
Questo ritratto è opera di Lorenzo Lotto, nato a Venezia nel 1480 e considerato tra i principali esponenti del rinascimento veneziano. Il suo carattere originale e anticonformista però lo condusse fuori dalle committenze rinascimentali di Venezia, facendone una figura un po’ emarginata. La sua vita, contrassegnata da insuccessi e delusioni ne fa un artista sofferto, introverso e umorale, di grande modernità.
Il suo ritratto di gentiluomo proviene dalla collezione del cardinale Ippolito Aldobrandini che ne era già in possesso nel 1610. Protagonista del quadro è un uomo con una lunga barba, vestito di nero, dallo sguardo malinconico. La sua figura è tagliata sopra il ginocchio, con impostazione frontale, appena ruotata verso sinistra, e la testa è inclinata a destra. La stanza in cui si colloca il personaggio è spoglia e rischiarata da due finestre.
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Non sappiamo con certezza chi sia e di conseguenza non conosciamo nemmeno il committente, ma l’ipotesi più realistica propone Mercurio Bua, principe albanese e uomo d’armi al servizio della Repubblica veneta. Nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Treviso, città del nord-est Italia, l’uomo aveva dedicato una cappella a San Giorgio, dove fu sepolto dopo il 1541. Non a caso nel paesaggio che si intravede dalla finestra alle spalle di Mercurio c’è rappresentato San Giorgio che uccide il drago e, sullo sfondo, una città fortificata, forse Treviso stessa. Il principe inoltre rimase vedovo nel 1524 e a questo potrebbero alludere i due anelli al dito mignolo della mano sinistra.

Il gentiluomo posa in piedi e, come in altri ritratti del periodo veneziano di Lotto, a fianco di un tavolo. Su di esso vi invito a notare il cranio circondato da petali di rosa e gelsomino, chiaro riferimento alla morte. Questo particolare ad alto valore simbolico si collega alla posa del personaggio che spinge con la mano sinistra sul fianco, manifestando un senso di malinconia e sofferenza. Infatti la mano è all’altezza della milza, organo in cui si pensava risiedesse la melanconia. Tutto forse fa riferimento quindi alla tristezza dell’uomo per la perdita della moglie.
Lorenzo Lotto fu un gradissimo ritrattista perché colse sempre l’aspetto psicologico dei personaggi rappresentati. L’artista non dipinse re, imperatori o papi, ma gente della piccola nobiltà o della buona borghesia che sembra dialogare direttamente con noi.
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C.C.
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