
Questo affascinante gruppo scultoreo conservato al Louvre, è opera del grande Antonio Canova, maestro nello scolpire il marmo. Ne esiste una seconda versione simile alla prima, conservata all’Ermitage di San Pietroburgo e una terza sempre esposta al Louvre, in cui la coppia è in piedi.
Le due figure protagoniste dell’opera sono Amore e Psiche nel momento che precede di qualche istante il bacio. Il soggetto è molto probabilmente preso dalla leggenda di Apuleio, scrittore, sacerdote, filosofo e mago dell’antica Roma.
La storia narra che Psiche, ragazza bellissima, provocò l’invidia di Venere, così che la dea le mandò Amore per farla innamorare di un uomo vecchio e brutto. Ma Amore vedendola se ne innamorò e, dopo una serie di traversie, riuscì a far entrare Psiche nell’Olimpo degli dei. I due poi si sposarono e dalla loro unione nacque un figlio di nome Piacere.
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Quest’opera d’ispirazione mitologica è solo un pretesto per rappresentare l’amore ed è per questo che l’artista scelse di fissare nel marmo il momento, carico di desiderio, che precede il bacio. Ma osserviamo attentamente i dettagli. La composizione è straordinariamente articolata: la donna, Psiche, è semidistesa, orienta il viso e le braccia verso l’alto e, nel fare questo, crea con il busto una torsione ad avvitamento; l’uomo, Amore, si appoggia su un ginocchio mentre con l’altra gamba si sporge in avanti incurvando la schiena e inclinando la testa di lato per accostarsi alle labbra della donna.

Questo straordinario gruppo scultoreo ben rappresenta l’estetica e il gusto neoclassico sempre alla ricerca di un equilibrio perfetto delle forme. Osservando bene l’opera ci rendiamo conto che il corpo di Psiche insieme alla gamba e alle ali di Amore costruiscono una X perfettamente simmetrica. Le braccia di Psiche delimitano al centro di questa X un cerchio perfetto che incornicia il punto focale della composizione. I pochi centimetri che separano le labbra dei due amanti. Canova qui non cerca di cogliere il movimento, la vitalità o la sensazione del continuo divenire come Gian Lorenzo Bernini aveva fatto prima di lui nel barocco. L’artista invece ha la necessità tutta neoclassica d’arrivare a una perfezione senza tempo in cui nulla più può trasformarsi. Canova per fare questo non cerca di dar vita al marmo, ma cristallizza la vita nel marmo, dando alla materia una forma immutabile e immortale.
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C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui