
Il dipinto Le Muse inquietanti fu realizzato a Ferrara tra il 1917 e il 1918 mentre Giorgio De Chirico, in piena Prima Guerra Mondiale, svolgeva il suo servizio militare insieme al fratello Alberto. La città, per la sua particolare forma urbanistica e architettonica risalente al Rinascimento, fornì importanti spunti d’ispirazione all’artista, tanto da diventare co-protagonista dell’opera. La geometria ordinata delle strade rispecchia molto fedelmente lo spirito presente in molti dei suoi quadri: soprattutto nelle opere appartenenti alla cosiddetta serie delle “Piazze d’Italia”.
Ferrara fornisce la cornice ideale a questo, che tra i dipinti di De Chirico è il più noto, diventando la città metafisica per eccellenza. Le Muse inquietanti è una specie di “manifesto” della poetica metafisica. In questo olio su tela di 97×67 cm, appartenente oggi a una collezione privata, troviamo tutti gli elementi più usati dal De Chirico metafisico. Spazi cittadini deserti con prospettive deformate ma anche statue e manichini al posto delle persone. Sono espedienti usati dal pittore per confonderci, forme prese dalla vita di tutti i giorni, ma che insieme producono un effetto destabilizzante. Tutto quello che vediamo nel dipinto lo riconosciamo chiaramente: un castello, tre statue, una fabbrica, un bastone, una maschera e due scatole.
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Le statue, però, al posto della testa hanno manopole ed elementi simili a quelli che ritroviamo nei manichini. Sicuramente cominciamo a chiederci il perché della scatola in terra e cosa ci fanno lì quelle strane statue. Mistero. Anche il pavimento è bizzarro e sembra scivolare verso di noi come se la prospettiva fosse sbagliata. Ma De Chirico la prospettiva la sapeva fare bene, quindi tutto questo serve a comunicarci un senso di mistero e di stranezza.
Le Muse inquietanti raffigura una piazza, ma al posto del selciato ha delle tavole di legno che ricordano più un palco teatrale che una piazza cittadina. Sullo sfondo a destra c’è il castello estense di Ferrara, mentre a sinistra il pittore colloca una fabbrica con delle alte ciminiere.
Queste due strutture agli antipodi mostrano la contrapposizione tra antico e moderno, ma si può notare che il castello ha le finestre buie, elemento che ci fa pensare che non sia abitato, mentre la fabbrica ha i camini che non fumano, segno che nessun lavoratore sta svolgendo la sua funzione all’interno. Se poi osserviamo le due parti del quadro separate dalla linea d’orizzonte della piazza, noteremo che sono realizzate con due punti di vista diversi: una visione dall’alto per la parte inferiore, mentre la parte superiore è dipinta utilizzando un punto di vista più basso. Un aspetto questo che ritroviamo molto di frequente soprattutto nella pittura tedesca e fiamminga del Quattrocento. Molto probabilmente questo dettaglio è dovuto alla formazione tedesca del pittore, avvenuta a Monaco di Baviera e non è l’unico riferimento geografico.
Il manichino in primo piano sulla sinistra infatti ha la metà inferiore che richiama le pieghettature verticali sottili e parallele, tipiche delle vesti classiche presenti nelle statue greche. È un elemento che ci riconduce naturalmente all’infanzia del pittore, vissuta in Grecia. La cultura greca classica ha dato a tutta l’attività pittorica di De Chirico, una continua ispirazione, sia poetica che formale, soprattutto quando il pittore abbandonò lo stile metafisico durante la maturità. L’altro manichino, seduto in secondo piano, ha la testa separata e deposta ai suoi piedi che ricorda quelle maschere africane fonte d’ispirazione per artisti come Pablo Picasso, appartenenti all’ambiente parigino di inizio secolo. La testa così staccata e appoggiata a terra diventa la traccia di quella modernità stilistica che De Chirico ha sempre rifiutato.

Il dipinto di De Chirico non è interessante solo dal punto di vista compositivo, ma nasconde linguaggi velati molto importanti. Abbiamo visto come gli oggetti e le strutture sembrino delle forme vuote, ciò che resta della vita dopo il suo passaggio. Il tema del dipinto però non è la morte come termine della vita, ma quell’eternità fissa e misteriosa che va oltre l’apparenza delle cose. La vita è evoluzione nel tempo: capire questa dinamica significa comprendere le leggi fisiche che ordinano l’universo.
Ma l’occhio di De Chirico va oltre, cercando di cogliere quel mistero incomprensibile che si nasconde dietro la conoscenza delle leggi fisiche. Quel mistero che ci porta a interrogarci sul senso ultimo delle cose e sul perché della loro esistenza. Ma perché il titolo Le Muse inquietanti? Le muse erano quelle figure mitologiche che difendevano le arti. Gli artisti le pregavano per ricevere l’ispirazione. Nel caso di De Chirico le muse sono “inquietanti” perché indicano la strada che va oltre le apparenze. Il dipinto mette in difficoltà il nostro bisogno di trovare un qualche significato e il mondo stesso a volte ci si presenta così.
Spesso conosciamo o vediamo i singoli elementi, ma non siamo in grado di metterli in una successione logica o di avere una visione d’insieme. Queste muse ci vogliono forse dire che anche il mondo antico, con tutti i suoi miti e i suoi racconti creativi, può nascondere altri significati dietro l’apparenza delle cose. Ma in ultimo ci parlano anche delle scelte artistiche del pittore. De Chirico assimila più riferimenti geografici e culturali appartenenti al passato che riesce con semplicità a far propri, sintetizzandoli in una dimensione temporale dove prima e dopo non contano.
L’artista rifiutò con fermezza il concetto secondo il quale ha maggior merito ciò che supera il passato per proiettarci nel futuro, o quel concetto di progresso, per cui i valori sono scanditi dalla maggiore o minore novità dell’opera prodotta. De Chirico mostra che per lui è più importante ispirarsi al passato che al presente, ma egli non è assolutamente un pittore neoclassico. Vuole semplicemente polemizzare con chi ha fatto del tempo o della velocità la nuova ispirazione dell’arte moderna, indicando come in realtà queste sono variabili effimere: il vero senso delle cose sta oltre il tempo.
Quindi il pittore mette insieme antico e moderno, le statue e la fabbrica, la musa e il manichino che un po’ ci fanno sorridere e un po’ ci fanno riflettere sui misteri del mondo. Come capita spesso nei sogni in cui ci sono cose che vediamo tutti i giorni, mescolate e dove succedono cose senza senso. In realtà però un significato c’è, il nostro inconscio cerca di comunicarcelo in questo modo, ma decifrarlo non è possibile. Al di là di tutti i significati che si possono trovare, possiamo osservare semplicemente questo bel quadro con la certezza che non tutto a questo mondo ha un senso.
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C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui