
Oro, pietre preziose, gioielli raffinati. No non sto parlando di un ricco tesoro egizio, ma del corredo funebre degli etruschi. Orecchini, collane, corone, braccialetti, anelli, pettorali, fibule e molto altro. Tutti oggetti che ritroviamo nelle tombe delle donne etrusche. Sì perché il popolo etrusco, come molti altri dell’antichità, usava accompagnare i defunti con un corredo adeguato al rango della persona sepolta. Ma in particolare gli etruschi erano famosi per la loro grande abilità nella lavorazione di metalli e pietre preziose. I maggiori centri di produzione erano Vetulonia, Vulci, Cere e Preneste. E proprio nelle necropoli di queste città si fecero ritrovamenti straordinari. Da ricordare quello compiuto dal sacerdote Alessandro Regolini e dal generale Vincenzo Galassi nella necropoli del Sorbo, a sud-est di Cere.
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Qui venne scoperta una tomba con i resti di alcune persone tra cui una ricca dama o una sacerdotessa. Il suo scheletro era letteralmente ricoperto di gioielli e su una tavola c’era il vasellame che la signora aveva usato in vita. Tutto realizzato in fine bucchero (tipo di ceramica nera e lucida), argento e oro lavorati. Comunque l’oro era certamente il materiale che andava per la maggiore, in una società caratterizzata da benessere e ricchezza. Non solo, questi gioielli rivelano un grande estro, una grande inventiva nella lavorazione che supera il valore del materiale. Anche su specchi e ciste (recipienti di forma cilindrica dotati di coperchio, per contenere oggetti di toletta o di abbigliamento sia maschile che femminile) abbiamo ricercate incisioni che rivelano tutto il gusto degli artigiani-artisti dell’epoca.

Specchi e ciste
Gli specchi erano per lo più rotondi, con un manico e una delle due facce concava e lucida per specchiarsi. L’altro lato, convesso, recava incisioni a tema mitologico. Erano realizzati in bronzo che veniva colato in stampi di pietra. L’oggetto ottenuto andava perfezionato, martellato, levigato e inciso. Le ciste invece erano realizzate in legno, in metallo o in avorio, di solito a tre piedi. Celebre per gli addetti del settore è la Cista Ficoroni della fine del IV secolo a.C. Chiamata così per il nome del collezionista proprietario che poi la donò al Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma. La decorazione su questo splendido oggetto ci racconta un episodio della leggenda degli Argonauti. Il coperchio ha un’ansa composta da tre figure, Dioniso tra due satiri, sotto le quali è inciso il nome dell’artista e del committente. L’artista che lo realizzò si chiamava Novio e forse è anche l’autore della bellissima incisione che ricopre la cista. Effetti di scorcio, ombreggiature e dettagli realistici. Quanta maestria!
Continua l’esplorazione …
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C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici che potete trovare qui.