
Alla fine del Quattrocento tornò alla luce a Roma, tra lo stupore generale, ricoperta da secoli di storia e da una gran quantità di detriti, la Domus Aurea. La leggendaria dimora di Nerone conteneva molti dei suoi bellissimi arredi pittorici ancora abbastanza ben conservati. Da subito gli artisti ne fecero una tappa obbligata per i loro itinerari di formazione artistica. Armati di matite e taccuini, per niente intimoriti dalle difficoltà d’accesso al monumento questi artisti disegnarono le decorazioni che si trovavano lungo le volte e le pareti della villa imperiale. Un evento quindi che segnò indelebilmente la storia dell’arte e la storia della natura morta in particolare.
Queste decorazioni stilizzate furono chiamate “grottesche”, perché riemerse dall’oscurità, come se fossero state conservate dentro grotte inesplorate. Si trattava di un genere di pittura parietale minutamente decorativa, priva di una logica narrativa o di vincoli realisti. È composta da una sequenza di presenze vegetali e animali, forme fantastiche, architetture, scenografie, paesaggi e disegni geometrici. Ma anche mascheroni, putti e figurine liberamente combinati tra loro. Queste decorazioni furono riproposte in età moderna nelle grandi produzioni “all’antica” della bottega di Raffaello. Le troviamo così realizzate sulle pareti di vari ambienti del palazzo pontificio Vaticano, della villa sul Tevere del ricchissimo banchiere Agostino Chigi, e di villa Madama sul Monte Mario, di proprietà della famiglia Medici.
Giovanni da Udine specialista in festoni
Fu Giovanni da Udine il principale specialista, sia di questo tipo di decorazioni, sia, in generale, della raffigurazione di ghirlande, pergolati, festoni di fiori e frutta, oppure animali, vegetali e paesaggi, all’interno dei dipinti di storia. È un fatto ormai appurato che Giovanni da Udine ebbe un interesse particolare, e una grande maestria, per la riproduzione della natura studiata dal vivo. I dettagli da lui realizzati nelle imprese raffaellesche costituiscono una fonte non trascurabile della natura morta, per l’atteggiamento analitico e descrittivo da cui nascono e per la precisione che talvolta sconfina con l’immagine “scientifica”.

Esemplari, in questo senso, i festoni di fiori e frutta realizzati nel 1517-18 sulla volta della loggia con Storie di Psiche, uno degli ambienti più splendidi commissionati da Agostino Chigi a Roma per la sua residenza detta “Farnesina”. In queste fastose decorazioni esplode un gusto naturalistico gioioso e divertito. Vediamo uno stile fresco e vitale, caratterizzato da una precisione tale da poter distinguere chiaramente ognuna delle molte specie vegetali raffigurate. L’inventiva di Giovanni da Udine e la sua rappresentazione dal vero della natura, esaltata dal genio progettuale di Raffaello, brillano anche nella grande impresa corale delle logge vaticane, dipinte tra il 1517 e il 1519.

Un tripudio decorativo
In questo tripudio decorativo, meravigliose composizioni di frutta e fiori si combinano con animali di ogni specie, minerali, gioielli, composizioni di armi e di strumenti musicali che, dal punto di vista della natura morta, culminano nei festoni vegetali realizzati su ciascuna delle lunette della parete interna alle logge. Fiori frutta e verdure, accompagnati dalla presenza di qualche volatile, sono disposti lungo un cordone rosso che pende dalla volta, sullo sfondo di un cielo azzurro intenso. La pittura presenta stupendi colori e un effetto quasi 3D che dona ai vegetali un realismo e una varietà da catalogo botanico.
Una dimostrazione di come la natura morta si sarebbe poi presto avviata verso l’indipendenza di genere artistico a tutti gli effetti.
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Questo post fa parte di una serie di piccoli giochi di curiosità dedicati alle nature morte. Leggi altro seguendo l’etichetta #naturemorte(nonmorte)
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C.C.
Fonti: La natura morta, Luca Bortolotti, Giunti editore, Prato, 2003