Pochi monumenti antichi hanno resistito al trascorrere del tempo con tutti i suoi sconvolgimenti come ha fatto il Partenone: questo magnifico edificio ne ha veramente passate di tutti i colori, dall’incuria, alle bombe, alle intemperie, ecc ecc. Celebrazione della potenza di Atene antica, ancora oggi si staglia imponente sopra l’ammasso grigiastro di edifici dell’odierna capitale greca. Già vi parlai delle sculture del Partenone, però oggi mi concentrerò sulla sua struttura. Chi fu l’artefice di tutto ciò? le fonti ci dicono che Fidia fu nominato da Pericle, politico al governo di Atene, soprintendente dei lavori. L’artista fu quindi il coordinatore di tutto il progetto.
Non fu da solo, ma a lui si affiancarono Iktinos che ebbe l’incarico di risolvere i problemi dati dall’esistenza di un edificio precedente e dovette soddisfare le richieste di Fidia per valorizzare l’enorme statua di Athena e quelle di Pericle; Kallikrates che già si era occupato della ricostruzione delle mura di Atene; e infine Karpion che in realtà fu il teorico del gruppo, occupandosi della realizzazione di un trattato sul Partenone.
La progettazione di questo splendido edificio fu lunga e laboriosa e durò ben due anni, per tutto il 449 e il 448 a.C., anche perché ogni dettaglio era discusso da cinque delegati che poi approvavano o rifiutavano ogni singolo aspetto.
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Anche durante i lavori questo gruppo di rappresentanti del popolo controllò i tempi e le spese, non risparmiando critiche. L’intero edificio è in marmo pentelico, una roccia bianca a grana fine che può assumere tenui tonalità di giallo oro.Venne riutilizzata, ampliandola e modificandola, la piattaforma del precedente tempio che aveva già l’impostazione della cella centrale. Iktinos mantenne la divisione della cella in due settori, il vano principale a tre navate con con doppia fila di dieci colonne e il secondo vano a pianta quadrata con quattro colonne. Ma Iktinos dovette tener conto delle proporzioni monumentali della statua di Athena che Fidia aveva intenzione di realizzare e quindi, pur mantenendo la divisione in due vani della cella, cambiò la ripartizione degli spazi e dei volumi. Aumentò l’ampiezza della sala che doveva accogliere la statua cosicché il numero delle colonne sulla facciata passò da sei a otto.
Nella sala più piccola invece doveva essere custodito il tesoro della dea e qui Itkinos utilizzò per le colonne l’ordine ionico, a differenza di tutto il resto del tempio che era dorico, perché la loro forma più sottile e slanciata risolveva i problemi di spazio.
Pensate che tutta la struttura architettonica del tempio è regolata da precisi rapporti numerici. I greci andavano pazzi per le proporzioni calcolate. Il rapporto 9:4 vale per il lato maggiore e minore della base del tempio, per la larghezza e l’altezza, per l’interasse e la base delle colonne e infine per la lunghezza e la larghezza della cella dove era conservata la statua di Athena.

I progettisti furono attenti a ogni dettaglio e lo si legge molto bene nel trattato che Iktinos scrisse sul Partenone. Il capitolo più interessante è quello dedicato alle correzioni ottiche. Di che cosa si tratta, vi chiederete, beh è quasi magia. Per dare l’impressione che la struttura del tempio fosse perfetta anche al nostro occhio che deforma le immagini furono apportate alcune variazioni, piccoli trucchi. Ad esempio la base delle colonne fu incurvata verso l’alto perché non apparisse concava in prospettiva; inoltre le colonne furono inclinate perché non sembrassero aprirsi verso l’esterno. Questo problema delle correzioni si presentò per tutti i templi greci a partire dal VI secolo a.C.
Come conseguenza a queste piccole modifiche si notano nel Partenone delle varianti numeriche: le colonne sono inclinate di 7 cm verso l’interno, quelle angolari di 10 cm. Il risultato di tutti questi accorgimenti è che nessun blocco di marmo del Partenone ha una forma geometrica definita e che non esiste ripetizione. Le varianti dovevano essere pensate già nel progetto, ma nel corso dei lavori i vari gruppi di artigiani le reinterpretarono ed è per questo che si può veramente dire che il Partenone sembra vivere autonomamente in ogni blocco.
Continua l’esplorazione
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C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui
Ho visitato due volte l'acropoli e sono rimasta abbagliata dalla magnificenza del Partenone, cercando di immaginare come poteva apparire quando tutte le statue ,i fregi e le metope oggi disperse in vari musei erano nella loro collocazione originaria. Mi riesce più difficile immaginare i colori, dopo la lezione del Winckelman.
Ma da Artesploando si apprende sempre qualche informazione interessante, che a volte le guide e i testi d' arte non riportsno
Grazie per il complimento Mariagrazia!
In generale quando si tratta di archeologia bisogna sempre fare uno sforzo d'immaginazione per tentare di cogliere lo splendore originario, ma nel caso del Partenone la meraviglia è tanta, nonostante le mancanze e lo stato di conservazione.
A presto 😉
volevo sapere dove avevate preso queste informazioni per un progetto, soprattutto il trattato che scrisse iktinos