
Raffaello Sanzio fu uno dei più importanti artisti che operarono in Italia tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, insieme ad altri grandi maestri come Michelangelo, Leonardo e Botticelli. Le sue opere, dal più piccolo ritratto ai maestosi affreschi come la Scuola di Atene, sono ammirate da turisti, critici e studiosi di tutto il mondo come capolavori di quel periodo storico-artistico noto come rinascimento. Nel 1508 Raffaello arrivò a Roma. Era già un artista affermato, ma principalmente tra le corti fiorentine e le sue opere non erano ancora così ricercate al di fuori di certi ambienti. La chiamata, arrivata direttamente dal papa Giulio II della Rovere, lo rese fiero e agitato allo stesso tempo. Quando poi gli vennero commissionate le decorazioni dell’appartamento privato del pontefice al secondo piano dei Palazzi Vaticani, Raffaello si sentì ancora più sotto pressione.
I primi anni che trascorse a Roma, infatti, furono segnati da una sorta di nervosismo, che si manifestò nella discontinuità con cui lavorò a opere come il Trasporto di Cristo al sepolcro, la Disputa del Sacramento, la volta della stanza della Segnatura e la stessa Scuola di Atene che ora vedremo nel dettaglio. La Stanza della Segnatura è un ambiente imponente e magnificamente affrescato, pieno di colori, punti di luce e soggetti importanti. Ma la stella più brillante della Segnatura è la Scuola di Atene. Subito dopo aver concluso i lavori sulla Disputa del Sacramento, Raffaello si dedicò alla seconda parete lunga della Stanza della Segnatura. Qui, tra il 1509 e il 1510, il maestro urbinate dipinse uno dei suoi capolavori del periodo romano.
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Direttamente contrapposto alla Disputa del Sacramento, entrambi dipinti sulle pareti lunghe della stanza, la Scuola di Atene venne concepito insieme all’altro dipinto. Da un lato c’è il contrasto concettuale di sacro e profano, dall’altro c’è un riferimento analogo alla scena teatrale di tipo greco. Uno rappresenta la Verità spirituale e soprannaturale teologica, mentre l’altro rappresenta la Verità terrena e razionale dei filosofi antichi. In entrambi viene rappresentato una sorta di palcoscenico su cui si trovano i personaggi, quasi fossero attori di un’opera teatrale, ai quali viene affidata la comunicazione dei concetti teologici e filosofici.

Ad ogni modo, nessuno dei due dipinti fu concepito da Raffaello come opera per il grande pubblico. Erano da destinarsi ad una biblioteca di un Papa, un ambiente privato quindi, e dedicate a una cerchia ristretta di persone dotte. I metodi di lettura della Scuola di Atene sono almeno due. Il primo è quello riguardante la capacità di capire chi sono i personaggi sotto il profilo teologico, storico e filosofico e cosa vogliono significare singolarmente. Il secondo metodo di lettura è più immediato e concerne la possibilità di riconoscere le persone ritratte nelle due scene da un punto di vista storico, poiché molti erano personaggi viventi o morti da poco all’epoca di Raffaello.

Come abbiamo visto, il criterio di rappresentazione è molto teatrale. Riproduce, infatti, una prassi della corte papale di Giulio II, dove i dotti recitavano in commedie o tragedie classiche. Questa particolare consuetudine, tipicamente umanistica, si rifaceva ai Gonzaga di Mantova e alla cultura figurativa del Mantegna che, nella sua Camera degli Sposi aveva osato ritrarre i suoi mecenati in rappresentazioni di carattere storico-archeologico, trasformando la loro vera natura. Tutto questo accade anche nei dipinti di Raffaello nella Stanza della Segnatura. La Disputa del Sacramento e la Scuola di Atene sono indubbiamente delle metafore visive della rappresentazione umanistica.

Prima ancora di dedicarsi alla lettura metaforica dei personaggi che compongono il dipinto, gli occhi di chi guarda la Scuola di Atene si focalizzano sulla componente strutturale e
sull’incredibile architettura che fa da sfondo a tutta la scena. Si tratta di una struttura di derivazione classica. Non è chiaro se sia una costruzione incompiuta, un tempio aperto assurdamente sul cielo o un rudere non ricostruito ma perfettamente integrato nelle parti mancanti, parzialmente conservate. È una struttura solenne che richiama l’architettura tardo-antica, con le volte a cassettoni e lo scheletro del tamburo di una cupola. Pare che si ispirasse ai progetti per la nuova Basilica di San Pietro del Bramante, con i grandiosi bracci di una croce greca.
Quello che coglie l’attenzione dello spettatore, tuttavia, è la perfetta prospettiva con cui la
struttura viene dipinta. Il lungo corridoio in cui camminano i due personaggi centrali, Aristotele e Platone, si allunga a perdita d’occhio verso lo sfondo con un limpido cielo azzurro. Su entrambi i lati, le enormi statue riprese da modelli classici di Apollo, sulla sinistra, e Atena, sulla destra, accompagnano tutto il percorso e creano la scenografia perfetta per una rappresentazione come quella. Non è certo che sia stato personalmente Raffaello ad occuparsi della progettazione prospettica della Scuola di Atene. A stretto contatto con lui, infatti, lavorava uno dei migliori architetti dell’epoca, Bastiano da Sangallo, talmente bravo da essere soprannominato l’Aristotele dell’architettura.
Nell’affresco sono rappresentati cinquantotto personaggi e alcuni di loro furono ritratti con le sembianze di uomini dell’epoca di Raffaello, viventi o morti da poco. Il dipinto nella sua interezza risulta coerente e organico, ma solo perché c’è una prospettiva centrale che unifica tutto. I personaggi, infatti, sono disposti in modo caotico e tutt’altro che armonioso, su una scalinata che taglia in due la scena. I gruppi sono insiemi a sé stanti e Raffaello li volle rappresentare così per dare l’idea dell’isolamento e della vanità della storia della filosofia.

