Vincenzo Peruggia e il furto del secolo… al Louvre

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Vincenzo Peruggia
Foto segnaletica di Vincenzo Peruggia

Il 21 Agosto del 1911, verso le 7 di mattina, Vincenzo Peruggia entra furtivamente al Louvre nel suo giorno di chiusura. Si direziona verso la Gioconda di Leonardo Da Vinci, libera l’opera dalla cornice, nasconde la tavola di pioppo sotto alla sua giacca, e se la porta via con sé. Ma chi era Vincenzo Peruggia? Noto decoratore italiano, Peruggia nasce a Dumenza (in provincia di Varese) nel 1881. Appreso, in giovane età, il mestiere di imbianchino e verniciatore, segue dapprima il padre a Lione. Emigra poi in cerca di lavoro a Parigi nel 1907, dopo che sei anni prima fu scartato dalla leva obbligatoria a causa del suo corpicino esile.

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Vista la lontananza con l’Italia e l’impossibilità di far visita alla famiglia, egli manterrà con quest’ultima una ricca corrispondenza epistolare, nella quale racconterà sempre la sua quotidianità. Parigi, però, non gli porterà molta fortuna. Dopo poco che la raggiunse si ammalò di saturnismo, malattia dovuta all’intossicazione da piombo, presente nelle vernici utilizzate dagli imbianchini. In seguito al furto del 1911, fu processato, dopo essere rientrato in Italia, il 5 Giugno del 1914 dal Tribunale di Firenze e condannato ad una reclusione di un anno e quindici giorni per furto aggravato. Nell’appello del 29 Luglio la pena fu ridotta a sette mesi e otto giorni di reclusione.

Scarcerato immediatamente, Peruggia partecipò alla Prima Guerra Mondiale e dopo la disfatta di Caporetto finì in un campo di prigionia austriaco. Terminata la Guerra, il 26 Ottobre del 1921 si sposa e fa ritorno in Francia grazie ad un espediente. Sulla carta di espatrio sostituisce il primo nome (Vincenzo) con il secondo (Pietro), potendo così rientrare nel Paese che aveva derubato e che nuovamente ingannò. Nel 1924 gli nasce la sua unica figlia, Celestina (che tutti in Francia chiamavano “Giocondina”), recentemente scomparsa nel Marzo 2011. L’8 Marzo del 1925, Vincenzo Peruggia lascia la sua vita terrena a causa di un infarto.

Vincenzo Peruggia
Leonardo Da Vinci, La Gioconda

Ma come avvenne il furto? Verso le sette di mattina, Peruggia entra nel Louvre, passando per la porta Jean Goujon, solitamente utilizzata dagli operai. Senza che nessuno si accorgesse della sua presenza, raggiunse il Salon Carré, dove era il quadro della Monna Lisa. Dopo averlo staccato dalla parete, si diresse verso la scaletta della Sala dei Sept Maitre dove si disfò della cornice e del vetro. Giunto in un cortile interno poco frequentato, si servì della giacca che indossava per nascondere l’opera.

Uscito dal museo senza essere fermato, salì su di un autobus per farsi portare a casa. Accortosi di aver sbagliato tratta, scese poco dopo e si fece accompagnare da una vettura, nella sua casa in rue de l’Hopital Saint Louis, dove nascose la Gioconda. Dovendo tornare al lavoro, giustificò il suo ritardo dicendo di essersi ubriacato il giorno precedente e di subirne ancora le conseguenze. L’opera fu però presto spostata in quanto Peruggia temeva che l’umidità della sua casa potesse danneggiarla. Per questo motivo l’affidò al connazionale Vincenzo Lancellotti che abitava nel suo stesso stabile. Trascorso un mese, dopo aver costruito un’apposita cassa, lo riprese e lo tenne con sé.

