L’Autoritratto dal XVII secolo ad Oggi

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L’Autoritratto
William Hogarth, Autoritratto con il cane

Al pari di Dürer il Seicento vede la figura di Rembrandt, che si dedicò all’autoraffigurazione con particolare costanza e dedizione, lasciando quarantasei opere, che condensano tutti i filoni tipici della produzione seicentesca. Le sue creazioni possono essere considerate il percorso della sua vita tanto sono intrise di sensazioni, emozioni e pensieri. La terza fase della sua vita, quella segnata dalla morte della moglie e successivamente del figlio, vede la manifestazione del dolore e della sofferenza emotiva nella produzione artistica. Lo vediamo attraverso il disfacimento della pennellata, l’eliminazione della luminosità e il venir meno di quella squillante precisione che caratterizzò la sua produzione giovanile.

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Le ricerche di Rembrandt chiusero idealmente questo lungo periodo di sperimentazione intorno al genere autoritrattistico che interessò i secoli XV, XVI e XVII.
Il XVIII secolo vide il ritorno dell’autoraffigurazione dell’artista come tale, così come fu per Perugino, Pinturicchio e gli altri grandi artisti del Quattrocento. Quello che ora interessa è raccontare se stessi attraverso la propria immagine. È questo il secolo dell’Illuminismo dove la ragione ed il pensiero umano la fanno da padrone, così come la necessaria riaffermazione del proprio io artista e studioso.

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Il XIX secolo, invece, guardò alla riscoperta della introspezione psicologica oltre che alla rappresentazione di sé. Courbet, per esempio, ricercò sempre la propria rivendicazione sociale, basti pensare a L’Atelier (1854-1855), opera che rappresenta simbolicamente la storia della propria carriera di pittore. Anche Corot, Pissarro e Monet prestarono sempre attenzione all’immagine che volevano dare di sé e del proprio ruolo nella società.

Gustave Courbet, L’atelier del pittore

Sul finire del secolo, col progredire degli studi di Sigmund Freud, l’introspezione psicologica si fece sempre più profonda e drammatica. A cambiare è anche la dimensione sociale in cui gli artisti si trovarono a vivere, non più professionisti dalla notevole caratura culturale e dal grande riconoscimento sociale ed economico. Bensì, sempre più spesso, personalità isolate in un mondo borghese da loro giudicato ipocrita e conformista. Esempio lampante fu la produzione artistica di Vincent Van Gogh, che fece un racconto autobiografico attraverso la rappresentazione della propria immagine. Di certo non meno importanti furono anche Gauguin e Munch, ossessionato alla propria immagine il primo, attento all’inconscio il secondo. L’Urlo ne è un chiaro e forte esempio.

Edvard Munch, l’urlo

Il Novecento vide un graduale abbandono dell’autoritratto. Sebbene la sensibilità espressionista diede vita a raffigurazioni in cui il tormento interiore, l’alienazione sociale e il racconto della tragedia bellica sono le vere protagoniste e il futurismo, surrealismo e Nuova Oggettività continuino ad avvalersi in parte di questo genere, è con l’avvento dell’astrattismo che inizia a cessare la sua funzione che lo aveva visto nascere, crescere e svilupparsi. Eccezioni sono le opere di Frida Kahlo, Andy Warhol e Bacon, che non mi è possibile qui approfondire.

Finisce qui questa breve ma assai intensa carrellata sulla storia dell’autoritratto, che non vuole affatto essere esaustiva ma spunto da cui avviare ricerche ed approfondimenti. Ho voluto porre l’accento su quanto un genere così diffuso abbia prodotto e dato vita a significati talvolta completamente diversi tra loro. Significati spesso ispirati al periodo che li ha prodotti.
La sua importanza nella contemporaneità venne meno perché la condizione umana e sociale non sentiva più quella forte necessità della propria autoaffermazione, salda dei propri valori e della propria posizione all’interno dell’Universo.
Oggi, forse, la crisi dei valori sociali e umani e un forte senso di smarrimento hanno riportato in auge la necessità di una riaffermazione della propria individualità e della propria utilità per l’esistenza. E ci pensiamo bene i nostri selfie non sono dei contemporanei autoritratti?

Marco Grilli

Storico e critico d’arte, ho fatto della cultura la mia mission. Ho curato mostre, realizzato pubblicazioni, redatto testi critici e sono entrato nel mondo digitale, qualificandomi come Content Manager 2.0. Il web è, infatti, la nuova “frontiera culturale” e l’arte è sempre più universale. Con questa consapevolezza possiamo diffondere il sapere.

Continua l’esplorazione …

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