
Nuovo appuntamento con l’imperdibile post dedicato alle persone che hanno contribuito alla storia dell’arte pur non essendo artisti. Collezionisti, critici e mercanti. Si tratta di uomini e donne che hanno collezionato, commerciato, investito sull’arte e sugli artisti. Badate bene che, a differenza d’oggi, spesso queste persone lo facevano inseguendo un gusto o un progetto personale. Oppure semplicemente per una smania incontenibile di collezionismo. Senza pensare alle opere come mero investimento in grado di rendere nel tempo. A volte si trovarono a sostenere artisti su cui pochi avrebbero scommesso. Insomma troverete come al solito molte storie interessanti. Gli altri post li potete leggere seguendo il link Collezionisti, critici e mercanti.
Alessandro Contini Bonacossi
Alessandro fu un collezionista precoce, interessandosi inizialmente di francobolli. A soli diciott’anni possedeva un’importante collezione filatelica. In questo periodo partì per la Spagna, dove soggiornò diversi anni. Un soggiorno che più tardi gli consentì di scegliere con sicurezza le opere dei maestri spagnoli, che costituirono parte della sua galleria. Tornato in Italia nel 1911, si stabilì a Roma. Il mercato delle opere d’arte, estremamente attivo tra le due guerre, favorì i suoi progetti. Acquistò e vendette, formando una collezione di grande ricchezza, la cui parte essenziale era costituita dalla pittura italiana, dai primitivi a Tiepolo, con un complesso notevole di dipinti spagnoli, dominato dalla celebre Natura morta di agrumi di Zurbarán.
Stabilitosi dal 1927 a Firenze, Bonacossi già pensava di fare una donazione ai musei fiorentini. Un comitato composto da rappresentanti dello Stato italiano e della città di Firenze venne incaricato di selezionare opere che colmassero certe lacune delle raccolte fiorentine. Tranne alcuni pezzi, sono state prevalentemente scelte opere italiane non appartenenti alla scuola fiorentina e, di conseguenza, meno rappresentate agli Uffizi e a palazzo Pitti, dove la donazione ha trovato posto. Numerose opere importanti della collezione sono state acquisite da altri grandi musei dopo il 1970: il Louvre di Parigi, il County Museum di Los Angeles, Brera a Milano, la National Gallery di Canberra e la fondazione Norton Simon di Pasadena.

Francis Cook
Ricco industriale tessile, acquistò nel 1860 Doughty House a Richmond. Con i consigli di Charles Robinson, sovrintendente ai quadri della regina, vi raccolse una delle più ricche raccolte di maestri antichi dell’Inghilterra vittoriana. Tale collezione era però in gran parte dedicata alla pittura italiana, soprattutto rinascimentale. Spiccava pure un’importante raccolta del XVII secolo fiammingo e olandese. Cook si distinse per non possedere nella sua collezione alcuna tela inglese successiva al 1820. La raccolta era in mostra in gallerie appositamente costruite allo scopo, ed era in ogni momento accessibile agli studiosi. Il figlio Herbert ereditò la maggior parte della collezione, ma successivamente la raccolta fu venduta gradualmente.

Lorenzo Corsini
Quest’uomo, destinato a un’altissima carica, apparteneva a una famiglia di collezionisti impegnata a Firenze e a Roma in imprese architettoniche e nel collezionare dipinti. Nel XVII secolo aveva fatto costruire a Firenze i palazzi Corsini sul lungarno da Pier Francesco Silvani e Antonio Ferri e la cappella di Sant’Andrea Corsini nella chiesa del Carmine. Lorenzo Corsini, divenuto papa col nome di Clemente XII (1730-40), sviluppò a Roma una grande attività edilizia, facendo restaurare il Vaticano e commissionando la fontana di Trevi, nonché le facciate di San Giovanni in Laterano e San Giovanni dei Fiorentini. A lui si deve il Museo capitolino, primo grande museo di antichità in Europa.
Furono i nipoti del papa, Lorenzo a Firenze, e il cardinal Neri a Roma, a costituire le collezioni di pittura della casata. Lorenzo raccolse i quadri fino ad allora dispersi nelle varie residenze familiari, e ne affidò la collocazione e il restauro al pittore Ignazio Hugford. A Roma, il cardinal Neri acquistò nel 1736 palazzo Riario alla Lungara e lo fece trasformare da Ferdinando Fuga, e decorare con affreschi dai maggiori esponenti della pittura. Fece sistemare una galleria per ospitare la collezione di dipinti che aveva cominciato a raccogliere con l’aiuto del suo segretario, monsignor Bottari. Il 1° marzo 1754 questa galleria venne aperta al pubblico, cosa, per l’epoca, eccezionale. La collezione romana, acquisita dallo Stato italiano nel 1883, è ora parte delle raccolte della Galleria Nazionale d’Arte Antica.

Ottavio Costa
Originario della Liguria, Ottavio arrivò a Roma in gioventù e intraprese l’attività di banchiere. Divenne presto uno dei più importanti banchieri romani e ottenne varie cariche durante il papato di Gregorio XIV. Si legò con importanti famiglie genovesi, come i Doria e i Malaspina. Nella villa di famiglia ad Albenga Costa formò un’importante collezione di pittura e scultura. Non si hanno notizie sicure sulle opere presenti nella collezione, fatta eccezione per quelle di Caravaggio. Sappiamo da una lettera che egli possedesse pitture di Guido Reni e del Cavalier d’Arpino. Da un suo testamento nel 1606 risulta che Ottavio donò all’abate Ruggero Tritonio un San Francesco del Caravaggio, e al suo socio in affari una Marta e Maddalena dello stesso artista. Al momento della sua morte Costa possedeva tre opere del Caravaggio: una Giuditta, un San Giovanni e un San Francesco.

François Coty
La collezione di questo celebre profumiere, dispersa in vendita pubblica il 28 e 29 novembre 1936 alla Galleria Charpentier, rappresenta bene quel tipo di collezione che si orienta su una determinata epoca, con pochi pezzi, ma di bella qualità. In questo caso il XVIII secolo francese e inglese. Si perché a volte i collezionisti più esigenti si concentrano su un determinato periodo storico o su un particolare artista o corrente. Oltre ai dipinti Coty collezionò un gran numero di mobili, oggetti d’arte e arazzi che facevano da “cornice” ai quadri. Anch’essi furono venduti nel 1936.

Samuel Courtauld
Appartenente a una ricca famiglia di fabbricanti di seta, discendente da ugonotti francesi, Samuel Courtauld dedicò gran parte della sua fortuna all’arte. Viveva “per gli occhi”, come usò dire in svariate occasioni. Stimolato dall’opera di Cézanne, che scoprì in un’esposizione del 1922, costituì una magnifica collezione d’impressionisti e di post-impressionisti francesi. Fu la prima del genere in Inghilterra, e rifletteva in pieno il gusto di Courtauld. La collezione conteneva, in particolare, il Bar alle Folies-Bergère di Manet, il Palco di Renoir, la Montagna Sainte-Victoire e i Giocatoti. Solo per fare qualche illustre esempio. Nel 1931 Courtauld la donò all’Istituto di storia dell’arte, da lui fondato quell’anno a Londra. Si era prefissato di far apprezzare il più possibile la pittura francese nel XIX secolo. Nel 1923 donò pure 50000 sterline alla Tate Gallery di Londra, per l’acquisto di vari capolavori.
C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui