Il pastello, piccola guida per capire cos’è

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pastello

Oggi vi parlo del pastello, una tecnica di disegno che conobbe grande fortuna nella storia dell’arte, fino ad arrivare ai giorni nostri. Tecnica grafica e pittorica, eseguita solitamente su carta colorata, mediante l’uso di bastoncini generalmente cilindrici. Questi sono fabbricati con pigmenti di colore in polvere allo stato puro, impastati con un agglutinante leggero e lasciati asciugare. La maggiore o minore adesione al supporto è favorita dalla quantità di legante utilizzata. Fra i diversi tipi di legante sperimentati nel corso dei secoli, i più usati furono la gomma arabica, decozioni di orzo o di lino, sapone di Marsiglia, colle animali e colla arabica.

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A seconda della quantità di legante in essi contenuti, i pastelli possono dividersi in teneri, semiteneri e duri. Particolarmente apprezzati sono i teneri, per la facilità con cui si possono ottenere, in fase di lavorazione, particolari fusioni di colori diversi. Le gradazioni di uno stesso colore (possono essere più di quindici o venti) si ottengono aggiungendo al pigmento di base argilla bianca o nerofumo. Al pastello classico più comune si affiancano quelli a cera e a olio, che hanno però un impiego tecnicamente diverso e sono stati usati prevalentemente nel periodo contemporaneo.

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Per facilitare l’adesione del colore al supporto, la carta o il cartone generalmente incollati sulla tela, devono presentare una superficie ruvida o porosa. Oppure devono essere precedentemente preparati con collanti ricchi di argilla, vetro in polvere o pietra pomice. A questo scopo, dal Settecento si usò una speciale preparazione a base di scarti della lavorazione di lane e velluti. Ogni epoca e ogni artista ha segnato una variante a questi procedimenti di base. La pittura a pastello è una tecnica di particolare delicatezza che richiede perizia da parte dell’esecutore, unita a una grande sensibilità. Perché gran parte della realizzazione poggia sull’uso dei polpastrelli delle dita che consentono la ricerca di particolari sfumature.

La fortuna che questa tecnica registrò nell’esecuzione di ritratti a partire dal Cinquecento e che toccò il suo vertice nel Settecento, è dovuta al materiale con il quale i colori sono costruiti. Morbidi, opachi e friabili, i pastelli ricreano facilmente la trasparenza e la morbidezza della pelle. Il pastello non copre il disegno sottostante come un qualsiasi colore, ma la sua stesura a corpo dipende dall’abilità del pittore che, soprattutto in passato, poteva fissare sulla carta i principali tratti di un viso con poche tracce di colore.

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Hans Holbein il Giovane, disegno preparatorio per il ritratto di Sir Richard Southwell

Le tonalità di fondo generalmente omogenee venivano stese con colori a tempera. Una delle più usate era una gradazione di azzurro più o meno intensa, oppure grigio o giallo ocra. La scelta era relativa al soggetto da dipingere, allo stile o al tratto del pittore. Solitamente l’effetto ricercato era il contrasto: colori chiari su fondo scuro e viceversa.

Argomento ancora oggi piuttosto controverso è quello della conservazione dei pastelli ultimati. Il fissaggio dei colori tramite sostanze protettive è sconsigliato. I fissativi modificano in modo irreversibile le tonalità e le peculiarità del colore. Questo problema fa sì che il sistema più efficace, nel caso si debba esporre il pastello in posa verticale, sia quello di porre il disegno in cornice scostandolo dal vetro. Questo per far si che gli strati superficiali non siano a contatto del supporto. Anche se con il tempo alcune cadute di colore sono inevitabili. Ciò obbliga il conservatore a imporre un’esposizione dei pastelli solo per brevi periodi.

Ora vediamo un po’ di storia

La prima documentazione sull’uso del pastello in modo continuativo risale al Rinascimento, quando era pratica comune fra gli artisti lumeggiare i disegni, oltre che con la biacca, anche con il gesso. Quest’ultimo, di origine naturale, veniva sgrossato e ridotto in formati maneggevoli. Tale uso si allargò presto anche ad altri materiali, quali la calcite (bianco), il carboncino (nero), l’ematite (matita rossa), l’argilla da mattoni (ocra o grigio). Anche in disegni preparatori per la successiva stesura pittorica possiamo trovare annotazioni sui colori da impegnare in quest’ultima. La tecnica adottata è spesso la matita colorata, simile al pastello, ma la cui origine può esser sia naturale che artificiale.

