Pittore, scultore e ceramista, Joan Mirò è uno degli artisti spagnoli più famosi di tutti i tempi. Figlio di un orefice e orologiaio, mostrò presto di essere dotato per il disegno. Iscritto nel 1907, su consiglio del padre, a una scuola commerciale, seguì allo stesso tempo i corsi della Scuola di belle arti della Lonja a Barcellona. Divenne contabile in una drogheria, ma la sua vita cambiò dopo un esaurimento nervoso. Per rimettersi, nel 1911, si stabilì nella fattoria di Montroig in Catalogna, che i genitori avevano appena acquistato e che restò uno dei luoghi privilegiati della sua ispirazione. I genitori, fino ad allora completamente contrari a una carriera artistica, finalmente cedettero e lo lasciarono libero nelle sue scelte. Mirò ottenne allora di potersi dedicare interamente alla pittura e frequentò a Barcellona l’Accademia di Francisco Galì, il cui insegnamento liberale lo stimolò.

Uno stile personale
Elaborò presto uno stile molto personale caratterizzato da colori brillanti, forme fluide e oniriche, oggetti fluttuanti e un uso della calligrafia. Fu comunque influenzato dal cubismo, dal fauvismo e dal surrealismo. Le sue opere si distinguono per i colori vividi e intensi e per le forme astratte che inizialmente potrebbero sembrare naif, rivelandosi poi di grande complessità. Mirò produsse moltissime opere, con tecniche diverse: dipinti, incisioni, stampe, sculture, litografie e calligrafie. Negli anni Venti l’artista visse a Parigi, cuore pulsante dell’arte mondiale. Visitò la città per la prima volta nel 1919 e da quell’anno prese l’abitudine di passare l’inverno a Parigi e l’estate nella fattoria di famiglia di cui vi ho parlato, vicino a Barcellona. A Parigi incontrò Picasso ed entrò in contatto con il movimento surrealista.

La frequentazione degli scrittori e degli artisti del gruppo surrealista confermò l’artista nelle sue audaci trasposizioni; il passaggio all’universo onirico, mezzo fantastico e mezzo familiare, ha luogo nel 1923. Nel 1924 firmò il manifesto del gruppo, ma per tutta la vita rimase fedele al principio fondante del surrealismo. Ovvero lasciare libere le forze creative dell’inconscio dal controllo della logica e della ragione. Una delle prime opere in cui Mirò mise in atto la propria visione personale è il Carnevale di Arlecchino, che rappresenta una bizzarra riunione di creature simili a insetti che ballano e suonano. Quasi tutte le sue opere presentano questa giocosità, ma l’artista fu ispirato anche da immagini molto più cupe. Ovvero quelle generate dalla Guerra civile spagnola, durante la quale disegnò manifesti di propaganda per i repubblicani, in opposizione a Franco.
Dalle difficoltà al successo
Negli anni parigini l’artista spesso non aveva nemmeno i soldi per mangiare e in seguito, quando raggiunse il successo, potersi permettere la casa dei propri sogni fu per Mirò un segno tangibile dei propri traguardi. La Guerra civile spagnola e il fascismo lo tennero lontano dalla Spagna dove rientrò solo per periodi limitati di tempo. Nel 1937 le sue opere furono messe in mostra all’Esposizione Universale di Parigi. Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale e l’invasione nazista della Francia, Mirò fuggì di nuovo e nel 1940 cercò rifugio in Spagna. Nel 1941 visitò per la prima volta gli Stati Uniti in occasione della sua mostra al Museum of Modern Art di New York. Nel 1944 cominciò a realizzare ceramiche e a poco a poco iniziò anche a cimentarsi con la scultura. All’inizio si trattava di piccole terrecotte, poi divennero anche opere di grandi dimensioni, realizzate in bronzo.

Il periodo dei murales
Nel 1947 negli Stati Uniti realizzò un enorme dipinto murale per la terrazza dell’Hotel Hilton di Cincinnati. Da questo momento fece altre opere di grandi dimensioni, spinto dal desiderio di comunicare con un grande pubblico. E così fece un murale per l’Università di Harvard e due grandi decorazioni murali in ceramica, il Muro del Sole e il Muro della Luna per l’edificio dell’Unesco a Parigi. L’esigenza di rivolgersi a un pubblico sempre più ampio è confermata anche dalla produzione di stampe. Tanti bellissimi progetti quindi, ma la vera felicità per l’artista arrivò nel 1956 quando si trasferì a Palma di Maiorca, dove aveva sempre desiderato vivere. Nonostante la fama mondiale ormai acquisita, Mirò rimase sempre una persona modesta, riservata, totalmente dedita al suo lavoro, continuando sempre a sperimentare nuove tecniche fino agli ottant’anni.

Una curiosità: pare che tra Mirò e Picasso, altra icona dell’arte spagnola e mondiale, non ci fosse una gran intesa. In una delle rare apparizioni in pubblico infatti Mirò arrivò a criticare Picasso per quella che gli sembrava mania di pubblicità.
Fare pittura o poesia è come fare l’amore: un abbraccio totale.
Joan Mirò
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C.C.
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