stesso Simone Martini miniò per il Petrarca lo splendido frontespizio di un Virgilio. Un autentico genio della miniatura, pittore di tavole, fu l’anonimo Maestro del Codice di San Giorgio d’origine fiorentina. Maestro che lavorò per il cardinal Stefaneschi e dovette già verso il 1320 stabilirsi ad Avignone. La miniatura francese invece trova in Jean Fouquet la personalità in grado di operare un nuovo accordo con le scuole italiane del rinascimento.

Il rinaascimento e il declino della miniatura
In Italia nel frattempo giunse il momento di fondazione del nuovo verbo rinascimentale, alle soglie del XV secolo. L’introduzione della nuova calligrafia umanistica, o di speciali motivi decorativi, raggiunge presto le più diverse aree, dando vita a scuole regionali. A Firenze Zanobi Strozzi, il collaboratore e seguace di Beato Angelico, opera nella cosiddetta scuola di Santa Maria degli Angeli. Altro centro importante è Ferrara, regno degli Estensi. Specie sotto Borso d’Este (1450-71) al quale si deve la Bibbia detta appunto di Borso, tra i capolavori della scuola ferrarese e opera di collaborazione di vari miniaturisti con a capo Taddeo Crivelli. L’influsso di Mantegna e della corrente “antiquaria” si percepisce soprattutto nei centri di Padova e Venezia, che sviluppano uno stile di largo successo.
Il periodo rinascimentale, splendido d’opere e risultati, segna però anche l’inizio del declino della miniatura vera e propria. L’illustrazione dei libri tende a farsi commento del testo e non ad intrecciarsi con le sue lettere e i suoi significati. La frattura tra testo e immagine avvicina sempre più la pagina miniata a una tavola dipinta. La rivoluzionaria invenzione della stampa, introdotta dalla Germania in tutta la penisola, radicalizza questi problemi. Tuttavia si avranno ancora libri a stampa decorati con miniature. E la storia della miniatura conoscerà ancora nel XVI secolo un episodio capitale come quello di Giulio Clovio (uno dei più importanti miniaturisti del Rinascimento italiano).
Durante il XV e il XVI secolo ornamenti in miniatura furono spesso aggiunti a libri stampati. Però le miniature saranno progressivamente sostituite dalle più funzionali incisioni in legno, che segneranno così la fine dell’arte della miniatura nell’Occidente. Oggi con le tecniche moderne di stampa, alcune case editrici sono impegnate nella riproduzione fedele di importanti miniature del passato. Riproduzioni che diventano così oggetto prezioso da collezione. Al di là di questo aspetto oggi la miniatura non viene più prodotta e quello che forse le si avvicina di più sono i libri illustrati. Un’altra storia, fatta di artisti e tecniche che forse esploreremo prima o poi.
Continua l’esplorazione
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Il libro d’Ore Torriani
Il Lezionario Farnese
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C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui