
Abbiamo già visto come gli apparati, gli addobbi e gli ornamenti, collegati a feste o particolari ricorrenze, siano molto comuni nella storia dell’arte. La festa però è uno dei momenti più emblematici dell’età barocca in particolare. La festa infatti divenne da un lato uno strumento celebrativo del potere politico e religioso, dall’altro fu la massima affermazione del fine culturale del secolo: la ricerca della “meraviglia”. Tutti gli stati italiani e stranieri furono impegnati nell’organizzazione di feste che ebbero come caratteristica quella d’essere destinate al più vasto pubblico possibile, quello popolare e borghese, generalmente escluso dai festeggiamenti privati ed elitari dell’aristocrazia.
Le occasioni di queste feste erano le più disparate, sia di natura sacra che profana: quelle sacre erano collegate a eventi fondamentali per la Chiesa, come la Pasqua, la Quaresima, la canonizzazione di santi o l’elezione di nuovi papi. Gli eventi profani erano molto spesso collegati alla vita dei regnanti e alle vicende politiche degli stati alleati; oppure erano feste popolari di antica tradizione come il Carnevale.
Se ti piace il blog, seguilo anche su Twitter 👇👇😊
Tutti questi diversi tipi di festa erano però accomunati da alcune caratteristiche: in primo luogo l’ambientazione che era esclusivamente o prevalentemente la città. Nell’ambiente urbano si snodavano processioni e trionfi, si collocavano archi trionfali lungo le strade, apparati decorativi e d’illuminazione mobili sulle facciate di case, palazzi e chiese; la città con i suoi spazi e le sue architetture era protagonista dell’evento.
Nell’incisione che riproduce la processione del “possesso” di Alessandro VII, un gesto simbolico che veniva compiuto da ogni papa appena eletto, vediamo il corteo del pontefice che dal Vaticano, luogo della sua elezione, arriva al Laterano, palazzo del potere pontificio. Il corteo si snodava per le vie dell’Urbe toccando i luoghi più significativi della Roma seicentesca, quali il Colosseo o il Campidoglio.

Altro aspetto molto interessante è il ruolo dell’effimero in queste feste. Infatti tutto ciò che veniva realizzato per questi eventi era destinato poi a essere smantellato, tranne in rarissimi casi. Ed è per questo motivo che le testimonianze giunte fino a noi sono quasi esclusivamente di tipo archivistico. La facciata effimera di San Pietro progettata dall’architetto Girolamo Rainaldi in occasione della canonizzazione di san Carlo Borromeo nel 1610 è un esempio. Alta 30 metri, era realizzata in legno e tela, e in essa si trovavano i ritratti di 35 santi vescovi di Milano. Sovrapposta alla facciata della basilica piacque molto al pubblico dell’epoca, ma di essa non è rimasta traccia.

Le “regie” di Bernini
A coordinare l’allestimento e i progetti di una festa era quasi sempre un architetto, molto spesso quello più in vista alla corte. Famose sono le “regie” di Gian Lorenzo Bernini sia presso la corte di papa Urbano VIII che, dopo il suo trasferimento in Francia, presso quella francese. Basti ricordare la canonizzazione di Elisabetta del Portogallo, evento che portò alla realizzazione di un teatro, ovvero una struttura effimera all’interno della basilica di San Pietro e precisamente all’incrocio dei bracci, sotto la cupola. Quello berniniano venne fatto in legno, decorato con finti marmi, stucchi e dorature, abbellito con 24 colonne intervallate da statue di 14 regnanti portoghesi, dipinti con i miracoli della santa e stendardi. Ma anche di questo splendido apparato non ci resta più nulla se non un’incisione, ricordo di quella festa dell’effimero che fu il barocco.
C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui
Il breve saggio affronta un soggetto oggi poco curato, tranne in qualche rara mostra come argomento di contorno, ma aveva una grande importanza politica e anche artistica, perché le installazioni venivano affidate agli artisti pin rinomati