Giuditta e Oloferne, Artemisia Gentileschi

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Giuditta e Oloferne
Artemisia Gentileschi, Giuditta e Oloferne

Illustre pittrice caravaggesca, Artemisia Gentileschi ebbe una personalità veramente formidabile. Già da adolescente mostrò un gran temperamento e un talento notevole. Figlia d’arte, il padre Orazio era un importante pittore, visse con un’indipendenza rara per una donna del suo tempo. Caratteristica principale del suo stile sono una drammaticità e una forza espressiva straordinaria. Lo vediamo bene nella Giuditta e Oloferne degli Uffizi, un soggetto che nella sua opera torna più volte. Ma come mai un tema così cruento? Forse questa scelta è da collegare a un tragico evento della vita di Artemisia. All’età di 17 anni infatti portò in tribunale Agostino Tassi con l’accusa d’averla violentata e durante il processo fu pure torturata.

Per questo la feroce intensità con la quale dipinse una donna che decapita un uomo è stata vista come una sorta di rivincita pittorica delle sue sofferenze. Qui Giuditta è colta nell’attimo cruento in cui taglia la testa di Oloferne. Il suo sguardo determinato guida con fermezza la mano e sembra incurante del sangue che schizza tutt’intorno. La scena è illuminata da una luce proveniente da sinistra che sottolinea il momento di tensione e ci rende visibili i tre personaggi. La sanguinosa brutalità del dipinto è accentuata dal colore pieno della coperta di velluto in contrasto con il biancore delle lenzuola. Siamo di fronte a un esempio perfetto d’arte barocca con tutta la sua drammaticità, con gli effetti di luce e i colori vividi.

Forse può risultarci difficile credere che il quadro sia opera di una donna vissuta nel XVII secolo. Pensate che all’epoca alle donne che volevano intraprendere la carriera di pittrici era concesso solo la rappresentazione di nature morte e quadretti di genere. Temi ritenuti più consoni all’integrità morale di una fanciulla. Lo studio anatomico poi era considerato molto disdicevole. Ma questa è Artemisia, temperamento focoso, un tempo considerata solo la “figlia di Orazio”, ma oggi ormai finalmente riconosciuta per i suoi meriti artistici.

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C.C.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui

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