Al centro della scena Raffaello dipinse Platone e Aristotele, i due principali pensatori della
filosofia antica. Platone è rappresentato con una lunga barba grigia e un abito di un rosso
sgargiante, con le sembianze di Leonardo da Vinci, contemporaneo di Raffaello.
Platone regge il Timeo, uno dei dialoghi che scrisse per far conoscere la sua dottrina, e punta un dito verso l’alto, ad indicare che la sua filosofia si basa sulle idee trascendenti che risiedono appunto nella sfera celeste. Al suo fianco si trova Aristotele, vestito di blu, che si pensa sia stato rappresentato con le sembianze di Bastiano da Sangallo, architetto collaboratore di Raffaello. Aristotele regge l’Etica Nicomachea, uno dei suoi trattati filosofici, e distende il braccio destro indicando una dimensione filosofica più umana e terrena, in linea con il suo pensiero.

Nel gruppo a sinistra di Platone è possibile distinguere altri personaggi importanti, come
Socrate, dipinto con indosso una lunga tunica verde-bottiglia mentre parla con un gruppo di
giovani. Tra questi è possibile riconoscere Senofonte e Alessandro Magno, con elmo e armatura di metallo. In primo piano si trova Pitagora, seduto con una tunica rosa e azzurra, intento a scrivere un grande libro, con due uomini che si piegano verso di lui e prendono appunti. Poco più a destra, isolato, un pensoso Eraclito o forse Democrito poggia il gomito sinistro su un blocco di pietra. Pare che egli abbia le sembianze di Michelangelo, altro grande contemporaneo di Raffaello e suo diretto concorrente nell’ambito romano.

Questo personaggio fu aggiunto in seguito al dipinto e il modo in cui si pone richiama le torsioni dei corpi e la plasticità dei fisici tipiche del collega toscano.
Il gruppo a destra di Aristotele è di più difficile interpretazione. È possibile vedere Plotino, in silenzioso isolamento con la sua tunica rosso scuro. Al centro, sdraiato sui gradini proprio
davanti ad Aristotele, si trova Diogene, riconoscibile dalla ciotola al suo fianco e dagli abiti
laceri. Sulla destra, un folto numero di persone si riunisce intorno a colui che potrebbe essere Euclide o Archimede, con le sembianze di Donato Bramante, intento a disegnare figure geometriche con un compasso per i suoi giovani allievi. L’uomo con la corona e l’abito giallo dietro di lui è Tolomeo, che regge il globo terrestre per via delle sue idee rivoluzionarie sulla struttura dell’universo e la posizione centrale della Terra nel Sistema Solare.

Anche Raffaello stesso sembra essersi ritratto in uno dei due uomini in abiti moderni all’estrema destra, insieme al collega e amico Giovanni Antonio Bazzi, detto “il Sodoma”. Nel corso degli anni, gli studiosi hanno attribuito alla Scuola di Atene diverse interpretazioni e chiavi di lettura, come abbiamo visto in precedenza. Si tratta certamente di un’opera che mostra la storia del pensiero fin dagli albori delle prime civiltà, ricca di riferimenti storici colti, che è anche una rappresentazione delle arti come la grammatica, la matematica, la geometria, la musica, la dialettica e l’astronomia. L’intero affresco è un “manifesto” della concezione squisitamente rinascimentale che vede l’uomo al centro dell’universo culturale e letterario. Grazie all’intelletto e alla razionalità di cui dispone, l’essere umano è in grado di dominare la realtà.

La Scuola di Atene è dedicata alla filosofia come un percorso verso la conoscenza. Tutti i
filosofi dipinti nel quadro cercavano tradizionalmente la verità attraverso la conoscenza e lo
studio delle cause alla base della realtà, come il titolo stesso del quadro suggerisce.
Oggi è possibile ammirare la Scuola di Atene, la Disputa del Sacramento e gli altri affreschi
della Stanza della Segnatura durante la visita al Palazzo Apostolico, che fa parte dei Musei
Vaticani. L’ambiente ha mantenuto intatto il fascino che aveva nel 1508, quando Raffaello fu chiamato dal papa Giulio II per dipingerne le pareti e farne una biblioteca privata. Poco
distante, la Cappella Sistina attira forse più turisti, ma se osserviamo con cognizione i maestosi affreschi di Raffello Sanzio possiamo facilmente renderci conto che, a
Michelangelo, Raffaello non ha niente da invidiare.
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C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui