
Il percorso sul ritratto ci porta anche a scoprire artisti stravaganti, estrosi, estremamente fantasiosi.
È il caso di Giuseppe Arcimboldo.
Arcimboldo (Milano, 1526 – 11 luglio 1593) iniziò la sua attività intorno alla metà del XVI secolo, assieme al padre, come maestro di vetrate nel duomo di Milano. Da questo tipo d’arte gli venne il gusto per l’intarsio e per i colori freddi e vivaci.
Nel 1558 fece cartoni per una serie di arazzi ancora esistenti nel duomo di Como, nelle cui bordature dà già esempio di una bizzarra ornamentazione manieristica.
Nel 1562 fu chiamato a Praga da Ferdinando I, dove fu successivamente protetto dagli imperatori Massimiliano II e Rodolfo II, che lo nominò conte palatino nel 1591.
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Si specializzò nella produzione di figure umane o allegoriche composte di oggetti e di prodotti di natura, in cui si uniscono al gusto bizzarro e morboso del manierismo nordico (tipico delle cosiddette Wunderkammer, raccolte di mostri e di rarità di natura) la tradizione delle caricature leonardesche e il gusto di genere dei Campi cremonesi, in particolare Vincenzo. Replicò una serie di Stagioni e di Elementi entrati nella storia dell’arte e nella cultura pop italiana. Le opere di Arcimboldo hanno infatti ispirato l’immagine pubblicitaria di una serie di prodotti della Ponti (Peperlizia … ricordate?) e più recentemente il logo dell’Expo di Milano.
Rodolfo II in veste di Vetumno
Il culmine dell’immaginazione nella rappresentazione delle Stagioni e degli Elementi si trova nel ritratto di Rodolfo II in veste di Vertumno, dio delle stagioni.
Il dipinto racchiude le allegorie delle prime metamorfosi di Arcimboldo in un’unica immagine, in cui si scorgono i frutti e i fiori di ogni stagione. La fioritura e maturazione simultanea dei frutti della terra alludono all’Età dell’Oro del regno di Rodolfo. Allusione a un’eterna primavera, sogno di una propaganda imperiale.
Se nel Rinascimento trionfava una concezione classica dell’arte, fondata sull’imitazione delle armonie della natura, col Manierismo si ha una svolta. Fissato come inizio convenzionale il 1520, data della morte di Raffaello, il Manierismo si pone come stagione in cui l’artista non tende più al bello come imitazione, bensì all’espressivo. Una tendenza al bizzarro, allo stravagante e al deforme, come nelle figure di fantasia proprio dell’Arcimboldo. I suoi dipinti, anche se molto imitati, furono generalmente considerati come curiosità fino a che i surrealisti non riportarono l’interesse sui “giochi di parole visivi”.
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C.C.
ne sono affezionato sin da bambino quando mangiavo i vasetti della peperlizia che perspicacemente seppe strumentalizzare la sua arte.