I bamboccianti: quotidianità tra realismo, ironia e stereotipi

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Un collage di opere di Pieter van Laer detto “Bamboccio”

Un nome strano e un po’ buffo a dire il vero, “bamboccianti“. Sicuramente molti di voi, visitando uno dei tanti musei italiani, si saranno imbattuti in un quadro appartenente a questo curioso gruppo di pittori. Ma da dove nasce questo nome? Il termine compare per la prima volta in due testi. Nella Satira sulla Pittura scritta dal pittore Salvator Rosa, alla metà del quinto decennio del Seicento. E nella lettera dell’artista Andrea Sacchi al collega Francesco Albani, scritta da Roma nel 1651. In entrambi i testi sono elencate le caratteristiche di un genere pittorico detto “bambocciata”, i cui autori sono chiamati bamboccianti. Presto questo termine venne usato dagli scrittori d’arte in modo negativo per indicare i seguaci, per lo più fiamminghi e olandesi, di Pieter van Laer, soprannominato “bamboccio”.

A Roma a partire dal quarto decennio del Seicento e fino alla fine del secolo, i bamboccianti dipinsero scene di genere di soggetto popolare e romano, in tele di formato ridotto e a piccole figure. I temi della bambocciata consistono in episodi di vita contadina e urbana. Hanno infatti come protagonisti contadini, straccioni e mendicanti, a volte raffigurati realisticamente, ma più spesso caratterizzati in chiave grottesca. Studi recenti sull’evoluzione della bambocciata e sui suoi protagonisti hanno chiarito come la tematica bambocciante risalga solo in parte alla produzione di Van Laer. Si ritrova infatti solamente in un piccolo numero di opere databili verso la fine del suo periodo romano in cui compaiono per la prima volta il motivo dei giocatori di morra e le figurine di straccioni che presto i suoi seguaci renderanno popolari.

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Furono infatti riprese da Andries Both a Roma dal 1634 in opere in cui mostra di condividere anche gli interessi paesistici di Van Laer. Both ambienta le sue scene popolari a piccole figure in una cornice urbana attentamente osservata nella successione di spazi e nei contrasti luminosi. Alcuni dei suoi temi furono ripresi dal fratello Jan Both, che nella sua produzione bambocciante, limitata al soggiorno romano, si dimostrò però più interessato alla resa degli effetti luminosi e atmosferici del paesaggio urbano. Questo aspetto conferma la stretta relazione che, almeno in un primo tempo, unì paesisti e bamboccianti.

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Una serie di opere di Jan Both

Questo mix d’interessi caratterizzò la produzione di Thomas Wijck, attivo a Roma fra il 1640 e il 1642. Tema dominante delle opere presumibilmente eseguite in Italia sono infatti i cortili e le piazzette di una Roma animata da figurine di lavandaie e venditrici di frutta. Nei disegni eseguiti dal vero e successivamente rielaborati Wijck sembra attratto dalla continuità tra antico e nuovo. Dal contrasto tra i resti ancora imponenti e suggestivi della Roma antica e la loro riutilizzazione nella città moderna.

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Un collage di opere di Thomas Wijck

L’opera di Jan Miel invece, attivo a Roma fino al 1658, si condensa in dipinti di soggetto rustico con scene di vita contadina. Jan Miel può dirsi responsabile dell’invenzione e della diffusione dei motivi iconografici che fino alla fine del XVII secolo caratterizzeranno la bambocciata. Come ad esempio i Cavadenti e le numerose scene di carnevale. Michelangelo Cerquozzi è un altro bambocciante, autore di battaglie, nature morte e di soggetti sacri e profani a piccole figure. La sua produzione si distacca da quella del fiammingo per una vena narrativa molto più varia e articolata, la felice differenziazione dei tipi fisici e una più esatta percezione di situazioni tipicamente italiane. Nelle sue opere migliori viene meno quella tendenza alla tipizzazione che costituisce il limite del realismo bambocciante.

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Un insieme di bambocciate di Jan Miel

Altre opere inserite nel gruppo delle bambocciate appartengono a questi artisti. Un anonimo Maestro dei Mestieri romani, probabilmente attivo a Roma nella seconda metà degli anni ’40 e identificato da alcuni studiosi con il giovane Johannes Lingelbach. Anton Goubau, direttamente influenzato da Jan Miel. Theodor Helmbreker, con cui il genere si conclude.

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Michael Sweerts, il grande giorno della lavanderia

Del tutto isolata è la figura di Michael Sweerts che sarebbe improprio definire solo bambocciante. Benché i temi delle opere eseguite durante il soggiorno romano richiamino la produzione dei bamboccianti, se ne distaccò. L’impegno profondamente realista e la serietà con cui raffigura un’umanità misera senza mai cedere al gusto per l’aneddoto e per il grottesco lo distingue dalla più tipica bambocciata. Solo a Sweerts e al suo particolare realismo si adatta la definizione di “caravaggista a passo ridotto” con cui Roberto Longhi nel 1943 inaugurò la riscoperta dei bamboccianti.

Un genere in bilico tra realismo e parodia

I bamboccianti sono stati quindi autori di opere in cui l’artista girò lo sguardo verso i quartieri più popolari, più poveri. Una lente di ingrandimento non sempre veritiera e a volte circondata da un alone grottesco. Ma questo tipo di opere restano comunque una preziosa testimonianza di come fossero le campagne romane e alcuni quartieri di Roma nel XVII secolo.

C.C.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui

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