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Leonardo da Vinci, autoritratto

Strutturalmente più dura a causa della presenza di agglutinanti più forti (come la cera), consente a volte di ottenere effetti più precisi nel dettaglio. Leonardo da Vinci, in una nota del Codice Atlantico, scrisse di aver appreso la tecnica del pastello dal pittore francese Jean Perréal durante la sua permanenza a Milano nel 1499. Michelangelo usava il carboncino nero o la matita, Fra Bartolomeo il gesso bianco. Ma può dirsi che per tutto il Cinquecento l’uso del pastello rimase un’attività prevalentemente nordica. Pittori come Hans Holbein o Hendrick Goltzius impiegarono per i loro disegni preparatori tre o quattro tonalità cromatiche di pastello.

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Michelangelo Buonarroti, studi per la testa della Leda

Uno dei campi di applicazione maggiore di questa tecnica, soprattutto in area francese, e ancor più parigina, fu, già alla prima metà del Cinquecento, il ritratto. Il pittore fiammingo Jean Clouet ne fu insieme il maggiore esponente e innovatore. Propose ritratti disegnati a pastello su carta come vera e propria opera d’arte finita. In questo modo dette vita a una moda che durò per i secoli successivi, divenendo un genere a sé stante, richiestissimo e apprezzato. Questi disegni potevano impiegare il pastello soltanto con un ruolo di contorno e contrasto. Nella maggior parte dei casi però i toni morbidi e la piacevolezza dei suoi colori, apprezzati dalla clientela sempre più vasta che li richiedeva, spinsero gli artisti francesi a un uso costante del pastello per i ritratti.

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Jean Clouet, ritratto di donna

In Italia invece, rimarranno diffuse le tecniche consolidate da una lunga tradizione, come la matita rossa (detta successivamente anche sanguigna), carbone e gesso bianco, lasciando la pittura a pastello ancora alla fase embrionale di semplice comprimarietà. Soltanto tra fine Cinque e primi del Seicento comparvero con una certa frequenza disegni in cui l’uso del pastello divenne predominante per evidenziare e trattare il modellato delle figure: artisti come Barocci, i Carracci e Sebastiano Mazzoni alimentarono e rielaborano, la tradizione nordica che intanto, per la necessità di ampliare la gamma dei colori e di disporre di un materiale meno friabile, mise a punto nel corso del XVII secolo le prime ricette per la fabbricazione dei gessetti colorati.

Il Settecento costituisce il periodo di massima diffusione e sperimentazione tecnica del pastello. Tale tecnica continuerà a esser legata in massima parte al ritratto, confermando come centro di irradiamento Parigi e la Francia in genere, ma anche l’Italia: Rosalba Carriera venne designata come ambasciatrice del ritratto a pastello presso le principali capitali europee dopo averne appreso i segreti dall’inglese Kristin Cole. Nanteuil e Vivien a Parigi saranno i massimi specialisti insieme a Vouet, Le Brun e Mellan, anticipatori a loro volta dei pastelli di M. Q. de la Tour, Perroneau, Labille Guiard.

In questo periodo si moltiplicarono le pubblicazioni, spesso compilate dagli stessi pittori, come il Traité des principes et des règles de la peinture di Liotard (1781), contenenti appositi capitoli dedicati al pastello. Proprio la produzione a pastello di Liotard dimostra a quali vertici possa arrivare un artista che sappia sfruttare appieno le potenzialità espressive di questo mezzo apparentemente così modesto; o nelle varie nature morte, dove i timbri metallici di alcuni colori preludono ad esperienze pittoriche che saranno affrontate in epoche successive.

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Rosalba Carriera, ritratto di ragazzo

Chardin usò il pastello solo in età avanzata, consegnandoci ritratti e autoritratti di disincantata freschezza, come corollari della sua più celebre produzione di nature morte a olio su tela: un dato indicativo di come la diffusione del pastello avesse raggiunto molti pittori che vi si dedicarono anche solo marginalmente, usando i gessetti per liberare il tratto disegnativo e sperimentare soluzioni più sciolte e libere.

Con la fine del secolo e l’inizio dell’Ottocento il pastello si orienterà maggiormente verso iconografie di genere assumendo caratteristiche sempre più artigianali, come nei ritratti, spesso stereotipati, di donne e bambini. La fioritura di quest’ultimo genere di pittura nel secolo scorso è anche legata all’inizio della produzione industriale dei colori, distribuiti in gamme di tonalità molto vaste.

Simeon Chardin, autoritratto
Simeon Chardin, autoritratto

Il periodo neoimpressionista registrò un nuovo interesse per il pastello. Edgar Degas, che pure lo alternava con altre tecniche, è giudicato uno dei suoi massimi diffusori. Celebri sono i suoi studi sulla danza e le corse di cavalli, dove risaltano la perizia di esecuzione e la cura nella stesura dei colori. Generalmente l’attività grafica francese dell’Ottocento si situa come continuazione stilistica del Settecento, conservando un bagaglio tecnico tradizionale che pone la Francia in una posizione isolata rispetto ad altri paesi nei quali la diversificazione e l’innovazione delle tecniche consente usi più disinvolti. In Inghilterra, ad esempio, pittori come Turner e Constable assemblarono il pastello con altre tecniche loro più congeniali, come l’acquerello e la tempera.

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Edgar Degas, ballerina con mazzo di fiori

Oltre al citato Degas, ricordiamo anche Jules Dupré (1811-89) per l’incontestabile eleganza dei paesaggi, spesso di dichiarata origine inglese. Renoir, Eugène Bodin, Jean Baptiste Caupeaux, Odilon Redon, Manet, Monet, Gauguin, Toulouse-Lautrec furono alcuni fra i molti che si servirono dei pastelli colorati per le loro esecuzioni. Spesso questi artisti usarono il pastello in modo personalissimo, ma in grado di esaltare quei principi che sono classici dell’impressionismo e del postimpressionismo.

La capacità di rinnovarsi e di far valere quelli che sono i valori di una tendenza è visibile nella produzione italiana dei macchiaioli. In loro il colore, molto spesso usato puro, conferisce alle opere una grande lucentezza. È il caso di alcuni dipinti di Fattori, Zandomeneghi e Telemaco Signorini. La pittura a pastello però perderà sullo scorcio del secolo la sua impostazione professionale per divenire sempre più annotazione. Un esperimento e fenomeno saltuario o isolato nel curriculum artistico di un pittore.

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Pablo Picasso, disegno preparatorio per le Demoiselle d’Avignon

Dagli artisti del Novecento il pastello venne impiegato come mezzo espressivo, carico di forza e di incisività. Allontanati i canoni formali tipici delle epoche precedenti, le scelte si articolarono su immagini immediate. Immagini che riacquistarono il valore e la freschezza di parte dei disegni rinascimentali. I materiali si fondono e spesso danno luogo ai risultati più interessanti. Il pastello abbandonò il ruolo primario divenendo tecnica di ricalco e mezzo di lucente linearità. Così gli studi di Pablo Picasso per il quadro Les demoiselles d’Avignon o per il Ritratto di Olga, eseguiti a matita e pastello, suggeriscono veloci annotazioni di colore. Utili ma non condizionanti per i passaggi successivi. A questo autore si deve anche il largo impiego di pastelli a olio e a cera, più grassi e corposi, che vengono anche usati per soluzioni litografiche.

Nel disegno di G. Rouault La cavallerizza, o nella composizione Donna di W. D. Kooning, come nei lavori di G. Sutherland, il pastello diviene quasi traccia primaria per elaborazioni successive a tempera. Qui la materia si mischia al colore liquido creando effetti materici e trasparendo solo a chiazze. Per i formati più grandi, come quelli di F. Kupka, un tratto più incisivo e formale dà luogo a improvvise masse di luce. Il pastello divenne così uno strumento usato come materia espressiva da numerosi pittori moderni e contemporanei. Fra gli altri, Wilfredo Lam, Arshile Gorky, Sebastian Matta, Hans Bellmer, Henri Matisse e Mario Sironi.

Una tecnica ancora molto usata

Oggi il pastello non solo continua ad essere usato dagli artisti, ma è una tecnica molto adatta, nelle scuole d’arte, per avvicinare gli studenti all’attività pratica del disegno. Nella didattica e negli ambienti accademici il pastello non ha mai perso i suoi valori peculiari e formali. Molti pittori di tendenza figurativa tradizionale continuano l’uso del pastello utilizzando tecniche di lavoro tipiche delle epoche passate.

C.C.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui

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