Nelle Stanze di Raffaello, di cui vi parlerò oggi, un tempo pochissime persone potevano accedere perché erano usate da papa Giulio II della Rovere come residenza privata. Si tratta di un insieme di quattro sale, tutte a pianta rettangolare e soffitto a crociera. L’incarico di decorarle fu inizialmente affidato a un gruppo di artisti tra cui Perugino, Peruzzi, Sodoma e Lotto. Nel 1508 però il pittore e architetto Donato Bramante introdusse in Vaticano un’artista all’epoca ancora molto giovane e poco conosciuto, proveniente dalla sua stessa città, Urbino: era il grande Raffaello Sanzio. Raffaello iniziò a lavorare nella Stanza della Segnatura, ma ben presto, visto il talento del giovane, il papa decise di affidargli l’esecuzione di tutto il complesso decorativo licenziando gli altri pittori.
Pensate che, secondo i resoconti dell’epoca, le pareti delle quattro sale erano già state decorate. Il pontefice ordinò che tutto il ciclo pittorico fosse cancellato per far posto agli affreschi di Raffaello. Per l’artista, allora venticinquenne, fu un grande riconoscimento e una commissione che lo impegnò dal 1508 al 1520.
Stanza di Costantino
La prima sala nel percorso museale è quella di Costantino, realizzata per ultima, destinata a ricevimenti, cerimonie ufficiali e solenni banchetti. La sua decorazione fu realizzata tra il 1520 e il 1524, dagli allievi di Raffaello sulla base dei disegni lasciati dal maestro dopo la sua prematura morte avvenuta il 6 aprile del 1520. Gli affreschi della stanza celebrano la storia di Costantino, primo imperatore romano a concedere libertà di culto ai cristiani con l’editto di Milano del 313 d.C.
Si comincia con l’Apparizione della Croce in cui Costantino, prima della battaglia contro Massenzio, parla ai soldati e nel cielo appare la Croce, conferma che l’imperatore vincerà.

Segue la Battaglia di Ponte Milvio che rievoca la vittoria di Costantino su Massenzio autoproclamatosi imperatore al suo posto.
Poi è la volta del Battesimo di Costantino. Mentre la quarta e ultima scena raffigura la Donazione di Roma nella quale Costantino offrì a papa Silvestro la città di Roma simboleggiata dalla statuetta dorata. Su questo episodio leggendario si fondò lo stato della Chiesa e il potere temporale dei papi. La scelta di questi temi è dovuta al desiderio di affermare la potenza della Chiesa ripercorrendo un periodo storico in cui essa si affermò come istituzione, sconfiggendo il paganesimo.
Stanza di Eliodoro
La seconda sala, seguendo il percorso dei musei, è quella detta di Eliodoro, decorata tra il 1511 e il 1514 che prende il nome da uno dei dipinti presenti al suo interno. Qui papa Giulio II chiese una chiara rappresentazione dell’appoggio divino alla Chiesa e un’esaltazione della propria politica. Questo per dare un segno di forza in un momento in cui il papato era messo in crisi da diversi nemici su più fronti, nell’ambiente che era riservato alle udienze pubbliche.
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Si parte con l’episodio della cacciata di Eliodoro in cui viene rappresentato il cancelliere del re di Siria, sorpreso a rubare il tesoro del Tempio di Gerusalemme, cacciato da un cavaliere divino e due giovani. La cacciata è un riferimento all’intoccabilità dei patrimoni della Chiesa. Molto originale è la scelta che Raffaello fece nello spostare la narrazione dell’evento in due zone agli estremi della parete. A sinistra il pontefice che assiste alla scena e a destra la cacciata vera e propria.

Su un’altra parete troviamo la liberazione di San Pietro suddivisa in tre momenti: al centro l’angelo appare in sogno a San Pietro. A destra lo conduce fuori dalla prigione superando le guardie addormentate. A sinistra una guardia sveglia gli altri soldati sbigottiti per l’improvvisa scomparsa del santo. Si tratta di uno dei più suggestivi notturni della storia dell’arte. Un altro affresco celebra l’incontro di papa Leone Magno con Attila in cui, secondo i racconti, il papa riuscì a spaventare i barbari di Attila grazie all’apparizione in cielo dei santi Pietro e Paolo armati di spade, evitando la loro discesa su Roma.

Nella quarta parete trova posto la Messa di Bolsena, episodio leggendario durante il quale un prete dubbioso sulla presenza di Cristo durante la celebrazione della messa, vide uscire sangue dall’ostia consacrata. Questo evento, che diede vita alla festa cristiana del Corpus Domini, fu anche all’origine della costruzione dello splendido Duomo di Orvieto. Sulla volta sono rappresentati il roveto ardente in cui Dio parlò a Mosè. La scala di Giacobbe in cui Dio si rivelò in sogno al patriarca del popolo ebraico. L’apparizione di dio a Noè per salvarlo dal diluvio universale e, infine, il sacrificio di Isacco durante il quale Dio premiò la fede del padre Abramo.
Stanza della Segnatura
La terza sala che incontrerete in questo straordinario percorso d’arte è quella della Segnatura e contiene i più famosi affreschi di Raffaello. Essi costituiscono l’esordio del grande artista in Vaticano e segnano l’inizio del pieno rinascimento. L’ambiente prende il nome dal più alto tribunale della Santa Sede presieduto dal papa che si riuniva in questa sala. Gli affreschi rappresentano i tre aspetti più meritevoli dello spirito umano: il Vero, il Bene e il Bello. Sulla volta, dentro a dei medaglioni, sono ritratte figure allegoriche che simboleggiano quattro discipline, la Teologia, la Filosofia, la Giustizia e la Poesia.

La Disputa del Sacramento venne erroneamente interpretata poiché in realtà è una rappresentazione del trionfo della religione. La composizione e divisa in due parti: nella sezione in basso si trova la Chiesa militante con i dottori e i teologi che presiedono al sacramento dell’eucarestia, vero centro dell’intera scena. Nella parte alta c’è la Chiesa trionfante con Dio padre, gli angeli, Cristo in maestà tra la Vergine e San Giovanni. E in basso la colomba dello Spirito Santo.
Sulla parete d’ingresso alla sala c’è l’opera più nota. La Scuola di Atene che illustra una schiera di pensatori, filosofi e scienziati dell’antichità, davanti a un’imponente architettura classica. Al centro di tutta la composizione stanno Platone, raffigurato con le sembianze di Leonardo da Vinci, nell’atto di sollevare il dito al cielo indicando la sfera ideale da cui egli ritiene provenire la conoscenza. E Aristotele che con il braccio destro indica il mondo circostante, la natura e dunque l’importanza di una conoscenza fondata sull’osservazione della realtà. I due filosofi rappresentano la possibilità d’unione tra la dottrina platonica e quella aristotelica, all’epoca aspramente contrapposte.

La terza grande composizione della sala, raffigura il Parnaso, dal nome della montagna sacra al dio Apollo e alle Muse secondo il mito classico della Grecia. Nella scena Apollo suona una lira circondato dalle nove muse protettrici delle arti. A sinistra e a destra lo circondano poeti classici e moderni. Sulla parete opposta al Parnaso sono raffigurate le Virtù Cardinali: Fortezza, Prudenza, Temperanza. E quelle Teologali: Fede, Speranza, Carità.
In questa, come nelle altre sale, Raffaello seppe, da un’osservazione diretta delle antichità romane, creare un’arte che divenne simbolo della pittura italiana del Cinquecento.
Stanza dell’incendio di Borgo
La quarta e ultima sala è quella dell’Incendio di Borgo, commissionata da papa Leone X a Raffaello che però a sua volta affidò gran parte della sua realizzazione agli allievi che la terminarono tra il 1514 e il 1517. Questa stanza divenne la camera da pranzo ordinaria degli appartamenti del pontefice. Un luogo unico dove poter mangiare! Gli affreschi al suo interno illustrano le grandi aspirazioni politiche di Leone X per mezzo di storie tratte dalle vite di due papi precedenti con lo stesso nome: Leone III e Leone IV. In tutti gli episodi però il papa assume i tratti del pontefice regnante, Leone X, in una sorta di dimostrazione di continuità politica, militare e diplomatica.

La prima scena raffigura l’Incoronazione di Carlo Magno avvenuta nella basilica vaticana nella notte di Natale dell’anno 800 a opera di Leone III. Evento che diede così inizio al Sacro Romano Impero. Si passa poi alla Giustificazione di papa Leone III, che illustra la promessa fatta dal papa in presenza di Carlo Magno e di sacerdoti il giorno precedente l’incoronazione del sovrano. Questo per respingere delle calunnie che gli erano state rivolte. Ma è l’Incendio di Borgo, forse, l’affresco più emozionante. Qui vediamo l’intervento prodigioso di papa Leone IV che, impartendo la benedizione, spense un incendio divampato nel quartiere romano del Borgo.

La scena è drammatica, caratterizzata da una moltitudine di personaggi in cerca di una salvezza dalle fiamme. Sulla sinistra un uomo salva la sua famiglia caricandosi un anziano sulle spalle, una donna si sacrifica per risparmiare il figlio, mentre sulla destra un gruppo prende i secchi per cercare di spegnere l’incendio. Un turbine d’azione e sentimento. Infine l’ultimo episodio è la Battaglia di Ostia, avvenuta sul litorale romano nell’anno 849 e celebrante la vittoria sui Saraceni riportata da papa Leone IV e dal suo esercito.

Non c’è dubbio che le Stanze rappresentino uno dei massimi capolavori di Raffaello. Questi ambienti hanno permesso all’artista di misurarsi con i soggetti più diversi e di adottare ogni volta nuove soluzioni. L’abitudine di chiamarle con il nome del pittore invece di quello dei pontefici committenti è significativa dell’importanza raggiunta dalla sua arte. Si può senz’altro affermare che, se la Cappella Sistina incarna il cuore del Vaticano, soprattutto come autorità spirituale, le Stanze di Raffaello sono invece il cuore politico del papato.
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C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui