Un artista che ancora oggi ci sorprende e affascina. Per la tecnica artistica, per i suoi splendidi e rivoluzionari paesaggi. Per la quantità e varietà di opere prodotte. Joseph Mallord William Turner (1775-1851), pittore inglese, una delle più importanti figure nella storia del paesaggismo. Nonostante fosse di umili origini, il padre faceva il barbiere a Covent Garden, divenne uno degli artisti di maggior successo del XIX secolo. Chiamato in famiglia semplicemente Bill o William, sin da bambino dimostrò un talento per il disegno. Tanto che da ragazzo si guadagnò da vivere colorando stampe. Nel 1789 iniziò a lavorare come disegnatore e nello stesso anno si iscrisse alla Royal Academy dove studiò regolarmente fino al 1793 e poi con meno frequenza fino al 1799.
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Sì perchè il talento prodigioso di Turner era troppo costretto dall’accademia e con il passare del tempo le sue opere manifestarono un crescente desiderio di aprire nuove strade. L’artista espose per la prima volta un acquerello nel 1790, a soli 15 anni. Già dal 1791 iniziò a compiere viaggi e, in un’epoca in cui nascevano il turismo e i moderni mezzi di trasporto, Turner divenne poi uno dei maggiori artisti viaggiatori del suo tempo. Inizialmente esplorò la sua patria, l’Inghilterra, per disegnare schizzi di paesaggi, vedute e soggetti architettonici che in seguito usava come base per gli acquerelli che inizialmente costituirono la sua tecnica artistica. Nel 1796 espose per la prima volta un dipinto a olio all’accademia, Pescatori sul mare.
Un giovane promettente
Solo tre anni dopo, nel 1799, divenne professore associato della Royal Academy e nel 1802, a pochi mesi dai 27 anni, divenne il secondo accademico più giovane nella storia dell’Academy. Già in questi anni Turner aveva raggiunto un certo benessere economico, lavorando molto e conducendo una vita sobria. Giovane quindi, talentuoso senza dubbio e decisamente attratto dalla pittura di paesaggio. Fin dagli inizi della sua carriera infatti l’artista volle elevare questo genere dimostrando al mondo la sua forza espressiva e la versatilità. E ci riuscì. Turner non voleva solo dipingere i dettagli fisici dei luoghi, ma carpire le trasformazioni generate dagli elementi atmosferici, emozionando lo spettatore. L’artista fu in grado di riprodurre gli effetti naturali generati dalle intemperie, dall’acqua e soprattutto dallo spettacolo della luce.

Le opere di Turner inoltre sono originali perché rappresenta la violenza della natura in uno stile pienamente romantico. Il naufragio è un primo esempio da questo punto di vista, ma una delle sue opere più celebri resta forse Tempesta di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi. Certo, l’artista continuò anche a produrre quadri più convenzionali, per poter andare incontro al mercato e guadagnare bene. E in questo sta uno dei talenti di Turner: la sua estensione mentale. Mescolando intelligenza, amore per il paesaggio, e conoscenza, l’artista affrontò i temi più svariati. Mitologia classica, storia, letteratura, politica e arte. Pensate che molti dei dipinti che espose alla Royal Academy erano accompagnati da versi stampati e poesie che componeva personalmente.
Un artista in continua evoluzione
Estensione mentale confermata, come abbiamo anticipato, dai viaggi. In Europa nel 1802, da Parigi alla Svizzera. Poi nel 1817 in Belgio, Olanda e nella valle del Reno. Visitò l’Italia quattro volte, la prima nel 1819 e l’ultima nel 1840. Turner era ispirato dai luoghi che visitava durante i suoi viaggi. In particolare gli rimasero nel cuore Venezia e le montagne e i laghi svizzeri. Una perfetta combinazione di natura, architetture e una luce limpida e tenue. La sperimentazione dell’artista proseguì e a partire dagli anni Trenta i dipinti di Turner divennero sempre più liberi. I dettagli si persero in favore della resa atmosferica e degli effetti di luce e colore. A molti critici non piacque questa trasformazione e accusarono l’artista di dipingere con crema, cioccolato, tuorlo d’uovo o marmellata e di servirsi degli utensili che trovava in cucina.

Nonostante ciò, la posizione e la ricchezza di Turner gli permisero di rimanere indifferente a tutte le critiche. Dopotutto ebbe anche molti ammiratori importanti. George Wyndham, terzo conte di Egremont fu il suo committente più assiduo. Ma anche un giovane Ruskin, scrittore, pittore, poeta e critico d’arte, che lo elogiò nel primo volume dei Pittori moderni, pubblicato nel 1843. Ruskin rovesciò le accuse mosse all’artista. Ciò che ai critici apparve come un tradimento della natura e una mancanza di veridicità era in realtà, a suo parere, l’espressione di una verità più specifica ed essenziale. Una nuova meta per la comprensione della natura. In quegli anni le opere di Turner erano già praticamente dei quadri astratti in cui le forme si dissolvono in un pulviscolo di luce e colore. Nei suoi ultimi acquerelli svizzeri raggiunse l’apice del virtuosismo tecnico, trasfigurando il paesaggio, esprimendo sentimenti profondamente umani.

Aneddoti e curiosità
Una produzione artistica straordinaria, per vastità, varietà e portata rivoluzionaria. Purtroppo però abbiamo poche informazioni sulla vita di Turner, le uniche fonti sono i suoi dipinti e qualche curioso aneddoto. Pare che l’artista custodisse gelosamente la sua vita privata e col passare degli anni divenne quasi un recluso. A volte si presentava sotto falso nome come Mr Booth, dal cognome dell’amante, Sophia Booth. Non si sposò mai, ma ebbe due relazioni importanti, con donne rimaste vedove. Pare che abbia avuto diversi figli e che la sua indole burbera e schiva nascondesse un certo appetito sessuale. Dopo la sua morte, Ruskin, che fu esecutore testamentario, distrusse molti disegni erotici trovati nel suo studio per paura che potessero rovinarne la memoria.

Infine resta la vicenda un po’ triste del testamento. Turner infatti lasciò precise istruzioni per la ripartizione del patrimonio e per la creazione di una galleria speciale presso la National Gallery che contenesse molti dei suoi lavori. Il testamento però fu impugnato da alcuni lontani cugini che riuscirono a ottenere i suo patrimonio in denaro. Inoltre tutte le opere rimaste in possesso dell’artista al momento della morte andarono alla National Gallery sì, ma vennero separate tra la Tate Britain e la National Gallery stessa. Parliamo di trecento quadri a olio e ben 19.000 tra disegni e acquerelli. Il lascito di Turner risulta quindi diviso, ma rappresenta comunque un viaggio straordinario attraverso la vita e l’opera dell’artista. Un viaggio fatto di luce, emozione e colore.
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C.C.
La ricerca sulla luce di Turner, le ombre indistinte, i vapori sfumati e soffusi specie nelle opere della maturità, non possono essere attribuiti anche al deficit visivo della presbiopia, come del resto per molti altri pittori (Monet, affetto da cataratta bilaterale, dipinge le ninfee)? Voglio dire, quella realtà così ‘atmosferica’ corrisponde ad una mutata concezione del mondo o ad una differente capacità visiva? O entrambe?
Tutte domande legittime a cui è difficile dare una risposta certa …