Il furto fu scoperto solo il giorno seguente, martedì 22 Agosto 1911, quando due artisti si diressero al salone Carré per studiare le opere dei grandi maestri, ma non vi trovarono più la Gioconda. Avvisato il capo della sicurezza, in poco tempo nella sala si riunirono il direttore del museo, il sottosegretario di Stato alle Belle Arti, il capo della polizia e il prefetto di Parigi. Tutte le uscite del Museo furono bloccate e ogni visitatore perquisito. Ma del quadro non vi era traccia. Ci si accorse che la porta utilizzata dagli operai era stata forzata, quindi si interrogarono tutti gli operai che lavoravano presso la struttura museale.

La cittadinanza fu mobilitata a fornire informazioni riguardo a qualsiasi anomalia avessero riscontrato. Gli “Amici del Louvre” arrivarono a offrire una ricompensa di venticinquemila franchi per chi avesse dato informazioni valide. Nel frattempo furono erroneamente arrestati anche Guillaume Apollinaire (che diverrà noto critico d’arte) e Pablo Picasso che riuscirono, però, a dimostrare la loro estraneità ai fatti. Escluso anche il personale stabile del museo, ci si rivolse a indagare sui decoratori, imbianchini e muratori che lì lavoravano. La stanza di Peruggia fu perquisita ma l’opera non fu trovata in quanto nascosta in uno scomparto dell’unico tavolo che egli possedeva.

Nel 1913 il collezionista d’arte fiorentino Alfredo Geri, organizzò una mostra nella sua galleria, chiedendo ai privati, tramite un annuncio sui giornali, di prestargli alcune opere. Da Parigi ricevette una lettera con la quale gli veniva proposta la vendita della Gioconda a patto che fosse conservata ed esposta in Italia. Consigliatosi con Giovanni Poggi, direttore della Regia Galleria di Firenze, Alfredo Geri organizzò un incontro con Monsier Léonard V. (come si firmò Vincenzo Peruggia) per l’11 Dicembre 1913 presso un albergo di Firenze. Geri si presentò con Poggi che prese in custodia il quadro per esaminarlo. Il giorno seguente Peruggia fu arrestato dai Carabinieri nella sua stanza d’albergo.

Perchè il furto della Gioconda? Vincenzo Peruggia dichiarò sempre di aver compiuto questo furto per puro spirito di patriottismo, poiché la visione su di un opuscolo dei quadri italiani, portati in Francia da Napoleone, provocò in lui un senso di vendetta. Voleva restituire all’Italia almeno uno di quei dipinti, non gli importava quale. Inizialmente, infatti, aveva pensato alla “Bella Giardiniera” di Raffaello, ma le eccessive dimensioni lo avevano dissuaso. Ironia della sorte, Peruggia rubò l’unica opera che non fu trafugata da Napoleone, in quanto Leonardo, molto probabilmente, la portò in Francia con sé quando fu chiamato alla corte di Francesco I, poiché non riusciva mai a considerarla un’opera finita essendo, la realtà, è in continua mutazione. L’opera risulta, infatti, già attestata e presente nelle collezioni reali sin dal 1625.

L’immediata condanna e l’ottimo lavoro delle autorità italiane, permise un maggior dialogo e amicizia con lo Stato francese, che concesse un lungo periodo di esposizione della Gioconda, presso le principali istituzioni museali italiane (gli Uffizi a Firenze, Palazzo Farnese e Galleria Borghese a Roma) prima del suo definitivo rientro. La Monna Lisa arrivò a Modane (Francia) su un treno speciale delle Ferrovie Italiane, per essere poi portata a Parigi dove nel salone Carré del Musée du Louvre. L’attendeva il Presidente della Repubblica Francese e tutto il Governo al gran completo.

Marco Grilli

Storico e critico d’arte, ho fatto della cultura la mia mission. Ho curato mostre, realizzato pubblicazioni, redatto testi critici e sono entrato nel mondo digitale, qualificandomi come Content Manager 2.0. Il web è, infatti, la nuova “frontiera culturale” e l’arte è sempre più universale. Con questa consapevolezza possiamo diffondere il sapere.

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