Storia dell’Autoritratto: dalle origini sino ai giorni nostri

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Storia dell’Autoritratto
Narciso

L’autoritratto è da sempre considerato una volontà dell’autore (in questo caso l’artista) di lasciare traccia, testimonianza di sé non solo attraverso le sue creazioni ma soprattutto attraverso la sua rappresentazione fisica.
Ciò che lo rende così affascinante quasi irrinunciabile agli occhi degli artisti (e non solo) è la sua capacità di sostituirsi interamente alla persona di cui è copia. Capacità che non è tanto di chi o cosa è ritratto, quanto del pensiero e della psicologia che fanno sì che l’immagine funzioni da doppio del soggetto soddisfacendo anche il bisogno della presenza costante di sé.

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L’autoritratto, quindi, non rappresenta solo le fattezze dell’autore ma soprattutto il suo essere persona. Il suo carattere, le sue emozioni, i suoi sogni e i suoi pensieri più reconditi. Anche la sua visione del mondo circostante, espressa dal suo stesso stile, a volte preciso e misurato, altre veloce e schizzato.
Purtroppo lo spazio non mi permette di approfondire ogni singola opera o filone ma cercherò di fornire, al meglio, una panoramica dello sviluppo del genere dell’autoritratto.
Secondo il critico e collezionista Maurizio Fagiolo dell’Arco l’autoritratto è “il sublime ricordo dell’antico mito di Narciso, è la proiezione del passato nella storia. È allegoria ed emblema, racconto e menzogna. Può essere finzione assoluta o verità inconscia”.

Narciso, infatti, è il personaggio della mitologia greca divenuto famoso per la sua immane bellezza. Figlio della ninfa Liriope e del dio fluviale Cefiso (o secondo un’altra versione di Selene ed Endimione), nel mito appare incredibilmente crudele, in quanto disdegna ogni persona che lo ama. A seguito di una punizione divina, Narciso si innamora della sua stessa immagine riflessa in uno specchio d’acqua e muore struggendosi di dolore (o affogando nel riflesso). Questa assimilazione dell’autoritratto al mito di Narciso ricorre molto nel campo della storia dell’arte. Recentemente anche il critico e storico dell’arte inglese James Hall ha definito il genere dell’autoritratto “cultura del narcisismo”.
Ma da dove ha origine lo sviluppo dell’autoritratto e quali sono stati i suoi significati nel corso dei secoli? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Pressoché quasi completamente sconosciuto nell’arte antica, il genere dell’autoritratto si inizia ad affermare nel periodo medievale. Raggiungerà la sua completa fortuna e dignità artistica nel corso del Rinascimento, grazie ai grandi pittori dell’epoca, sia essi italiani che provenienti dai territori dell’Europa settentrionale.
Pur essendo un “fenomeno” prettamente pittorico, si posso annoverare anche notevoli esempi di autoritratti scultorei (basti pensare al Ghiberti che si raffigura sulle porte nord ed est del Battistero di Firenze, e al Filarete che si ritrasse con il compasso in mano nella porta del Filarete nella Basilica di San Pietro. A partire dal XIX secolo (con l’invenzione della fotografia) abbiamo anche autoritratti fotografici di pregio.

Nel periodo di sviluppo dell’arte antica (così definito il periodo di produzione artistica delle civiltà in Cina, India, Mesopotamia, Egitto, Grecia e impero romano) non vi fu una vera e propria tradizione legata alla produzione dell’autoritratto. Infatti neanche alcune raffigurazioni egizie si possono annoverare nel genere dell’autoritratto in quanto si tratta di semplici immagini corporative equivalenti alla firma dell’autore.
Significativo, invece, in ambito greco è il ritratto dello scultore Fidia. Secondo quanto riportato da Plutarco nella Vita di Pericle, avrebbe avuto l’ardire di ritrarsi affianco allo stesso Pericle nella Battaglia delle Amazzoni, scolpita a bassorilievo sullo scudo dell’Atena Promachos nel Partenone. Gesto che gli sarebbe costato una condanna per empietà, alla quale sarebbe seguito il volontario esilio che lo condusse alla morte lontano da Atene. Purtroppo la sua raffigurazione non ci è pervenuta se non attraverso la mano scrivente di Plutarco.

Marco Grilli

Storico e critico d’arte, ho fatto della cultura la mia mission. Ho curato mostre, realizzato pubblicazioni, redatto testi critici e sono entrato nel mondo digitale, qualificandomi come Content Manager 2.0. Il web è, infatti, la nuova “frontiera culturale” e l’arte è sempre più universale. Con questa consapevolezza possiamo diffondere il sapere.

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