
Pierre-Auguste Renoir, uomo del meridione francese, nacque in una famiglia di artigiani a Limoges il 25 febbraio 1841. Trasferitosi con la famiglia a Parigi, nel 1854, divenne apprendista nell’atelier dei fratelli Levy, decoratori di porcellane, presso i quali lavorò fino al 1858 e da cui apprese i primi rudimenti della pittura. La sua vera formazione artistica non fu diversa da quella degli altri artisti dell’epoca se non fosse per l’eccezionale connessione di incontri e di rapporti. Tutto iniziò nel 1862 quando l’artista si iscrisse ai corsi dell’Ecole des beauxarts e, contemporaneamente, entrò nello studio del pittore Marc Gabriel Gleyre.
Questi, secondo una prassi consolidata per compensare le mancanze didattiche dell’insegnamento accademico, accoglieva nel suo studio una trentina di allievi che erano impegnati soprattutto nello studio e nella riproduzione di modelli viventi. Qui conobbe Monet, Sisley e Bazille con cui allacciò un legame che fu decisivo per la sua crescita.
Nel 1864 Gleyre chiuse definitivamente il suo studio e, nello stesso anno, Renoir sostenne gli esami all’Ecole des beaux-arts.
Intanto strinse amicizia con Henri de Fantin Latour con il quale si esercitò eseguendo copie dei capolavori del Louvre. Fu l’anno che segnò la conclusione del suo apprendistato artistico e per la prima volta venne ammesso al Salon parigino. Con Monet, Bazille e Sisley, si recò inoltre nei dintorni di Fontainebleau, luogo simbolo della pittura di paesaggio verista. Per Renoir fu il primo contatto con la natura osservata con gli occhi dei pittori di Barbizon, all’epoca l’esempio più interessante di pittura antiaccademica.
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Anche nei comportamenti il gruppo di giovani artisti ripropose abitudini già proprie della generazione precedente. Il cameratismo che segnò la vita quotidiana dei pittori durante queste scampagnate, era comune a una tradizione che si era via via affermata in tutta Europa. Aveva dato origine a quei particolari sodalizi, non solo professionali, che vennero poi definiti “scuole”. Questo cameratismo è evocato in un famoso dipinto eseguito da Renoir nel 1866, l’anno in cui fra l’altro incontrò per la prima volta Courbet: Alla Locanda di Mère Antony.
Una dimostrazione della diversità di interessi dell’artista, il cui orizzonte culturale si andò allargando. Gustave Courbet rappresentò per l’artista un modello importante, ma più per ciò che riguardò la tecnica di esecuzione, con l’ampio uso della spatola, che per le celebri quanto discusse scelte iconografiche. In Renoir però l’apertura ai modelli e alle tecniche della pittura moderna tuttavia non significò la completa negazione dei metodi accademici. Cosa che accadde invece con Monet. Non a caso, infatti Renoir continuò a presentarsi al salon come allievo di Gleyre. Fu solo nel 1867, con Sisley, Bazille, Pissarro, e Cézanne che vide le proprie opere respinte.

La crescente attenzione per i risultati generati dal mutare della luce sul paesaggio portò Renoir a favorire la raffigurazione dell’acqua, che questi effetti aumenta. Allo stesso tempo altre suggestioni ampliarono ancora l’orizzonte culturale dell’artista che cominciò a realizzare una serie di dipinti di gusto orientaleggiante. Rimasto a Parigi dopo la guerra franco–prussiana del ’70, Renoir strinse rapporti con il gallerista Durand-Ruel, che nel 1872 acquistò due sue opere. In questo periodo visitò spesso Monet che, con Sisley, si era stabilito ad Argenteuil. Di questi soggiorni ci restano bellissime testimonianze, che evidenziano un’ulteriore crescita stilistica. In una serie di dipinti vediamo un tocco più lieve e una tavolozza più chiara secondo una tecnica che si può definire precisamente impressionista.
La forte sintonia che si stabilì in questi anni tra Renoir, Monet, Sisley, Berthe Morisot, Pissarro e, per certi aspetti, Cézanne, anticipò la decisione di mostrarsi al pubblico con un’esposizione collettiva. Questa resterà famosa come la prima mostra impressionista. L’idea di un’associazione di artisti indipendenti, rappresentativa di interessi anche diversi, risale al 1873 e venne sostenuta inizialmente soprattutto da Monet. Renoir presentò alla prima mostra sei opere.
All’esposizione organizzata all’Hôtel Drouot due sue grandi tele vennero comperate dal collezionista e pittore Stanislas-Henri Rouart, amico di Degas. E le opere di Renoir suscitarono anche l’attenzione di Duret. Mercante e critico d’arte, fu tra i primi a distinguere le capacità di Manet e divenne, almeno per gli anni Settanta, il compratore più importante delle sue opere. Sono i primi segnali di un’affermazione fuori dai circoli bohémien. A questo periodo corrispose da parte dell’artista, la messa a punto di uno stile personale e il rifiuto del verismo troppo rigido praticato dagli altri pittori del gruppo.

Anche la realtà venne filtrata da un occhio più disteso, quasi gioioso, che trovò espressione nei dipinti esposti nel 1877 alla seconda mostra collettiva, primo fra tutti il Ballo al Moulin de la Galette. Eseguito dal vero, en plein air, il quadro dimostrò la piena maturità pittorica di Renoir nell’uso della luce. Lo vediamo nel caratteristico gioco di macchie chiare e scure, come nella difficile orchestrazione delle molteplici figure in movimento.
La decisiva attestazione dell’artista sul mercato artistico si ebbe con il Ritratto di Madame Charpentier e dei suoi bambini, presentato al Salon del 1879, preferito da Renoir alla quarta esposizione impressionista. Il decennio successivo si aprì con un’altra grande opera, Le déjeuner des Canotiers un dipinto di grandi dimensioni che permise una sistemazione articolata dello spazio e dei numerosi personaggi raffigurati. Anche la superficie pittorica è composta con un complesso alternarsi di zone lisce, da cui emerge in certi punti la preparazione grigio chiaro della tela, con altre in cui si sovrappongono più strati di colore.

La migliore condizione economica permise a Renoir nel 1881, di fare due viaggi, uno in Africa del nord, l’altro in Italia, che verrà considerato dallo stesso artista un punto di svolta nella sua maturazione pittorica. In particolare l’artista fu colpito dal Raffaello della Farnesina e dalle pitture murali di Pompei. Soprattutto fu rilevante il contatto del pittore con un’arte che egli considerava capace di trattare con naturalezza temi mitologici.
Da qui l’idea, centrale per la sua produzione successiva, che fosse possibile unire la pittura verista con forme e soggetti di tradizione classica. Nel 1883, in seguito a un viaggio nel sud della Francia con Monet, in quegli anni concentrato nello studio degli effetti di luce e della rappresentazione del paesaggio, Renoir avviò una ricerca personale. In questo periodo, di grande sperimentazione tecnica, Renoir cercò di portare avanti lo studio delle possibilità espressive offerte dalle linee, riallacciandosi alla tradizione di Ingres, in rapporto con il colore.

La definitiva affermazione di Renoir avvenne nel 1892, con l’ingresso delle sue opere nelle collezioni pubbliche francesi grazie all’acquisto di Jeunes filles au piano per il Musee du Luxembourg. Ciò fu reso possibile grazie all’intervento del poeta Mallarmé e del critico d’arte Roger Marx. Il dipinto, scelto tra cinque versioni dello stesso soggetto, richiama nella scelta iconografica come nella tecnica di esecuzione, i nuovi interessi culturali dell’artista. Ovvero i pittori olandesi del Seicento e la pittura francese del XVIII secolo. Accanto a questi temi più elaborati, nell’ultimo decennio del secolo Renoir realizzò un importante numero di ritratti, per lo più figure femminili vestite con abiti moderni e raffinati, che riscossero un grande successo di pubblico.

Dal 1900 l’artista cominciò a trascorrere lunghi periodi sulla Costa Azzurra e, dal 1903, si stabilì a Cagnes-sur-Mèr. Per motivi di salute i soggiorni a Parigi divennero ogni anno meno frequenti e il mutamento si vide anche sul piano artistico poiché la sua pittura sembrò avvicinarsi sempre di più a un classicismo mediterraneo. Renoir si dedicò in maniera particolare alla fusione delle figure femminili con il paesaggio, tramite una progressiva amplificazione dei corpi che giungeranno a occupare quasi interamente lo spazio dipinto. La pennellata divenne più mobile e sciolta, la cromia più morbida e il colore steso per grandi campiture.
Questi interessi trovarono piena espressione nella serie, numerosa, di Bagnanti. All’inizio rappresentate con vicino i loro abiti da città e poi, via via, private di ogni elemento che interferisse con il paesaggio. Con Les Baigneuses, realizzato tra il 1918-19, ultima opera di grandi dimensioni, l’integrazione delle figure nel paesaggio ci appare completa. L’artista morì il 3 dicembre 1919, a 78 anni, in seguito a una polmonite. Fu sepolto a Essoyes, come l’amata moglie, morta appena qualche anno prima.
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C.C.