
Oggi iniziamo una breve carrellata dei più grandi codici miniati mai realizzati. Trattai già in passato la tecnica di decorazione artistica chiamata miniatura (QUI) esplorandone sinteticamente la storia.
Partiamo così parlando del Leggendario Sforza-Savoia, il codice miniato più prezioso della Biblioteca Reale di Torino. L’opera si inserisce nella tradizione dei testi devozionali illustrati per coinvolgere emotivamente il lettore attraverso le immagini. Un aspetto che in questo testo in particolare ha una potenza espressiva senza precedenti, grazie anche al numero eccezionale di scene dipinte e alla loro qualità altissima. Il manoscritto fu realizzato nel 1476 per il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza e per la moglie Bona di Savoia.

Un ricchissimo apparato illustrativo
Il nome “Leggendario” deriva dal contenuto dell’opera: il volume infatti racconta storie tratte dai Vangeli Apocrifi e dal Nuovo Testamento. In particolare, il testo racconta le vicende di Gioacchino e Anna, di Maria, di Gesù e del Battista, con una parte conclusiva dedicata all’Apocalisse. A rendere il Leggendario un’opera così eccezionale è il ricchissimo apparato illustrativo: più di trecento grandi scene miniate accompagnano il testo, dando vita a un vero e proprio racconto per immagini. Le miniature sono del milanese Cristoforo de Predis, artista al servizio di molte famiglie importanti come gli Este e i Borromeo. Nella sua pittura, basata su una tavolozza di colori splendenti, convivono la passione per i preziosismi decorativi e il gusto per una narrazione piacevole, mite e incantata.
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Cristoforo scelse di ambientare gli episodi evangelici ai suoi giorni, nell’Italia del Quattrocento, per dare un maggiore coinvolgimento emotivo e psicologico al lettore. In ogni miniatura si vedono così frammenti di vita quotidiana del tempo, dagli arredi negli interni ai costumi dei personaggi. Nelle architetture che fanno da sfondo alle scene urbane il lettore poteva riconoscere edifici familiari, come la facciata dell’antico Duomo di Milano.
Un po’ di storia
Il primo a sfogliare l’opera fu il committente: Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano dal 1466 al 1476. Descritto dai suoi contemporanei come un grande esteta, Galeazzo era un vero principe mecenate del Rinascimento. Durante il suo ducato la corte milanese era lodata come “una de le più resplendente de l’universo”. Nelle pagine del Leggendario le insegne del duca si alternano alle armi di casa Savoia, in onore alla consorte Bona. Il codice può quindi considerarsi una specie di unione allegorica tra le due famiglie, e allo stesso tempo un segno della ritrovata alleanza con il re di Francia.

Ma com’è arrivato a Torino il Leggendario Sforza-Savoia? Secondo una fonte antica, quando Galeazzo Maria Sforza dovette allontanarsi dalla città per motivi guerreschi, affidò il libro a una monaca di un convento milanese: alla morte improvvisa del duca, nessuno cercò il codice, che passò alla famiglia del conte Toesca. Nel 1841 il codice fu poi donato al re Carlo Alberto di Savoia, e da allora fa parte della Biblioteca Reale di Torino, custodito nello stesso caveau blindato che conserva i disegni di Leonardo da Vinci.
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C.C.
Fonti: www.leggendariosforzasavoia.it